Urso: “Il governo non vuole statalizzare l’ex Ilva”

"Vogliamo confrontarci con le parti pubbliche e private per una soluzione di ricapitalizzazione dell’impresa che abbia sempre la partecipazione privata più significativa”

Il governo “non vuole la statalizzazione dell’ex Ilva, è in corso il confronto con l’azionista privato”. È quanto ha dichiarato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, in audizione di fronte alle commissioni riunite Attività produttive di Camera e Senato sulle linee programmatiche del suo dicastero e sulla politica spaziale e aerospaziale del governo. “Ad oggi il nuovo patto per l’Ilva prevede che lo Stato, che detiene il 38 per cento del capitale, salga al 60 per cento entro il maggio del 2024. In pratica c’è già stata la statalizzazione dell’Ilva”, ha sottolineato Urso, che ha aggiunto: “Il nostro obiettivo non è giungere alla statalizzazione che sembrava invece l’obiettivo della maggioranza precedente; vogliamo confrontarci con le parti pubbliche e private per una soluzione di ricapitalizzazione dell’impresa che abbia sempre la partecipazione privata più significativa”.

Il ministro ha anche ricordato come sia “incombente” l’emergenza energia: “Per la manifattura il caro bollette da 43 a 70 miliardi con un’incidenza dei costi energetici del 26 per cento, ossia 15 per cento in più rispetto al periodo pre-pandemia”. Per questo, due terzi delle risorse della manovra va per interventi per contrastare il caro energia. “In questa situazione – ha evidenziato Urso – scontiamo anche i ritardi dell’Ue sulla proposta del price cap europeo anche quando l’Italia con il precedente governo l’aveva giustamente chiesta. Non dobbiamo perdere altro tempo prezioso”.

Urso ha fatto presente che gli Stati Uniti hanno messo in campo in pochi mesi tre vantaggi competitivi per le loro imprese che hanno un impatto anche sulle imprese europee. “Il primo è l’energia. Il prezzo del gas per le loro aziende costa 20 dollari, mentre a noi viene venduto ad un prezzo sette volte più alto, 140 dollari. Il secondo vantaggio competitivo è una massa monetaria senza precedenti di 369 miliardi dollari per l’emergenza climatica. Il terzo vantaggio è che tutti gli incentivi favoriscono le produzioni sul suolo statunitense. Questa massa monetaria – ha specificato – realizza un vantaggio competitivo per le aziende Usa con cui le imprese europee non possono competere”. L’unica via, secondo il ministro, per mantenere l’Ue come pilastro dell’Occidente accanto agli Usa è una “politica industriale europea che completi le filiere industriali – come ad esempio quella dei chip – e sostenga l’approvvigionamento delle materie prime”. Urso ha ricordato come in questo senso vada la proposta della presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, che ha richiamato l’esigenza di un fondo di investimento per i settori tecnologici strategici, nonostante i dubbi dei tedeschi e le aperture dei francesi. “Noi abbiamo le idee chiare sulla strada da seguire – ha spiegato il ministro – ed è quello che abbiamo fatto quando abbiamo stretto un importante accordo con il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire, in occasione del vertice dell’Agenzia Spaziale Europea di Parigi”.

“Dobbiamo replicare al livello di governo un confronto trilaterale che già avviene tra le nostre imprese che rappresentano il 55 per cento del Pil europeo e sono la terza forza manifatturiera mondiale dopo Usa e Cina. Siamo – ha proseguito – in condizione di sviluppare una politica industriale europea e ne parlerò con il commissario europeo Breton, con il quale condivido l’esigenza di un’autonomia strategica europea. Allo stesso tempo ne parlerò nelle mie prime missioni che non a caso si svolgeranno a Parigi e a Berlino”. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy ha poi rimarcato che il Made in Italy rappresenta “molto di più di un’etichettatura per identificare un prodotto realizzato in Italia: secondo le indagini internazionali sui marchi, made in Italy è il marchio globale della qualità riconosciuto da tutti i consumatori del mondo”. Riguardo alla vicenda della Isab di Priolo, Urso ha sottolineato che lo Stato non espropria nulla, interviene nel caso sia necessario, con un’amministrazione temporanea di un anno lasciando alla proprietà la possibilità di cedere l’impresa se lo ritiene. “Nel caso in cui l’interesse nazionale lo richieda, lo Stato interviene utilizzando i poteri aurei del Golden power non disinteressandosi dei destini dell’impresa”, ha specificato il ministro parlando di “norma generale”. Per Urso è la logica conseguenza della necessità di avere oggi uno Stato stratega.

“Noi crediamo nello Stato, soprattutto in questa fase di deglobalizzazione a strappi – ha chiosato – crediamo nello Stato stratega. Siamo infatti in un’epoca di imperi continentali, alcuni minacciosi che in Europa utilizzano le armi e le armi dell’energia, altri che sono una sfida sistemica come quella cinese e anche indiana. È un’epoca diversa che richiede non uno stato dirigista, non ideologico, né mercatista, ma stratega che indica le regole e che in caso utilizzi le regole del golden power”. Sulla Lukoil di Priolo “non potevamo stare a guardare, perché non è sufficiente che lo Stato metta il semaforo rosso, deve anche spiegare come quell’impresa possa continuare a sviluppare un progetto – per esempio – quando non può ottenere il capitale finanziario di un soggetto straniero che è stato considerato ostile”. “Con il provvedimento – ha aggiunto il ministro – sono state create le procedure preferenziali per l’intervento di Cdp, per quanto riguarda il patrimonio destinato, e per gli strumenti di Invitalia e del mio stesso ministero in modo che l’impresa possa sviluppare il progetto perché rientra nell’interesse nazionale e consentendogli di avere le risorse necessarie”.

Urso ha infine evidenziato la capacità del governo di muoversi come una squadra coesa facendo l’esempio “della prolifica e continua azione con il ministro Giorgetti sul dossier Ita – Alitalia. Un dossier che ho già affrontato nel 1995 con il progetto di fusione con Klm che era il progetto giusto”. Urso si è quindi soffermato sull’importanza del Comitato interministeriale per la transizione ecologica co-presieduto insieme al ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin e al gioco di squadra con il ministro della Difesa Crosetto sull’industria aerospaziale che ha portato ai buoni risultati della ministeriale Esa di Parigi. Sul Pnrr, Urso ha detto che non ha mai pensato di ridiscuterlo. Anzi, ha specificato il ministro, è importante l’interlocuzione preventiva con la Commissione europea che sta svolgendo il ministro Fitto anche per il rifinanziamento del piano di transazione dell’Industria 4.0 per consentire di utilizzare le risorse Pnrr anche dopo la scadenza del 31 dicembre di quest’anno. “Il credito d’imposta utilizzato è molto apprezzato dalle imprese e vogliamo intensificarne l’utilizzo. Per i progetti del mio dicastero ci sono dieci investimenti e una riforma: le risorse assegnate ammontano a 18 miliardi e 161 milioni di euro che salgono a 25 miliardi e 41 milioni di euro”, ha concluso.