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Ucraina, Sereni: “Astensione Paesi africani dal voto Onu è una sfida per il modello democratico”

Lo ha affermato ad "Agenzia Nova" la viceministra degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale

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I 35 Paesi – tra cui 17 africani – che si sono astenuti dal votare la risoluzione Onu di condanna dell’invasione russa rappresentano “una sfida” per l’Europa e per i Paesi democratici, e costituiscono un “terreno di competizione” tra noi, da una parte, e la Russia e la Cina dall’altra, su come si debba dialogare con i Paesi africani. Lo ha dichiarato la viceministra degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, Marina Sereni, in un’intervista concessa ad “Agenzia Nova” al termine della sua missione di tre giorni in Etiopia, la sua prima visita in Africa e la prima dall’inizio della pandemia di Covid-19 di una rappresentante delle autorità italiane nel Paese. “Di questi 35 voti alcuni sono più assimilabili alla posizione russa, ma ci sono anche altri voti di astensione che sono più assimilabili alla posizione europea. Dobbiamo analizzare quei 35 voti che sono una sfida, sono un po’ un terreno di competizione tra noi e la Russia, e tra noi e la Cina, su come si dialoghi e come si collabori con i Paesi africani. Io non penso che ci sia una supremazia del modello della Cina e Russia in Africa, ma anche che la loro presenza lì sia una sfida per noi Paesi democratici e che ci debba incoraggiare e stimolare a fare di più e meglio”, ha detto. “Penso che quel voto dica una cosa fondamentale, vale a dire che solo cinque Paesi hanno votato con la Russia, quindi il voto di fatto isola la Russia e condanna l’invasione dell’Ucraina, perché non considero l’astensione un voto a favore di Mosca. Detto ciò, bisogna ovviamente analizzare le astensioni e la mancate partecipazione al voto di alcuni Paesi poiché lì c’è parte del nostro lavoro diplomatico da fare: a fronte di una larga condivisione che non si possa impunemente aggredire un altro Stato, ci sono anche dei Paesi che vorrebbero vedere un ruolo dell’Europa e dei Paesi democratici più orientato all’accoglienza e alla solidarietà”, ha aggiunto Sereni.

Etiopia: “Italia porta di accesso privilegiata dell’Ue”

L’Etiopia “non ha interesse ad avere relazioni solo con alcune potenze”, in primis la Cina, ma intende mantenere relazioni positive con l’Unione europea, e considera per questo l’Italia “la porta di accesso privilegiata” dell’Ue, ha dichiarato la viceministra degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, Marina Sereni. “L’Etiopia è un Paese molto importante per l’intera regione del Corno d’Africa, la cui stabilità e pace è essenziale in un’area già percorsa e attraversata da altre tensioni, per questo l’Italia vi è impegnata fino in fondo senza caricare la croce solo da una parte o sull’altra: questo ci ha dato credito nei confronti del governo etiope”, ha affermato Sereni, sottolineando la posizione “bilanciata e molto equilibrata” che l’Italia ha sempre avuto fin dall’inizio del conflitto nel Tigrè, posizione che ha consentito al governo italiano di dialogare con l’Etiopia anche nei momenti più critici.

L’interesse etiope a mantenere un rapporto solido con l’Europa, secondo la viceministra, è confermato dalla partecipazione del primo ministro Abiy Ahmed al recente vertice Ue-Ua di Bruxelles, a margine del quale la commissaria europea per lo Sviluppo, Jutta Urpilainen, ha organizzato un incontro sull’Iniziativa Ue sul Corno d’Africa al quale ha preso parte la stessa Sereni. “Ciò testimonia un’evidente voglia del governo etiope di avere relazioni che non siano schiacciate sulla presenza della Cina, che certamente è presente nel Paese ma che non può e non deve essere l’unica”, ha aggiunto. L’Ucraina è in questo momento al centro dell’attenzione mondiale, tuttavia non possiamo dimenticarci che in Etiopia è in corso da quasi un anno e mezzo un sanguinoso conflitto che ha causato numerose vittime civili. Gli ultimi sviluppi del conflitto, tuttavia, sembrerebbero far intravedere uno spiraglio in vista di un possibile avvio di colloqui di pace che portino ad un effettivo cessate il fuoco. “Qualche importante segnale c’è stato. Il governo etiope ha scelto di non avanzare militarmente nel Tigrè dopo aver respinto l’offensiva del Tplf (Fronte di liberazione del popolo del Tigrè) verso Addis Abeba: si tratta di un’iniziativa politica che noi abbiamo apprezzato. Questo non significa che ci sia stato un cessate il fuoco totale, sappiamo che ci sono ancora degli scontri nelle regioni di Afar e Amhara e noi chiediamo la cessazione totale delle ostilità”, ha osservato Sereni.

