La Tunisia rischia di prendere una deriva autoritaria dopo le ultime misure adottate dal presidente della Repubblica, Kais Saied. In un discorso alla nazione, il capo dello Stato ha convocato elezioni legislative anticipate il 17 dicembre 2022, tra più di un anno, oltre a un referendum “online” per una nuova legge elettorale e per redigere una nuova Costituzione il 25 luglio. Non solo. Il presidente ha dichiarato che l’Assemblea dei rappresentanti del popolo (Arp), il parlamento monocamerale del Paese nordafricano, rimarrà congelata – come da disposizioni di emergenza in vigore dal 25 luglio scorso – fino alle prossime elezioni. La redazione di “Agenzia Nova” a Roma ha sentito al riguardo il parere di due esperti: Umberto Profazio, analista presso il Nato Defence College Foundation (Ndcf) residente a Londra, e Giuseppe Dentice, Head del desk Mena del Centro studi internazionali (Cesi). “Mi ha colpito molto il simbolismo dietro questo annuncio. Saied ha scelto due date significative: il 25 luglio per il referendum costituzionale, che coincide con la Giornata della Repubblica e con il consolidamento del potere da parte del presidente, e il 17 dicembre per le elezioni legislative, che coinciderà con l’anniversario della rivoluzione che quest’anno è stato in tale data”, ha detto Profazio.
Il presidente tunisino ha inoltre annunciato “consultazioni nazionali” sul referendum dal primo gennaio 2022 fino al 20 marzo 2022, quando i cittadini potranno sopporre suggerimenti (sempre online) in una piattaforma ancora da definire. Saied ha inoltre annunciato la formazione di una commissione – i cui membri saranno nominati in seguito – che riassumerà le proposte emerse dalle consultazioni “online” aperte alle proposte dei giovani entro la fine di giugno 2022, prima di tenere un referendum. Ancora non è chiaro che ne sarà del rapporto della Corte dei conti sulle elezioni legislative del 2019, che accusa i partiti Ennahda e Qalb Tounes (le prime due formazioni dell’attuale parlamento sospeso) di finanziamenti illeciti. Durante il suo discorso, Saied ha parlato a lungo del ruolo della giustizia e della lotta alla corruzione. “I dettagli riferiti ieri dal presidente sono molto vaghi. L’impressione è che dietro questo simbolismo ci sia una certa vacuità. Naturalmente il presidente e i suoi collaboratori avranno un ruolo preponderante in queste consultazioni e sulle domande che andranno fatte al popolo. Questo indica anche una deriva populista che è nelle corde del presidente Saied e dei suoi sostenitori”, ha aggiunto Profazio.
Forse non è un caso che venerdì 17 dicembre, nell’anniversario della rivoluzione, il capo dello Stato scenderà in piazza nel giorno in cui sono previste due manifestazioni opposte: una pro e l’altra contro le misure di emergenza. “Il problema è la sospensione del parlamento, che già in questo momento è un fatto eccezionale per la democrazia tunisina. Credo che Saied si sia lanciato in un azzardo perché ha prolungato e prolungherà almeno fino alla fine dell’anno prossimo tale sospensione. Ciò non farà che aumentare le tensioni politiche da parte di diverse formazioni di opposizione che cercheranno di contrastare il progetto politico del presidente Saied”, ha aggiunto ancora Profazio. “Sembra abbastanza prevedibile che i veri nodi irrisolti della Tunisia rimangano quelli economici, anche se si va verso in cambio di un quadro costituzionale e si fanno emendamenti alla costituzione il problema è quello di rilanciare l’economia del Paese di dare una possibilità a migliaia di giovani senza lavoro”, spiega ancora l’analista.
Secondo Giuseppe Dentice “ci sono tutte le premesse per una deriva autoritaria” in Tunisia. Si tratta, a detta dell’analista del Cesi, di un processo che viene da lontano. “Se colleghiamo tutti i punti degli ultimi mesi il 25 luglio è solo una tappa intermedia di un processo che parte almeno un anno prima. Di fatto la Tunisia si sta nuovamente trasformando in uno Stato autocratico, uno Stato che interpreta la transizione delle primavere arabe in modo del tutto personale. E lo fa con una chiave di lettura del suo presidente che reinventa la stessa missione presidenziale utilizzando gesti, esperienze e ed elementi che richiamano per certi versi il bourghibismo”, ha aggiunto Dentice. Il Paese nordafricano si sta avviando dunque verso “qualcosa che ha conosciuto ma che è diverso rispetto al benalismo e trova le sue origini nella nascita dello Stato tunisino così come lo conosciamo oggi”. Una deriva, quella tunisina, che potrebbe avere conseguenze anche in Italia. “Potrebbero anzitutto esserci ripercussioni sulla questione migratoria, ma non dimentichiamo che ci sono anche profondi rapporti di tipo economico, culturale e storico che legano i due Paesi”, conclude l’analista.
