La Congregazione per la dottrina delle fede risponde con un parere negativo in merito alla possibilità di impartire benedizioni alle coppie formate da individui dello stesso sesso. In una risposta ad un “dubium” sull’argomento, la Congregazione ha pubblicato una nota firmata dal prefetto cardinal Luis Ladaria Ferrer, nella quale si esplica che non è lecito che i sacerdoti benedicano le coppie omosessuali che chiedono una sorta di riconoscimento religioso della loro unione. La Congregazione precisa inoltre che papa Francesco, nel corso di un’Udienza concessa al segretario, arcivescovo Giacomo Morandi, “è stato informato e ha dato il suo assenso alla pubblicazione del suddetto Responsum ad dubium”.
“In alcuni ambiti ecclesiali si stanno diffondendo progetti e proposte di benedizioni per unioni di persone dello stesso sesso. Non di rado, tali progetti sono motivati da una sincera volontà di accoglienza e di accompagnamento delle persone omosessuali, alle quali si propongono cammini di crescita nella fede, ‘affinché coloro che manifestano la tendenza omosessuale possano avere gli aiuti necessari per comprendere e realizzare pienamente la volontà di Dio nella loro vita’”, si legge nella nota. “In tali cammini – prosegue la nota – l’ascolto della parola di Dio, la preghiera, la partecipazione alle azioni liturgiche ecclesiali e l’esercizio della carità possono ricoprire un ruolo importante al fine di sostenere l’impegno di leggere la propria storia e di aderire con libertà e responsabilità alla propria chiamata battesimale, perché ‘Dio ama ogni persona e così fa la Chiesa’, rifiutando ogni ingiusta discriminazione”.
Secondo la Congregazione per la dottrina della fede, tra le azioni liturgiche della Chiesa rivestono una singolare importanza i sacramentali, segni sacri per mezzo dei quali, con una certa imitazione dei sacramenti, sono significati e, per impetrazione della Chiesa, vengono ottenuti effetti soprattutto spirituali. Al genere dei sacramentali appartengono le benedizioni, con le quali la Chiesa “chiama gli uomini a lodare Dio, li invita a chiedere la sua protezione, li esorta a meritare, con la santità della vita, la sua misericordia”. Come osserva la nota, le “benedizioni”, inoltre, “istituite in certo qual modo a imitazione dei sacramenti, si riportano sempre e principalmente a effetti spirituali, che ottengono per impetrazione della Chiesa”. Di conseguenza, prosegue la nota della Congregazione “per essere coerenti con la natura dei sacramentali, quando si invoca una benedizione su alcune relazioni umane occorre – oltre alla retta intenzione di coloro che ne partecipano – che ciò che viene benedetto sia oggettivamente e positivamente ordinato a ricevere e ad esprimere la grazia, in funzione dei disegni di Dio iscritti nella Creazione e pienamente rivelati da Cristo Signore”. Alla luce di ciò, “sono quindi compatibili con l’essenza della benedizione impartita dalla Chiesa solo quelle realtà che sono di per sé ordinate a servire quei disegni”. Per tale motivo, prosegue la Congregazione per la dottrina della fede “non è lecito impartire una benedizione a relazioni, o a partenariati anche stabili, che implicano una prassi sessuale fuori dal matrimonio (vale a dire, fuori dell’unione indissolubile di un uomo e una donna aperta di per sé alla trasmissione della vita), come è il caso delle unioni fra persone dello stesso sesso”. La presenza in tali relazioni di elementi positivi, che in sé sono pur da apprezzare e valorizzare, “non è comunque in grado di coonestarle e renderle quindi legittimamente oggetto di una benedizione ecclesiale, poiché tali elementi si trovano al servizio di una unione non ordinata al disegno del Creatore”, sottolinea la nota.
Per la Congregazione, considerato che le benedizioni sulle persone sono in relazione con i sacramenti, “la benedizione delle unioni omosessuali non può essere considerata lecita, in quanto costituirebbe in certo qual modo una imitazione o un rimando di analogia con la benedizione nuziale, invocata sull’uomo e la donna che si uniscono nel sacramento del Matrimonio”. Tuttavia, nella nota la Congregazione precisa che “la dichiarazione di illiceità delle benedizioni di unioni tra persone dello stesso sesso non è quindi, e non intende essere, un’ingiusta discriminazione, quanto invece richiamare la verità del rito liturgico e di quanto corrisponde profondamente all’essenza dei sacramentali, così come la Chiesa li intende”. La risposta al “dubium” proposto non esclude tuttavia che “vengano impartite benedizioni a singole persone con inclinazione omosessuale, le quali manifestino la volontà di vivere in fedeltà ai disegni rivelati di Dio così come proposti dall’insegnamento ecclesiale, ma dichiara illecita ogni forma di benedizione che tenda a riconoscere le loro unioni”.
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