Tra i documenti sequestrati il mese scorso dal Federal Bureau of Investigation (Fbi) nella residenza dell’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, a Mar-a-Lago, in Florida, ce ne sarebbe uno che descrive “le capacità di difesa militare di un Paese straniero, incluso il suo arsenale nucleare”. Fonti anonime informate dei fatti hanno riferito al “Washington Post” che le “operazioni” descritte in alcuni dei documenti portati via dalla villa avrebbero “un grado di riservatezza tale da essere sconosciute a numerosi funzionari della sicurezza nazionale”. Gli unici ad avere accesso a tali informazioni, secondo le fonti, sarebbero il presidente, il suo gabinetto e i gradi più elevati dell’amministrazione. Secondo il “Washington Post”, solo “poche dozzine di persone” sono a conoscenza di documenti del genere, che normalmente vengono custoditi sottochiave in apposite strutture governative. Le fonti non hanno specificato quale sarebbe il governo straniero le cui capacità nucleari sarebbero descritte all’interno di uno dei documenti, senza fornire ulteriori dettagli.
Pochi giorni fa, la giudice federale Aileen Cannon ha accolto una richiesta avanzata dai legali di Donald Trump, per affidare ad un perito speciale la revisione e la valutazione della natura dei documenti sequestrati. La sentenza ha disposto la nomina di un perito indipendente “per esaminare i materiali sottoposti a sequestro e ricercare oggetti e documenti di natura personale che potrebbero essere soggetti al privilegio esecutivo o alla segretezza che caratterizza i rapporti tra avvocato e cliente”. La decisione, inoltre, impedirà al governo statunitense di rivedere e utilizzare i materiali sequestrati nel quadro di indagini giudiziarie prima che la revisione sia conclusa. Trump ha intentato una causa legale contro l’Fbi il 22 agosto, in risposta al raid effettuato dall’agenzia a Mar-a-Lago. Nell’esposto presentato alla corte del Distretto meridionale della Florida, i legali dell’ex presidente Usa affermano che la perquisizione e il sequestro di documenti sono stati effettuati sulla base di un “mandato eccessivo”.
I rappresentanti di Trump hanno anche chiesto la nomina di un ufficiale giudiziario terzo che valuti i contenuti del mandato emesso dal dipartimento della Giustizia e dei presunti documenti secretati sequestrati dagli agenti. “Il presidente Trump vuole che il procuratore generale sappia che ha ricevuto sdegno da tutto il Paese dopo il raid: se c’è una parola per definire il sentimento diffuso, è ‘rabbia’, e vorremmo ci fosse comunicata qualunque cosa possiamo fare per abbassare il calore, per contenere la pressione”, afferma la documentazione presentata dalla squadra legale di Trump, che chiede anche la restituzione di ogni oggetto o articolo personale sequestrato dall’Fbi al di fuori del perimetro del mandato. “Il presidente Trump, come tutti i cittadini, è tutelato dal Quarto emendamento della Costituzione degli Stati Uniti. Le proprietà sequestrate in violazione dei suoi diritti costituzionali devono essere restituite immediatamente”, afferma l’esposto.
Nei giorni scorsi il dipartimento di Giustizia ha comunicato a Trump e ai suoi legali di voler sottoporre la documentazione sequestrata all’ex presidente a un cosiddetto “filter team”, composto di funzionari alle dipendenze del procuratore capo incaricato del caso. I legali di Trump affermano invece che i documenti sequestrati godano della “presunzione di riservatezza” in quanto materiale presidenziale, e per tale ragione debbano essere esaminati da una figura terza. Il dipartimento di Giustizia Usa ha pubblicato solo in parte l’affidavit con cui ha autorizzato il raid del mese scorso, da cui emerge che Trump è sospettato di essersi appropriato di documenti presidenziali secretati al termine del suo mandato quadriennale alla Casa Bianca. La natura di tali documenti è incerta, così come la reale entità dell’eventuale illecito commesso dall’ex presidente, che secondo alcuni esperti potrebbe rischiare l’ineleggibilità in vista delle prossime elezioni presidenziali. Trump e i suoi ex collaboratori sostengono invece che l’illecito contestato a Trump non sussista e non sia perseguibile, in quanto lo stesso Trump avrebbe dissecretato i documenti in questione ricorrendo ai suoi poteri presidenziali prima della conclusione del suo mandato alla Casa Bianca.
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