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“Wsj”: Biden minaccia uso arma atomica anche in risposta a potenziale escalation militare in Ucraina

Nel corso della campagna per le presidenziali del 2020, Biden aveva dichiarato che il solo proposito dell’arsenale nucleare Usa doveva essere quello di scoraggiare o di rispondere a un attacco atomico nemico

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Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha deciso di minacciare l’uso dell’arma atomica anche in risposta a una potenziale escalation militare convenzionale in Ucraina, un approccio che Washington ha a lungo adottato in politica estera ma dal quale il capo della Casa Bianca aveva preso le distanze in campagna elettorale. Lo scrive il “Wall Street Journal” citando fonti interne all’amministrazione. Nel corso della campagna per le presidenziali del 2020, Biden aveva dichiarato che il solo proposito dell’arsenale nucleare Usa doveva essere quello di scoraggiare o di rispondere a un attacco atomico nemico. La nuova posizione, assunta questa settimana su pressione degli alleati, prevede che “il ruolo fondamentale” dell’arsenale nucleare statunitense sia quello di dissuadere attacchi atomici. Si tratta, scrive il “Wsj”, di una formulazione attentamente studiata per lasciare aperta la possibilità che le armi nucleari vengano usate in “circostanze estreme” per scoraggiare anche attacchi nemici convenzionali, biologici, chimici, forse anche informatici.


La notizia è stata pubblicata mentre Biden è impegnato in una serie d’incontri con gli alleati europei tesi a mantenere unito il fronte occidentale contro l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, e dopo che il ricorso al nucleare è stato minacciato dal presidente russo Vladimir Putin. La decisione di Biden avviene nel quadro del processo di Revisione della postura nucleare, attraverso la quale l’amministrazione esamina strategie e programmi degli Stati Uniti in materia di armi atomiche. La revisione, che sarà sottoposta ad approvazione del Congresso, dovrebbe portare alla cancellazione di un programma per lo sviluppo di missili da crociera nucleari via nave e al ritiro della bomba termonucleare B83. Il documento dovrebbe anche promuovere un’approfondita modernizzazione dell’arsenale, che dovrebbe arrivare a costare oltre mille miliardi di dollari. Già durante la Guerra fredda gli Stati Uniti si riservavano il diritto di utilizzare le armi atomiche in risposta ad attacchi convenzionali.

Usa, Sullivan: “Prepariamo piani per possibili attacchi russi in territorio Nato”

Gli Stati Uniti stanno pianificando scenari su un eventuale attacco della Russia in territorio Nato. Lo ha detto ai giornalisti il consigliere alla Sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan, durante il volo dell’Air Force One verso Varsavia assieme al presidente Joe Biden. “Stiamo preparando piani contingenti per la possibilità che la Russia scelga di attaccare il territorio Nato in questo o in altri contesti. Il presidente è stato il più chiaro possibile sulla sua assoluta determinazione a rispondere con decisione, assieme agli altri membri dell’Alleanza”, ha affermato Sullivan. Il consigliere alla Sicurezza nazionale Usa ha anche sottolineato che Washington e i suoi alleati possono ancora decidere nuove misure per punire la Russia per l’invasione dell’Ucraina.

Laboratori biologici in Ucraina: Mosca accusa Hunter Biden

La Russia chiederà spiegazioni agli Stati Uniti in merito alla presunta partecipazione di Hunter Biden al lavoro dei laboratori biologici in Ucraina. Lo ha affermato il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, in un briefing. Hunter Biden è il figlio del presidente statunitense e già oggetto di critiche in passato per i suoi affari in Ucraina. “La Cina ha già chiesto queste spiegazioni, ha chiesto che questo programma e tutta la situazione siano resi trasparenti al mondo”, ha sottolineato Peskov, sostenendo che la questione è interessante per molti e non solo per Mosca. Il portavoce del Cremlino non ha poi risposto alla domanda se la Russia possa imporre sanzioni personali contro Hunter Biden, dopo che si è appreso che il fondo di investimento Rosemont Seneca Thornton, gestito da quest’ultimo, era coinvolto nel finanziamento di biolaboratori in Ucraina.

Ucraina: Nato e Ue respingono le richieste di Zelensky, niente armi offensive ed embargo commerciale contro la Russia

