Il dipartimento della Giustizia degli Stati Uniti ha pubblicato l’atto di accusa relativo alla recente incriminazione di Donald Trump, nell’ambito delle indagini sui documenti classificati che il Federal Bureau of Investigation (Fbi) ha ritrovato la scorsa estate nella residenza privata dell’ex presidente a Mar-a-lago, in Florida. Stando al documento di 49 pagine diffuso dalle autorità federali, nei confronti di Trump e di Walt Nauta, ex consigliere che successivamente è stato assunto per lavorare nel resort in Florida, sono stati emessi in tutto 37 capi d’accusa per ritenzione volontaria di documenti classificati, falsa testimonianza e intralcio alla giustizia. Il consigliere speciale Jack Smith, nominato dal dipartimento della Giustizia per coordinare le indagini nei confronti dell’ex presidente, ha affermato in una breve dichiarazione alla stampa che “nel nostro Paese, la legge è uguale per tutti: il nostro rispetto nei confronti dello stato di diritto ha sempre rappresentato un esempio per tutto il mondo, e la violazione delle norme in materia di sicurezza nazionale rappresenta un rischio per la difesa degli Stati Uniti”.
Il documento fornisce anche dettagli aggiuntivi sulla natura e sul livello di classificazione dei documenti trovati e conservati illegalmente a Mar-a-lago, all’interno dei quali si fa riferimento al programma nucleare statunitense; alle potenziali vulnerabilità degli Usa e degli alleati internazionali contro eventuali attacchi militari; e ai piani preparati dal Pentagono per “possibili risposte” nell’eventualità di attacchi o aggressioni da parte di Paesi stranieri. L’atto di accusa fa anche riferimento ad una riunione avvenuta nel luglio del 2021 presso il golf club di Trump a Bedminster, in New Jersey, durante la quale l’ex presidente ha mostrato ad alcuni visitatori un documento relativo ad un possibile attacco contro l’Iran. Per quanto riguarda Trump, 31 capi d’accusa riguardano solo la ritenzione volontaria di documenti classificati, che rappresenta una violazione dell’Espionage Act, legge approvata nel 1917 che oggi viene applicata per contrastare attività di spionaggio. Nauta, invece, è stato incriminato nel quadro dei capi d’accusa relativi al reato di cospirazione per intralciare il processo giudiziario. L’ex consigliere, che durante la presidenza Trump ha anche lavorato alla Casa Bianca, è stato ripreso dalle telecamere di sicurezza mentre spostava scatole di documenti dalla villa, prima e dopo l’emissione di un mandato di comparizione in cui le autorità federali hanno chiesto a Trump di restituire tutti i materiali portati con sé al termine del suo mandato.
L’ex presidente dovrà comparire in tribunale a Miami martedì prossimo, il 13 giugno. L’udienza è stata affidata alla giudice Aileen Cannon, nominata dallo stesso Trump nel 2020. La magistrata, inoltre, ha inizialmente coordinato le prime fasi delle indagini, successive al ritrovamento dei documenti a Mar-a-lago. In quell’occasione, la Cannon ha bloccato temporaneamente l’accesso del dipartimento della Giustizia ai documenti sequestrati, nominando un perito speciale che avrebbe dovuto esaminare i materiali, determinando se su alcuni di essi sarebbe stato possibile applicare il principio del privilegio esecutivo. Una decisione che è stata successivamente sospesa a seguito di un ricorso in appello. Nell’atto di accusa si afferma anche che Trump ha chiesto ai propri avvocati di mentire alle autorità, chiedendo allo staff legale di smentire la presenza di documenti classificati all’interno della struttura. A dispetto di quanto affermato dagli avvocati durante le indagini, inoltre, le carte sarebbero state trovate in tutta la villa, e non sono all’interno di un magazzino: dal bagno alla camera da letto privata di Trump, fino ad arrivare ad una sala da ballo e ad un ufficio utilizzato dall’ex presidente.
Le indagini sui documenti portati via da Trump risalgono alle giornate immediatamente successive alla sua presidenza. Già dal 2021, gli Archivi nazionali hanno trascorso mesi a negoziare la restituzione di una serie di carte secretate portate via dall’ex presidente. Lo scorso anno, Trump e i suoi collaboratori hanno riconsegnato parte dei documenti, inclusi circa 200 documenti riservati. Il caso è giunto però a una svolta drammatica lo scorso agosto, dopo che l’Fbi ha prelevato un centinaio di documenti ancora in possesso di Trump. Sin dal principio, la perquisizione ha chiarito per diversi esperti l’intenzione del dipartimento di Giustizia di procedere all’incriminazione dell’ex presidente sulla base di una presunta violazione dell’Espionage Act, e forse per il reato di intralcio alla giustizia. Trump ha sempre proclamato la propria innocenza, affermando di non aver mai interrotto l’interlocuzione con gli Archivi nazionali in merito alla restituzione dei documenti, e di averli comunque personalmente declassificati prima della fine del suo mandato: quand’anche tale affermazione rispondesse al vero, c’è disaccordo tra i giuristi statunitensi se tale condotta rientri o meno nei limiti dei poteri attribuiti alla carica presidenziale.
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