Da anni ormai le autorità della Tunisia hanno tracciato la rotta verso la transizione energetica green fissando l’ambizioso obiettivo di soddisfare con le fonti rinnovabili il 30 per cento del fabbisogno di elettricità interno entro il 2030, raggiungendo così il duplice scopo di ridurre il carbon footprint del Paese e migliorare la bolletta energetica nazionale, ad oggi fortemente gravata dall’importazione di ingenti volumi di gas dall’Algeria. A tal fine è stato definito un quadro normativo volto alla liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica e sono in fase di studio progetti infrastrutturali importanti quali il progetto “El Med”, che interconnetterà attraverso la posa di un cavo sottomarino le reti elettriche tunisina ed italiana, la cui messa in servizio è prevista per il 2027. Questo permetterà di sviluppare il potenziale delle fonti energetiche rinnovabili del Paese nordafricano, consentendo l’accesso al mercato europeo dell’elettricità. Dal 2018 in poi, il ministero dell’Industria/Energia ha avviato una serie di gare per l’assegnazione di capacità di generazione elettrica sia solare che eolica destinata ad investitori privati sia nazionali che internazionali, e gli attuali programmi prevedono per il quinquennio ‘21 – ‘25 la messa all’asta di licenze per ulteriori 2 Gigawatt (Gw) tra solare ed eolico.
Ad oggi sono state assegnate licenze per oltre 700 Megawatt (Mw) di solare e 120 Mw di eolico a vari investitori sia locali che stranieri, tra i quali Scatec, Amea Power, Engie, Abo Wind, ed il consorzio Eni-Etap. Al numero di licenze assegnate però, non ha fatto seguito una crescita della potenza installata ed in questo senso un caso emblematico è quello recentemente raccontato dal portale web tunisino “Tunisie Numerique”, secondo cui l’iniziativa intrapresa da Eni-Etap nel Paese è divenuta ostaggio di dispute tra sindacati e istituzioni che sono estranee al progetto. Il progetto realizzato da Eni in partnership con la compagnia di Stato Etap consiste di una centrale elettrica fotovoltaica con una capacità installata di 10 Mwp (potenza nominale di generatore di picco) presso la città di Tataouine, nel sud del Paese. L’impianto prevede la fornitura di energia elettrica verde alla società di stato Société Tunisienne de l’Electricité et du Gaz (Steg), la quale però non ha ancora provveduto a dare il consenso all’avvio della centrale, e ciò in aperta violazione ai propri obblighi. Il risultato è che l’impianto – assegnato a seguito di una gara bandita dalle autorità tunisine nel 2018 nell’ambito dei programmi di sviluppo del settore delle energie rinnovabili e completato nel giugno del 2020 – da un anno a questa parte non ha ancora prodotto un kilowattora di energia rinnovabile.
Fonti di “Agenzia Nova” spiegano che dietro allo stallo imposto dalla Steg ci sarebbe la volontà delle organizzazioni sindacali di categoria di ostacolare le politiche istituzionali funzionali alla liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica. Il messaggio per gli investitori internazionali del settore, che da alcuni mesi ormai restano in attesa di vedere una soluzione a questa situazione, non è certo dei migliori. Il rischio è quello che le aziende straniere siano così costrette investire i propri capitali altrove.
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