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Taiwan: quattro velivoli cinesi rilevati nella Zona d’identificazione della difesa aerea

L'isola ha risposto attivando i propri meccanismi di difesa ed emettendo avvertimenti radio. L'operazione marca la sesta sortita cinese dall'inizio di aprile e segue quella effettuata ieri con un caccia J-16, avvistato sempre nell'angolo sud-ovest dell'Adiz

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Quattro velivoli dell’Aeronautica cinese hanno varcato oggi il limite sud-occidentale della Zona d’identificazione della difesa aerea (Adiz) di Taiwan. Lo annuncia su Twitter il ministero della Difesa di Taipei, precisando che la formazione includeva due caccia J-11, e due aerei da guerra elettronica Y-8 e Y-9. L’isola ha risposto attivando i propri meccanismi di difesa ed emettendo avvertimenti radio. L’operazione marca la sesta sortita cinese dall’inizio di aprile e segue quella effettuata ieri con un caccia J-16, avvistato sempre nell’angolo sud-ovest dell’Adiz. Come più volte ribadito dagli ufficiali di Pechino, attività di questo tipo hanno lo scopo di riaffermare il controllo della Repubblica popolare sull’isola autogovernata, considerata una provincia secessionista.


Per incrementare la propria capacità di risposta a un’eventuale offensiva da parte cinese, il parlamento di Taiwan ha approvato a gennaio un bilancio extra per la difesa da 8,55 miliardi di dollari, finalizzato all’acquisto di missili e navi con cui contrastare le pressioni militari da parte della Repubblica popolare. La proposta è stata sostenuta da tutti i 113 deputati dei quattro gruppi parlamentari, tra cui i legislatori del Partito progressista democratico (Ppd), secondo cui l’approvazione dimostra che l’isola è “seriamente intenzionata a difendersi”. Taiwan ha così dato inizio ad un sistematico processo di aggiornamento del proprio apparato difensivo: entro fine anno, prevede di raddoppiare la produzione missilistica nazionale a 497 unità e sta lavorando allo sviluppo di due nuovi veicoli militari. Il primo si basa sul CM-32 Clouded Leopard, un veicolo blindato a otto ruote con una mitragliatrice Browning M2 da 12,7 millimetri. Il secondo è un mezzo da ricognizione tattica a quattro ruote destinato a sostituire l’obsoleto veicolo corazzato M113 in dotazione alle Forze armate.

Negli scorsi mesi le Forze armate hanno inoltre rafforzato la cooperazione militare con i Paesi esteri. Lo scorso 17 dicembre, i media locali hanno dato notizia di una rinnovata collaborazione con Singapore, interrotta da Taiwan dopo il sodalizio militare tra l’ex città Stato e la Repubblica popolare. Per un’intera settimana le forze armate singaporiane hanno alloggiato in una caserma nel distretto Fengshan di Kaohsiung, nella parte meridionale di Taiwan, effettuando esercitazioni paracadutistiche nella vicina contea di Pingtung. L’intesa militare Taiwan-Singapore ha avuto inizio nel 1975, quando le esercitazioni tra truppe furono stabilite dal primo ministro di Taipei, Chiang Ching-kuo, e dall’omologo di Singapore, Lee Kuan Yew, nell’ambito dell’accordo Project Starlight.

Taiwan ha inoltre intensificato gli scambi con gli Stati Uniti, con i quali aveva avviato forme di cooperazione militare già a partire dal 2021. Secondo quanto riferito allora dalla presidenza e dal ministero della Difesa, le Forze armate statunitensi hanno condotto diverse campagne d’addestramento per le truppe taiwanesi, allo scopo di prepararle a una possibile offensiva militare da parte della Cina. Più di recente, Washington ha annunciato piani di sostegno per la manutenzione dei sistemi missilistici Patriot e Harpoon in dotazione alle Forze armate di Taipei. Le collaborazioni militari con Singapore e Stati Uniti sono state ampiamente contestate dal ministero degli Esteri di Pechino, che ha ripetutamente accusato gli Stati Uniti di strumentalizzare politicamente Taiwan per cercare vantaggi geopolitici nell’Indo-Pacifico, intimando più volte all’amministrazione di Joe Biden di cessare gli scambi militari. Parole dure nei confronti di Washington sono state ripetutamente pronunciate anche dal portavoce del ministero della Difesa, Wu Qian, che ha accusato Usa e Giappone di “grossolana interferenza” negli affari interni della Cina.

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