Stati Uniti e Giappone annunceranno una significativa riorganizzazione delle unità del Corpo dei Marine di stanza a Okinawa, nel Giappone meridionale, ridefinendo la loro postura militare in visita di una crisi militare a Taiwan. Lo anticipa il quotidiano “Washington Post”, in vista dell’incontro nel formato “2+2” dei responsabili degli Esteri e della Difesa dei due Paesi in programma oggi a Washington. L’incontro, che precederà di due giorni una visita del primo ministro giapponese Fumio Kishida alla Casa Bianca, porterà a un “ulteriore approfondimento del partenariato strategico (…) per contrastare la Cina”, scrive il quotidiano. La stampa giapponese ha già anticipato questa settimana la formazione di un nuovo “Reggimento costiero” dei Marine degli Stati Uniti nell’estremo sud del Giappone, in prossimità del teatro di un possibile conflitto tra Cina e Taiwan. Secondo fonti della Difesa Usa citate dalla “Washington Post”, tale reggimento sarà frutto di una riorganizzazione che verrà completata nel 2025, per consentire ai Marine di stanza a Okinawa di combattere efficacemente la Cina in teatri ostili come le isole remote del Mar Cinese Orientale. A tal fine, il reggimento verrà dotato di nuove capacità di combattimento, incluse batterie missilistiche antinave. Si tratterà, secondo la fonte, di “uno tra i più significativi avanzamenti della postura militare statunitense nella regione nell’arco di almeno un decennio”.
Il governo del Giappone ha adottato il mese scorso nuove versioni della Strategia di sicurezza nazionale, delle linee guida del Programma di difesa nazionale, e del Programma di difesa a medio termine. La nuova concezione di difesa elaborata del governo giapponese trova la sua principale espressione nell’obiettivo di raddoppiare il bilancio della Difesa nazionale al due per cento del Pil, in linea con i Paesi della Nato. Il bilancio della Difesa per il periodo 2023-2027 aumenterà sino a circa 43 mila miliardi di yen (318 miliardi di dollari), un incremento superiore al 50 per cento rispetto all’attuale piano di spesa quinquennale. L’aumento di circa 27.400 miliardi di yen rispetto a quanto originariamente pianificato riflette una rivoluzione “quantitativa e qualitativa” delle capacità militari del Giappone, con l’adozione di inedite “capacità di contrattacco” e il rafforzamento degli strumenti per la guerra nel cyberspazio.
Per far fronte alla minaccia delle armi balistiche sviluppate dai principali avversari regionali, il Giappone ha sostanzialmente abbandonato la declinazione del pacifismo costituzionale come divieto auto-imposto di acquisire sistemi d’arma per la proiezione della forza a lungo raggio. Con il primo ministro Shinzo Abe, Tokyo aveva già avviato la conversione delle sue portaelicotteri in vere e proprie portaerei leggere, in grado di utilizzare i cacciabombardieri F-35B. Le nuove linee guida adottate dal governo si spingono oltre, autorizzando l’acquisizione e lo sviluppo di missili balistici con cui colpire preventivamente siti di lancio missilistici nei territori di Paesi terzi, e per intercettare i nuovi missili ipersonici già in dotazione agli arsenali di Russia e Cina. La priorità più immediata per la Difesa giapponese è però l’espansione delle riserve di munizioni e di componenti militari, e la drastica revisione della rete logistica, necessaria a mobilitare rapidamente armi e rifornimenti dal teatro dell’Asia Nord-Orientale a quello dell’Indo-Pacifico. Ad oggi le Forze di autodifesa del Giappone non dispongono delle munizioni necessarie a sostenere un conflitto prolungato, e la maggior parte delle scorte esistenti sono concentrate nell’estremo nord del Paese, sulla base di una impostazione risalente alla Guerra fredda.
I nuovi indirizzi politici comporteranno anche una ridefinizione della struttura di comando delle forze armate, e una generica spinta alla modernizzazione dei sistemi bellici, nel cui contesto s’inserisce il recente annuncio del Global Combat Air Programme (Gcap) per lo sviluppo di un aereo da combattimento di nuova generazione in collaborazione con Italia e Regno Unito. Le ambizioni del Giappone nel campo della Difesa si scontano però con diversi ostacoli: il più immediato è il reperimento delle vaste risorse necessarie a finanziare il riarmo, dal momento che la salute fiscale del Giappone è già oggi la peggiore tra le maggiori economie industrializzate. Il premier Kishida ha già annunciato a questo proposito che i giapponesi dovranno fare i conti nei prossimi anni con un progressivo aumento della pressione fiscale. Da diversi esperti giapponesi della Difesa giungono inoltre perplessità nel merito dei piani adottati dal governo: prima tra tutte, l’assenza di misure tese ad incrementare il numero degli effettivi delle forze armate, limitato per legge da oltre un decennio a un massimo di 247 mila unità.
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