La Tunisia è ancora considerata in Occidente all’avanguardia tra i paesi arabi in termini di diritti delle donne, ciononostante – all’8 marzo 2021 – l’uguaglianza con gli uomini nel Paese culla della primavera araba è ancora lontana. L’adozione nel 1956 del Codice sullo status personale garantì alle donne un valore importante nella società tunisina, nell’intento di stabilire la parità di genere in diverse aree. Le donne in Tunisia sono ampiamente coinvolte nello sviluppo del Paese e rappresentano, peraltro, un importante bacino elettorale: l’ex presidente Beji Caid Essebsi, campione del fronte laico nazionale, venne eletto nel 2014 grazie soprattutto al voto femminile. Una donna, l’avvocato e politico Abir Moussi, guida il partito attualmente in testa nei sondaggi elettorali, il Partito dei costituzionalisti liberi (Pdl, formazione politica che si ispira al passato regime di Ben Ali). Le donne, in altre parole, hanno svolto e continuano svolgere un ruolo centrale nella fase di transizione post-rivoluzione del 2011. In occasione della Giornata internazionale della donna dell’8 marzo, “Agenzia Nova” ha parlato con diverse attiviste tunisine per fare il punto della situazione dei diritti delle donne.
Bochra Belhaj Hmida, avvocato, politica e attivista femminista, ha detto ad “Agenzia Nova” che non si può negare tutto ciò che le donne tunisine hanno realizzato dal 1956 (la data dell’indipendenza della Tunisia e dell’adozione del Codice dello status personale) fino ad oggi. “Ci sono riforme che sono state intraprese negli ultimi 65 anni a beneficio delle donne tunisine, ma non si può negare che la distinzione tra uomini e donne esiste ancora oggi”, aggiunge Belhaj Hmida, eletta “politica dell’anno” dai giornalisti tunisini nel 2018. Dal punto di vista economico, l’attivista tunisina afferma che “il livello di partecipazione economica delle donne in Tunisia è sproporzionato rispetto a ciò che hanno raggiunto le donne tunisine. La 147esima posizione in classifica è un indicatore negativo e solleva molte preoccupazioni che lo Stato è obbligato ad affrontare alla radice”. Belhaj Hmida ha poi aggiunto: “Oggi stiamo parlando dei diritti delle donne, della legge 56, della legge contro la violenza di genere e di altre leggi che sostengono le donne, ma la verità è che la legge non viene applicata”.
In effetti, la legge 56 cita quanto segue: “Questa legge mira a mettere in atto misure atte a eliminare tutte le forme di violenza contro le donne basate sulla discriminazione tra i sessi al fine di garantire l’uguaglianza e il rispetto della dignità umana, adottando un approccio globale basato sulla lotta contro le varie forme di violenza contro le donne, attraverso la prevenzione, il perseguimento e la repressione degli autori di tali violenze, e la protezione e la cura delle vittime. Questa legge copre tutte le forme di discriminazione e violenza subite dalle donne”. Al riguardo, Belhaj Hmida ha sottolineato che questi principi per certi versi pioneristici per l’epoca in cui sono stati redatti, spesso non si applicano ai vertici dei poteri decisionali. “La mancanza di rappresentanza delle donne nel recente rimpasto di governo ha rivelato che in assenza di leggi che impongano la parità: c’è senza dubbio una mancanza di partecipazione delle donne al potere decisionale”, ha detto Belhaj Hmida, concludendo al riguardo che “c’è ancora molta strada da fare per le donne tunisine”.
La segretaria generale dell’associazione “Tounissiet” (tunisine), Mouna Bhar, ha dichiarato ad “Agenzia Nova” che “le donne tunisine sono delle combattenti in tutti i campi e a tutti i livelli, nonostante tutte le difficoltà e le sfide che incontrano”. Nell’agricoltura, comparto fondamentale per l’economia del Paese rivierasco (basti pensare del resto all’olio d’oliva tunisino, prodotto di punta dell’export tunisino), “le donne si assumono gran parte delle responsabilità, ma la maggior parte dei loro diritti sono negati: i salari sono molto inferiori a quelli degli uomini, nonostante spesso svolgano le stesse mansioni”, ha detto Bhar. “Ci sono molte artigiane che lavorano, soprattutto nelle regioni interne, in mestieri molto difficili, ma l’Ufficio nazionale dell’industria tradizionale non promuove i loro prodotti, soprattutto dopo più di un anno di pandemia che ha profondamente colpito il settore delle industrie in generale e la stagione turistica”, aggiunge Bhar. Sul fronte dei diritti umani, la segretaria generale di Tounissiet ritiene che “le donne tunisine hanno un arsenale di leggi che garantiscono i loro diritti, ma ancora non vediamo i risultati di queste leggi sul campo”.
La legge contro la violenza sulle donne ratificata nel 2017, ha aggiunto Bhar, “ha ancora ostacoli nel codice penale e quanto è scritto nella legge non viene attuato”. La Tunisia, ha sottolineato la segretaria generale dell’associazione “Tounissiet”, ha “molte leggi importanti invidiate nel mondo arabo”. La situazione per le donne del Paese nordafricano, inoltre, è molto migliore “rispetto a ciò che vediamo in altri paesi come Yemen, Iraq, Siria e Libano, ma anche in nazioni che non hanno guerre come l’Egitto, dove ancora oggi viene praticata la circoncisione femminile”. In Tunisia, ha detto Bhar, questi problemi sono passati negli anni. “Oggi parliamo di parità verticale e orizzontale nei consigli eletti, di riabilitazione del trasgressore e di ospitare la vittima. Nella Giornata internazionale della donna, dobbiamo essere ottimisti. Abbiamo leggi molto buone per le donne che riguardano vari campi, ma richiedono un po’ di tempo, visti anche gli ostacoli che il paese deve affrontare a più livelli”.
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