Terra di mezzo
18.03.2024 - 08:28
 
ANALISI
  
Elezioni in Russia: la vittoria di Putin e tutte le altre certezze che cercavate
Roma, 18 mar 08:28 - (Agenzia Nova) - **Tutto come previsto, nei numeri e nelle modalità. La grande certezza delle elezioni presidenziali svoltesi da venerdì a domenica in Russia era la vittoria di Vladimir Putin con un nettissimo divario rispetto agli avversari. È così è stato: il presidente in carica ottiene l’87 per cento dei voti a scrutinio quasi ultimato staccando nettamente gli altri candidati. Altrettanto certo era il dissenso della comunità occidentale nei confronti del processo elettorale che lo stesso Putin ha commentato ieri sera nel suo discorso di vittoria. "Cosa volevate, che ci applaudissero? Stanno combattendo contro di noi in un conflitto armato", ha detto il leader russo la notte scorsa. "Il loro obiettivo è contenere il nostro sviluppo. Naturalmente sono pronti a dire qualsiasi cosa”, ha aggiunto Putin che, peraltro, per la prima volta da anni ha pronunciato il nome di Aleksej Navalnyj, il dissidente politico morto in una colonia penale lo scorso 16 febbraio. Putin ha sostenuto di aver accettato uno scambio di prigionieri che avrebbe garantito la liberazione del dissidente. Il leader russo ha detto che “alcuni colleghi” avevano proposto di scambiare Navalnyj diversi giorni prima che morisse “con alcune persone che sono in prigione in vari Paesi occidentali”. Putin detto di essere d’accordo con l’idea, a patto che il leader dell’opposizione non tornasse mai in Russia: “Ma, sfortunatamente, quello che è successo è successo. Succede. Cosa si può fare? Questa è la vita”. Un commento laconico ma anche significativo considerato che Putin ha spesso evitato di pronunciare il nome del suo avversario.

Un’altra cosa abbastanza prevedibile, in particolare dopo il bagno di folla che ha partecipato al funerale di Navalnyj avvenuto lo scorso primo marzo al cimitero Borisovo di Mosca, era la risposta di una fetta di popolazione alle proteste convocate proprio dal dissidente prima di morire. Il flashmob “Mezzogiorno contro Putin” ha riscosso successo nelle città di Mosca, San Pietroburgo, Novosibirsk, Ekaterinburg, Perm, Cheljabinsk e in altre località dove si sono formate lunghe code dinnanzi ai seggi elettorali, un fatto commentato dal Cremlino come frutto “dell’elevata affluenza alle urne”, in un evidente tentativo di sminuire l’entità delle proteste. Intanto, mentre il mondo si prepara a disconoscere l’esito delle urne, il Consiglio Affari esteri dell’Ue oggi emanerà nuove sanzioni, incentrate proprio sulla morte di Navalnyj, che prenderanno di mira il Servizio penitenziario russo e altre personalità della cerchia ristretta del presidente. Come riferisce l’edizione europea del portale web “Politico”, il messaggio che si vuole inviare da Bruxelles è chiaro: “Il rituale elettorale russo non è stata un’elezione libera o equa, con atti di censura diffusi, giornalisti perseguitati e candidati dell’opposizione esclusi, incarcerati o morti”, hanno detto fonti del portale.
  
Elezioni in Portogallo: la vittoria del centrodestra non “Basta!” a dissipare l'incertezza
Roma, 18 mar 08:28 - (Agenzia Nova) - Le elezioni di domenica 10 marzo in Portogallo hanno aperto uno scenario di incertezza politica con un unico elemento chiaro: il peso della destra nazionalista, rappresentata da Chega! (Basta!) nella nuova legislatura. Perché, sebbene a vincere sia stata l'Alleanza democratica (Ad), coalizione di centrodestra guidata dal Partito socialdemocratico di Luis Montenegro, con il 29,5 per cento dei consensi, la notizia di queste elezioni anticipate è stata la netta affermazione di Chega passato dall'8 al 18 per cento. Un risultato che consente ai sovranisti portoghesi di schierare una pattuglia di ben 48 parlamentari, una forza non trascurabile negli assetti della legislatura (il Parlamento di Lisbona è composto da 230 seggi). Il partito guidato da Andre Ventura ha conquistato gli elettori con un programma incentrato sull'inasprimento delle politiche migratorie e all'insegna di una retorica anti sistema. Il vero sconfitto della tornata elettorale è il Partito socialista di Pedro Nuno Santos. Orfani di Antonio Costa – dimessosi in seguito a un'inchiesta per uno scandalo di corruzione che ha dei contorni tutt'ora da chiarire –, i socialisti si sono fermati a meno di un punto percentuale di distanza dai socialdemocratici, attestandosi al 28,7 per cento.

