Il percorso dell’area euro in direzione dell’unione fiscale “richiederà nuove regole e una sovranità maggiormente condivisa”. Lo ha affermato l’ex presidente della Bce Mario Draghi al settimanale “The Economist”. “Può un’unione monetaria sopravvivere senza un’unione fiscale? Questa domanda ha tormentato l’eurozona fin dalla sua creazione”, ha avvertito l’ex premier, aggiungendo che “le prospettive per un’unione fiscale nell’eurozona stanno migliorando perché la natura dell’integrazione fiscale necessaria sta cambiando”. Storicamente un’unione fiscale è stata vista come un modo per trasferire da regioni prospere risorse a quelle depresse e “in Europa l’opposizione pubblica al sostegno dei paesi più forti a quelli più deboli resta accanita”. Tuttavia, “questo tipo di politica di ‘stabilizzazione’ federale è diventato meno rilevante”. Da un lato perché “la Bce ha sviluppato strumenti per contenere la divergenza immotivata tra i costi di indebitamento dei paesi più forti e più deboli e ha mostrato di avere la volontà di usarli”. Dall’altro – ha proseguito Draghi – l’Europa non sta più principalmente affrontando crisi causate da politiche sbagliate in particolari paesi. Invece, “deve confrontarsi con shock comuni e importati, come la pandemia, la crisi energetica e la guerra in Ucraina”. Questo determina una minore opposizione ad azioni fiscali comuni.
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