Spiragli di pace nei colloqui

Un altro elemento rilevante che lascia ben sperare è che il governo di Addis Abeba ha scelto di avviare un dialogo di riconciliazione nazionale formando una commissione a cui partecipano attori diversi della comunità etiope. “Questo dialogo deve essere pienamente inclusivo, sappiamo che non tutte componenti sono presenti e noi abbiamo ribadito che, perché sia efficace, il dialogo deve essere pienamente inclusivo”, ha chiarito la viceministra. “Altra questione positiva è che il governo ha deciso la fine dello stato di emergenza e sono stati liberati alcuni prigionieri politici; è stata inoltre costituita una task force ministeriale per indagare sulle atrocità commesse durante la guerra da tutte le parti e che hanno colpito particolarmente donne e bambini”. Alla luce di ciò, “il messaggio che abbiamo ricavato è che il conflitto è in una situazione decrescente, non c’è ancora un cessate il fuoco ma una diminuzione degli scontri e sono ripresi i voli umanitari della Croce Rossa e delle Nazioni Unite. Noi abbiamo contribuito con risorse di emergenza della Cooperazione italiana ai voli umanitari però non è stato ancora possibile effettuate trasporti umanitari via terra, per questo abbiamo insistito con le autorità etiopi per vedere se e quando possibile aprire corridoi umanitari. Il dialogo è stato proficuo, sono stati registrati passi avanti ma non possiamo dire che si ancora tutto risolto, quindi occorre continuare a cercare canali di dialogo – se possibile formali, informali se non è possibile – per far fermare davvero il conflitto e far arrivare gli aiuti”, ha proseguito Sereni.

Nel corso della tre giorni in Etiopia, Sereni ha avuto una serie di colloqui con le massime autorità etiopi, tra cui la presidente della Repubblica, Sahle Work Zewde, nonché con i rappresentanti dell’Unione africana, ai quali è stato ribadito il forte interesse per un Paese considerato prioritario per la Cooperazione italiana. “Abbiamo scelto l’Etiopia per diverse ragioni: possiamo vantare una lunga storia di relazioni politiche, culturali, economiche e di cooperazione con il Paese, e negli ultimi anni abbiamo mantenuto una postura equilibrata e bilanciata, scegliendo ad esempio di non evacuare le nostre Ong. In Etiopia abbiamo un Sistema Paese molto radicato e nel corso della mia visita ho potuto riscontrare che questa presenza è apprezzata”, ha osservato la viceministra, che nel corso della missione ha anche firmato con il ministro delle Finanze, Ahmed Shide, un accordo che serve a sbloccare i progetti di cooperazione sospesi durante la fase più acuta del conflitto. “L’Etiopia è il Paese africano che riceve più risorse dall’Italia, e attualmente sono in corso più di 60 progetti di sviluppo in vari settori: agricoltura, sanità, educazione e formazione professionale. Ho avuto modo di vedere alcune realtà molto importanti portate avanti dall’Aics (Agenzia italiana per la Cooperazione allo sviluppo), ho visitato dei centri fantastici e ho visitato i cluster per la lavorazione della pelle dove lavorano soprattutto donne molto giovani e creative. Ho visitato anche due centri dei Salesiani dove si fa formazione professionale, tra cui una stamperia finanziata dal 2017 con le risorse Aics e che oggi è pienamente autosufficiente, lavorando per tutte le diocesi e parrocchie cattoliche del Paese. C’è una base solida per fare anche altri progetti, e stiamo discutendo il programma per il 2022 che sarà focalizzato sui settori legati all’emergenza (sanità, Wash) e sull’agribusiness”, ha concluso Sereni.

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