Il dipartimento della Giustizia e gli avvocati dell’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, non sono riusciti a trovare un accordo su chi dovrà effettuare la perizia indipendente sui documenti sequestrati dal Federal Bureau of Investigation (Fbi) il mese scorso, in occasione della perquisizione alla villa di Trump a Mar-a-Lago, in Florida. Stando ad alcuni documenti giudiziari depositati nella tarda serata di venerdì, le due parti hanno espresso opinioni differenti in merito ai compiti che dovrà svolgere il perito speciale, presentando due liste diverse di candidati. Il dipartimento della Giustizia ha proposto Barbara Jones, ex giudice del tribunale del distretto meridionale di New York che ha svolto compiti analoghi anche in casi simili, tra cui una causa contro l’ex sindaco di New York, Rudy Giuliani, nel 2021; e Thomas Griffith, ex giudice del distretto di Columbia, nominato da George W. Bush. I legali di Trump hanno invece proposto Raymond Dearie, ex giudice del distretto orientale di New York, nominato da Ronald Reagan; e Paul Huck, ex vice procuratore generale dello Stato della Florida. La moglie di Huch, Barbara Lagoa, è stata nominata proprio da Trump all’incarico di giudice della Corte d’appello dell’undicesimo circuito di Atlanta, in Georgia.
La decisione finale sulla personalità che sarà chiamata a svolgere la perizia sarà presa dalla giudice Aileen Cannon, che nei giorni scorsi ha disposto la nomina di un perito speciale per esaminare i documenti sequestrati dall’Fbi a Mar-a-Lago. La perizia, tesa a verificare la natura dei documenti e ricercare materiali “di natura personale, che potrebbero essere soggetti al privilegio esecutivo o alla segretezza che caratterizza i rapporti tra avvocato e cliente”, impedirà al dipartimento della Giustizia di continuare ad esaminare i materiali nel quadro delle indagini sui documenti classificati che Trump avrebbe portato via dalla Casa Bianca al termine del suo mandato da presidente. Alla giudice Cannon spetterà anche stabilire i parametri entro i quali dovrà svolgersi la perizia. Negli atti depositati, il dipartimento della Giustizia ha proposto di fissare il 17 ottobre come termine ultimo per il completamento della perizia, mentre i legali di Trump hanno chiesto un periodo di 90 giorni dall’inizio delle verifiche.
Soprattutto, le due parti hanno espresso opinioni discordanti su quelli che dovranno essere nello specifico i compiti dell’esperto che effettuerà la perizia. Gli avvocati di Trump hanno chiesto che al perito venga garantito accesso a tutti i documenti sequestrati dall’Fbi (anche quelli classificati), oltre al potere di rimuovere tutti i materiali potenzialmente soggetti al privilegio esecutivo o alla segretezza del rapporto tra avvocato e cliente. Di contro, il dipartimento della Giustizia ha sottolineato che al perito dovrebbe essere concesso di esaminare solo i documenti non classificati. Inoltre, per il governo federale l’esperto non deve poter decidere arbitrariamente sulla possibilità di applicare o meno il privilegio esecutivo ai materiali che esaminerà. Inoltre, lo staff di Trump ha chiesto di impedire la partecipazione dei funzionari degli Archivi nazionali al processo di revisione: una condizione che il governo ha definito essenziale. Il dipartimento della Giustizia ha fatto anche ricorso in appello contro la perizia, nel tentativo di proseguire le indagini su Trump e sbloccare “un centinaio” di documenti classificati che altrimenti non potrebbe esaminare, almeno finché la perizia non sarà conclusa.
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