La Nato e l’Unione europea rispondono negativamente alle richieste del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, per aiutare il Paese a rispondere all’invasione russa. Nel corso dei due vertici che si sono tenuti ieri a Bruxelles, il capo dello Stato ucraino – collegato in videoconferenza da Kiev – ha ribadito le richieste più volte avanzate nelle ultime settimane: armi offensive e una no-fly zone all’Alleanza atlantica; una rapida procedura di adesione e la messa al bando totale delle attività commerciali con la Russia al Consiglio europeo. Sul fronte militare, tuttavia, la posizione della Nato è molto netta ed è stata espressa ampiamente dal presidente francese, Emmanuel Macron, che ha parlato chiaramente della necessità di porre fine al conflitto in Ucraina “senza fare la guerra” e non superare la linea rossa della “cobelligeranza”. Vaga anche la posizione della Nato sul fatto che la Russia potrebbe utilizzare armi nucleari, chimiche o biologiche, un timore ampiamente invocato da Zelensky. Il segretario generale Jens Stoltenberg – che ha ottenuto l’annunciata estensione di un anno del mandato – ha annunciato la fornitura all’Ucraina di equipaggiamenti di protezione contro armi di distruzione di massa, mentre emerge prudenza sul fatto che l’utilizzo di tali strumenti possa essere considerato una “linea rossa” dall’Alleanza atlantica. Il presidente statunitense, Joe Biden, ha fatto capire che la risposta sarà commisurata sulla base del potenziale utilizzo di questi armamenti da parte della Russia. Molto netto, infine, il messaggio inviato alla Cina sulle potenziali conseguenze che ne deriverebbero da un suo aperto sostegno all’invasione russa. Insomma, una vittoria della linea moderata della Nato che rafforzerà il fianco orientale schierando quattro nuovi gruppi tattici in Bulgaria, Romania, Ungheria e Slovacchia ma non intende, per il momento, farsi coinvolgere nel conflitto in Ucraina, né fornire alla Russia gli strumenti perché ciò possa accadere.

Analogo approccio quello dei 27 Paesi membri dell’Ue che hanno respinto la proposta di Zelensky di adottare un embargo commerciale, così come la totale interruzione dell’import di idrocarburi dalla Russia. L’Ue, peraltro, non è riuscita neanche a raggiungere un’intesa degna di nota su nuove potenziali sanzioni, confermando di fatto le intese raggiunte al vertice informale di Versailles di due settimane fa. I Paesi baltici e la Polonia premevano per un’intensificazione delle sanzioni: e ieri i primi ministri dei quattro Paesi hanno inviato una lettera agli altri leader Ue per concordare un divieto del trasporto di merci su strada da Russia e Bielorussia, oltre che impedire alle navi di entrare nei porti dei Paesi membri. La loro richiesta, tuttavia, è caduta nel vuoto. Altrettanto chiaro è stato il “no” dei 27 leader alla semplificazione della procedura di adesione dell’Ucraina all’Unione europea. Portavoce delle istanze di Kiev fra i Paesi membri è stata la Slovacchia che ha chiesto di inserire un passaggio ulteriore rispetto alla dichiarazione finale di Versailles in cui chiedeva espressamente di “accogliere positivamente la richiesta di adesione all’Ue dell’Ucraina in vista di concedere all’Ucraina lo status di Paese candidato”. Il Consiglio, tuttavia, ha bocciato l’emendamento di Bratislava e nella dichiarazione finale ci si limita a chiedere alla Commissione di esprimere un parere sulla richiesta di adesione dell’Ucraina sulla base dei trattati, un passo decisamente piccolo rispetto a un processo che generalmente dura diversi anni e dall’esito incerto.

Il dibattito sull’energia e il partenariato con gli Usa

Il Consiglio europeo discuterà del persistere di prezzi elevati dell’energia e del relativo impatto sui cittadini e sulle imprese, anche nel contesto dell’aggressione russa nei confronti dell’Ucraina. La Commissione europea fornirà una base per la discussione proponendo soluzioni volte a garantire prezzi dell’energia accessibili e la sicurezza dell’approvvigionamento. Su questo fronte ci si aspetta lo scontro diretto fra Paesi mediterranei, da un lato, Germania e Paesi Basso, dall’altro sul cosiddetto “disaccoppiamento” dei prezzi di energia e elettrica e gas. Il presidente del governo spagnolo, Pedro Sanchez, spingerà per ottenere una modifica al sistema e, in caso di risposta negativa dal resto dei Paesi membri, intende lottare con l’appoggio quantomeno del Portogallo per ottenere una sorta di “autonomia” rispetto a quella che ieri ha definito la “realtà energetica e geografica” della penisola iberica.

Nel corso della giornata, inoltre, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen annunceranno il nuovo “partenariato energetico” fra le due sponde dell’Atlantico di cui si è fatto un accenno nella bozza delle conclusioni del vertice. L’accordo prevede la fornitura di 15 miliardi di metri cubi di gas naturale liquefatto (Gnl) statunitense su cui, tuttavia, permangono dei dubbi. Alcune fonti diplomatiche di Bruxelles, infatti, sostengono che l’intesa raggiunta non dovrebbe avere degli effetti immediati sui prezzi dell’energia, dato che i terminal di Gnl nell’Ue e negli Stati Uniti funzionano già a pieno regime e anche le navi in grado di trasportare il gas liquefatto sono al completo. Di conseguenza, sarà difficile assistere a un aumento delle consegne a breve termine nonostante la volontà politica.

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