Roma, 27 mar 2020 15:46 - (Agenzia Nova) - Il 65 per cento delle imprese che opera nel settore della ristorazione a Roma ha in essere contratti di locazione che non potranno essere onorati nel mese di aprile e rischia, quindi, di dover chiudere i battenti nei prossimi mesi. Nella Capitale almeno 6 esercenti, di bar e ristoranti, su 10 pagano l’affitto. I canoni mensili vanno dai 2 mila euro nelle periferie ai 10-15 mila euro del centro storico, con qualche eccezione di 20 mila euro. Con i guadagni azzerati, a causa del blocco delle attività, “la maggior parte degli esercenti sta privilegiando il pagamento degli stipendi ai dipendenti e pertanto non avrà la liquidità per sostenere anche il canone d’affitto”, spiega ad Agenzia Nova Luciano Sbraga, presidente di Fipe Confcommercio Roma. Il rischio da arginare è la risoluzione dei contratti d’affitto per morosità, che comporterebbe, nei prossimi 2-3 mesi, una serrata definitiva delle saracinesche. E “se questi bar o ristoranti chiudono, i locali resteranno abbandonati - sottolinea Sbraga -. Nessuno oggi, in questa situazione, aprirebbe una nuova attività”. La Fipe Confcommercio, sia romana che nazionale, ha quindi suggerito agli imprenditori di lavorare a un accordo con i locatori, consigliando - a seconda dei casi - sia la sospensione dell’affitto che la rinegoziazione dei canoni “dal momento che il blocco, a quanto sembra di intuire, non terminerà in tempi brevi e soprattutto, anche quando le attività riprenderanno, non sarà facile tornare velocemente alla normalità”. Inoltre “come Fipe - precisa Sbraga - riteniamo che il credito d’imposta dovrebbe essere al 100 per cento per il mese di marzo e non al 60 per cento (come previsto nel decreto Cura Italia, ndr), poiché i guadagni sono praticamente pari a zero” e che “oltre a un alleggerimento dell’imposizione fiscale” servano “soprattutto interventi normativi più incisivi, come la possibilità di restituire al locatario una quota dei vantaggi della cedolare secca”.
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