Il margine ristretto fra i primi due partiti – affiancati dall'ascesa di Chega – aprono uno scenario d'incertezza. Da un lato c'è Montenegro, che con ogni probabilità otterrà l'incarico di formare il governo, ma senza una maggioranza in Parlamento. Il leader socialdemocratico in più di un'occasione, l'ultima subito dopo aver appreso l'esito del voto, ha chiarito che non scenderà a patti con Chega. Tuttavia, senza un'alleanza fra Psd e sovranisti sembra difficile poter garantire un minimo di stabilità al Paese lusitano. Frange dell'Alleanza democratica sembrano favorevoli a esplorare l'opportunità di un accordo con Chega, ma, d'altro canto, Ventura vuole far “pesare” i suoi 48 parlamentari e per sostenere un governo a guida socialdemocratica è pronto a chiedere ministeri di peso. Qualora il Psd non riesca a ottenere la fiducia, il presidente Marcelo Rebelo de Sousa dovrà nominare un primo ministro ad interim con l'unico obiettivo di indire nuovamente le elezioni tra sei mesi, come previsto dalla Costituzione portoghese.
  
Elezioni nei Paesi Bassi: l'unica certezza è che non v'è niente di certo
Roma, 18 mar 08:28 - (Agenzia Nova) - Dopo mesi di difficili colloqui il leader del Partito per la libertà (Pvv), Geert Wilders, ha deciso di fare un passo indietro e, nonostante la vittoria alle elezioni parlamentari dello scorso 22 novembre, non sarà il prossimo primo ministro dei Paesi Bassi. Espressione della destra radicale olandese, il Pvv – forte del 23 per cento ottenuto alle urne – ha tentato per settimane di portare avanti dei negoziati con altre tre forze politiche: il Partito popolare per la libertà e la democrazia (Vvd)del primo ministro uscente Mark Rutte; la formazione di centrodestra Nuovo contratto sociale (Nsc); e i populisti del Movimento Civico-Contadino (Bbb). Il risultato di questi negoziati, tuttavia, è stato la “messa in mora” di Wilders che, di fatto, è stato costretto a rinunciare all'incarico di primo ministro come condizione per raggiungere un'intesa. Wilders, in un messaggio pubblicato sul suo profilo X, ha spiegato che tale decisione è stata motivata dal desiderio di favorire la formazione di un governo di destra.

Al momento, tuttavia, l'ipotesi più probabile è quella di un cosiddetto “gabinetto extra parlamentare”, un esecutivo perlopiù composto da tecnici che avrebbe un rapporto più flessibile con la Tweede Kamer, la Camera dei rappresentanti olandese. Un governo di questo tipo, infatti, non poggerebbe le basi su un accordo fra i partiti, un vero e proprio “contratto” ben strutturato e dettagliato come da tradizione nella politica olandese. Certamente, le quattro forze politiche dovranno necessariamente trovare un'intesa su dossier come le finanze pubbliche, la politica estera e l'immigrazione, uno dei temi più caldi nella retorica di Wilders. E con il leader del Pvv, d'altronde, sarà assolutamente necessario trovare un'intesa se gli altri partiti intendono scongiurare lo scenario di un ritorno alle urne. Un recente sondaggio condotto dall'istituto Ipsos indica, infatti, che Wilders potrebbe il 31 per cento dei voti in caso di nuove elezioni – ben otto punti in più di quanto accaduto lo scorso novembre –, una crescita che si contrappone ai livelli pressoché invariati riscontrati per gli altri tre partiti coinvolti nei negoziati. E' chiaro, quindi, che riportare il Paese al voto potrebbe rafforzare proprio la posizione di Wilders e limiterebbe l'intento degli altri schieramenti, ovvero limitare l'avanzata dell'estrema destra.
 
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