L’Unione europea presenterà entro marzo la proposta legislativa sui “passaporti verdi digitali”, che dimostreranno che una persona è stata vaccinata contro il Covid-19. Lo ha affermato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, scrivendo sul suo profilo Twitter. Secondo la presidente della Commissione Ue, i passaporti verdi digitali includeranno anche “i risultati dei test per coloro che non hanno ancora potuto vaccinarsi”. “I passaporti verdi digitali dovrebbero agevolare le vite dei cittadini europei”, ha affermato Von der Leyen spiegando che “lo scopo è quello di permettere loro di spostarsi in sicurezza nell’Unione europea ed all’estero, sia per lavoro che per turismo”. Anche il portavoce dell’Ue, Christian Wigand, ha confermato che la Commissione europea presenterà a marzo una proposta legislativa. “Quello che posso dire oggi è che se vogliamo il digital green passport”, il passaporto digitale sulle vaccinazioni, “pronto per l’estate, gli Stati membri devono attivarsi velocemente nella preparazione”, ha detto. “La Commissione è pronta a coordinare sugli standard. La Commissione sta lavorando su una proposta legislativa sul passaporto digitale” vaccinale “che è attesa per marzo”, ha sottolineato.
Secondo quanto affermato da Von der Leyen lo scorso venerdì, al termine del Consiglio europeo straordinario in video conferenza, sui passaporti vaccinali ci sarebbero ancora questioni in sospeso: per cosa possono servire e se si può trasmettere la malattia anche se si è vaccinati. “Ci sono ancora questioni politiche in sospeso. La prima: per cosa saranno utilizzati. E poi questioni scientifiche: non si sa se si può trasmettere la malattia pur vaccinati”, ha spiegato. Inoltre, von der Leyen ha sottolineato che servono “almeno tre mesi” per lo sviluppo tecnico di un sistema “interoperabile europeo” per i passaporti vaccinali. Von der Leyen ha ricordato che a fine gennaio i leader hanno trovato un accordo sull’uso di “dati minimi che potrebbero essere utili per dare informazioni sulla presunta immunità”. Ora gli Stati membri devono inserirli “nei loro sistemi nazionali”.
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