I principali quotidiani della Tunisia aprono tutti con le nuove decisioni annunciate ieri dal presidente Saied- Il quotidiano indipendente “Al Maghrib”, di orientamento moderno, ha affermato che il presidente della Repubblica ha tracciato una “road map chiara” che stabilisce le date e organizza gli appuntamenti politici richiesti. Il quotidiano ha aggiunto che Saied ha ribadito ancora una volta quanto ha spiegato in precedenza in molte occasioni, in particolare le ragioni del suo annuncio delle misure eccezionali giustificate nella situazione politica ed epidemiologica che la Tunisia ha vissuto prima del 25 luglio. Da parte sua, il quotidiano filo-governativo “Al Chorouk”, il più diffuso nel Paese, ha ritenuto che le nuove decisioni annunciate siano “decisioni istituzionali entro un termine specifico”. Il giornale ha riportato le opinioni di esperti e politici in merito queste decisioni, fra di questi il professore di diritto costituzionale, Sghaier Zakraoui, che ritiene che l’annuncio di tale data è importante, “ma non fine a sé stesso”. Zakraoui, che sosteneva le misure di Saied, ha affermato che la decisione più importante che lui aspettava era l’annuncio dell’organizzazione di un dialogo nazionale con le componenti della società civile, le organizzazioni nazionali, i partiti e le personalità nazionali.
Dal canto suo, il leader del movimento di Ennahda, Ajmi Lourimi, ha dichiarato allo stesso quotidiano che “le decisioni non hanno portato nulla di nuovo, ma anzi hanno confermato le misure eccezionali per un anno senza fornire soluzioni pratiche alla crisi economica e sociale”. Al contrario, Sadok Chaaban, ex ministro nel vecchio regime di Ben Ali, ha ritenuto che il discorso di ieri “ha chiarito la visione” di Saied, chiedendo di aiutare “il presidente per il bene della Paese e per una nuova Costituzione, per un altro sistema elettorale, per una vita politica più trasparente e competitiva”. Il quotidiano “Al Sabah”, giornale storico ed indipendente, ha riportato fedelmente tutte le decisioni annunciate dal presidente tunisino, avvertendo in un articolo separato che il Paese è sull’orlo di un inverno “molto caldo” a tutti i livelli politico, economico e sociale, avvertendo dal rischio di “un’esplosione sociale”, anche perché non sono ancora state annunciate le caratteristiche della Legge finanziaria 2022 a due settimane dalla fine dell’anno. Il quotidiano ha descritto la situazione come “non chiara”, nonostante le rassicurazioni dei responsabili attuali e dei rappresentanti delle istituzioni finanziarie, tra cui il governatore della Banca centrale.
Saied, intanto, rimane sempre la figura politica di cui i cittadini si fidano di più con una percentuale del 62 per cento, anche se in calo. È quanto emerso dal sondaggio condotto dall’istituto Sigma consulting, in collaborazione con il quotidiano tunisino “Al Maghreb”. Al secondo posto si classifica l’attuale premier Najla Bouden, che secondo il quotidiano tunisino beneficia dello slancio del presidente Saied, con il 32 per cento. La leader del Partito dei costituzionalisti liberai (Pdl), Abir Moussi, guadagna due punti rispetto al sondaggio del mese di ottobre e avanza in classifica occupando il terzo posto con il 20 per cento di fiducia. Al quinto posto figurano l’ex candidato alle elezioni del 2019, Safi Said, e l’ex leader del movimento islamico Ennahda, Abdellatif al Makki, con 18 per cento. Il leader islamico di Ennahda e il presidente del parlamento, Rachid Ghannouchi, invece, è sempre il politico di cui i tunisini si fidano meno secondo lo stesso sondaggio, con una sfiducia dell’86 per cento, seguito da suoi alleati nell’ex governo, il leader del partito Qalb Tounes (Cuore della Tunisia), Nabil Karoui, con il 79 per cento; al terzo posto si trova il leader della coalizione islamista, Al Karama Seif Makhlouf, con il 78 per cento; al quarto post, figura l’ex presidente del paese Moncef Marzouki; chiude la classifica dei cinque politici meno popolari l’ex premier sollevato dall’incarico il 25 luglio scorso, Hichem Mechichi, con il 73 per cento. L’ottimismo tra i cittadini in Tunisia, infine, è diminuito di circa 30 punti in due mesi secondo gli ultimi sondaggi di opinione. Il 46 per cento dei tunisini si dice ottimista sul futuro del Paese, un livello che non veniva raggiunto dal 25 luglio scorso. Il 47 per cento dei tunisini ritiene che la Tunisia stia percorrendo la strada sbagliata.
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