L’attracco di due navi militari statunitensi e di una fregata russa avvenuto nell’ultima settimana a Port Sudan, situata sulle coste sudanesi del Mar Rosso, ha riportato in auge la competizione fra Stati Uniti e Russia in un Paese, il Sudan, il cui ruolo strategico risulta accresciuto alla luce del processo di transizione che sta vivendo dopo la deposizione del presidente Omar al Bashir, nel 2019. È notizia di ieri che una nave da guerra Usa – nello specifico il cacciatorpediniere Uss Winston Churchill – con a bordo circa 300 militari statunitensi ha gettato l’ancora a Port Sudan dopo che una settimana fa un’altra nave da trasporto veloce di spedizione, la Usns Carson City, aveva già attraccato nel porto il 24 febbraio: in quel frangente si era trattato della prima nave della Marina americana ad attraccare in Sudan da oltre 30 anni, a riprova del disgelo in corso fra le autorità di Washington e Khartum dopo la rimozione del Paese africano dalla lista Usa degli Stati considerati sponsor del terrorismo. Sempre nell’ultima settimana, per la precisione domenica 28 febbraio, ad attraccare a Port Sudan è stata invece la fregata russa Ammiraglio Grigorovich, prima nave da guerra russa in assoluto ad entrare a Port Sudan.
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, la decisione di rimuovere il Sudan dalla lista dei Paesi considerati sponsor del terrorismo è maturata al termine di lunghi anni di negoziati, annunciata nell’ottobre scorso dall’allora presidente Donald Trump e formalmente approvata lo scorso 14 dicembre. Gli Usa avevano incluso il Sudan nell’elenco dei Paesi fiancheggiatori del terrorismo il 12 agosto 1993 con l’accusa di aver concesso asilo a terroristi internazionali (fra cui Osama bin Laden), e nel 1997 avevano imposto sanzioni contro Khartum, limitando la capacità delle banche sudanesi di lavorare con partner stranieri. Ora, con la deposizione di Bashir avvenuta nell’aprile 2019 e l’avvio di una delicata fase di transizione che prevede una sostanziale condivisione del potere fra la componente militare e quella civile, si apre un nuovo capitolo delle relazioni fra Usa e Sudan, e l’attracco delle due navi Usa a Port Sudan ne è un segno tangibile. Gli Stati Uniti hanno attualmente la loro unica base permanente in Africa nel porto di Gibuti, situato a circa mille chilometri a sud di Port Sudan, considerato un punto nevralgico per la navigazione mondiale.
Ma gli Stati Uniti, come detto, non sono l’unico attore interessato a rafforzare la sua influenza in Sudan. Non è un mistero, infatti, che la Russia progetti di realizzare sulle coste del Sudan una base militare in grado di accogliere e rifornire sottomarini a propulsione nucleare. L’intenzione è stata formalizzata con l’accordo firmato lo scorso 1 dicembre tra i due governi per la creazione di un centro logistico per la Marina militare russa. Secondo quanto previsto dall’accordo, la base avrà funzioni di riparazione e rifornimento, il personale dell’avamposto navale non supererà le 300 unità e saranno solo quattro le navi russe – comprese quelle dotate di un impianto nucleare – che potranno stazionare contemporaneamente nella base. Inoltre, le autorità di Mosca dovranno avvisare quelle di Khartum almeno 12 ore prima dell’ingresso delle sue navi nelle acque territoriali del Paese africano e tre ore prima della partenza dal centro logistico. Nel quadro dell’accordo, lo scorso 10 febbraio una delegazione del ministero della Difesa russo guidata dal viceministro Timur Ivanov ha visitato il Sudan “per chiarire le capacità tecniche e la quota necessaria di edifici e strutture ausiliarie” per il progetto, secondo quanto dichiarato dallo stesso Ivanov, il quale ha annunciato che una decisione in merito all’inizio dei lavori sarà presa “una volta che sarà redatto un rapporto in merito, con tutte le voci relative ai costi e seguendo le procedure”. La base navale russa nel mar Rosso sarà la prima mai realizzata in Africa e la seconda sul suolo straniero dopo quella di Tartus, in Siria.
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