Il riavvicinamento tra Egitto e Turchia, conseguenza della “pax americana” avviata nell’ultima periodo della presidenza Trump e proseguita dall’attuale amministrazione Biden, sta avendo dei primi effetti diretti anche in Libia. Il comando generale dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna) guidato da Khalifa Haftar (l’uomo forte della Cirenaica che ha tentato di conquistare “manu militari” Tripoli con l’appoggio di Egitto, Emirati Arabi Uniti e Russia), ha annunciato di aver concesso alle navi commerciali battenti bandiera turca il permesso di entrare nei porti della Cirenaica. “Non abbiamo obiezioni all’ingresso di navi commerciali battenti bandiera turca nei nostri porti, secondo le procedure e la legislazione in vigore”, si legge in un ordine del capo di Stato maggiore della Marina libica di Bengasi. Si tratta di uno sviluppo importante se si considera che solo qualche mese fa, lo scorso 22 dicembre, le forze di Haftar avevano fermato il cargo “Mabouka” con a bordo un equipaggio turco al largo delle coste di Derna: la nave era stata liberata dopo poche ore, ma solo dopo la dura reazione di Ankara. Solo pochi giorni fa, inoltre, è avvenuto a Tripoli il passaggio di consegne tra il Governo di accordo nazionale uscente (Gna) e il nuovo Governo di unità nazionale (Gun) del premier Abdelhamid Dabaiba.
Uno dei portavoce dell’Lna, generale Khaled al Mahjoub, ha spiegato che la decisione di consentire l’attracco alle navi turche in Cirenaica sarebbe di natura commerciale e non politica. “Tutti sanno che l’accordo turco-libico include il porto di Tripoli. La gestione di questo scalo marittimo è stata affidata a una compagnia turca, la quale ha alzato i prezzi e costretto i commercianti a pagare ingenti somme per le merci. Era quindi necessario trovare una soluzione a questo problema per ridurre l’onere sui cittadini, soprattutto alla luce dell’elevato prezzo di dollari”, ha detto Mahjoub. “Il Comando generale dell’Esercito nazionale libico ha autorizzato ufficialmente l’ingresso nei porti di navi battenti bandiera turca, sia a Bengasi che in tutto l’Est libico, in modo che la società intera possa beneficiare di prezzi inferiori per le merci“, ha aggiunto il generale libico. “I porti marittimi situati nella parte orientale della Libia sono amministrati dalla Libia: non sono stati consegnati a nessuno straniero e i prezzi per servizi qui non sono cambiati”, ha detto ancora Mahjoub. “La leadership dell’Esercito – ha concluso – ha dovuto prendere questa decisione per alleviare le sofferenze del nostro popolo“.
Lo scorso febbraio, il sito web d’informazione francese “Africa Intelligence” aveva rivelato che la società turca Sck ha acquisito il monopolio del monitoraggio di tutte le importazioni marittime della Libia. I dettagli del contratto tra il ministro delle Finanze, Faraj Boumatari, legato al primo ministro uscente Fayez Sarraj, e la rappresentanza turca dell’Sck, pubblicati dal sito web “Sada.ly”, sono considerati sfavorevoli alla Libia: oltre a supervisionare tutte le importazioni della Libia, rivela il sito internet libico, la società turca riceverà anche il 70 per cento delle entrate fiscali rilevanti nei primi cinque anni del contratto e il 60 per cento nei tre anni successivi. Una clausola del contratto prevede che, in caso di disdetta, entro due settimane dovranno essere versati alla rappresentanza Sck ben 2 milioni di euro. Le camere di commercio e spedizioni vogliono che il sistema Ectn venga abbandonato a favore del sistema automatizzato per i dati doganali (Asycuda) istituito dalla Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo, che è in uso in 80 Paesi. Secondo il sito web “Sada.ly”, l’ente libico preposto alla spesa pubblica, il Libyan Audit Bureau, dovrà condurre un’indagine sulle circostanze della firma del contratto, che non è stato messo a gara.
La Libia è un partner strategico della Turchia, particolarmente dopo il controverso accordo siglato da Ankara e Tripoli per la delimitazione delle Zone economiche esclusive nel novembre del 2019. Nel 2020 la Turchia ha esportato verso la Libia merci per 1,6 miliardi di dollari, con l’obiettivo di raggiungere quota 10 miliardi. Imprese appaltatrici turche sono inoltre attive da tempo nel Paese, specialmente prima della caduta dell’ex rais Muammar Gheddafi nel 2011. Le compagnie turche hanno avviato progetti edilizi per un valore che raggiunge i 29 miliardi di dollari, ma i progetti sono rimasti incompiuti a causa delle tensioni e delle guerre degli ultimi dieci anni. Al di là delle motivazioni di natura commerciale addotte dagli ufficiali militari della Cirenaica, va registrato come Egitto e Turchia abbiano da tempo riallacciato i rapporti. Prova ne è il fatto che la tregua in Libia raggiunta lo scorso ottobre sotto gli auspici delle Nazioni Unite continua a tenere.
Il ministro degli Esteri egiziano, Sameh Shoukry, ha recentemente confermato in parlamento che l’Egitto è disposto a “un cambiamento reale” nella politica nei confronti della Turchia” se Ankara farà passi avanti coerenti con gli interessi del Cairo e porrà fine all’ingerenza negli affari interni dei Paesi della regione. “Ci teniamo alla continuazione dei rapporti tra i due popoli, ma la situazione politica è legata alle posizioni negative assunte dalla leadership turca contro l’Egitto, ma questo non influirà sui rapporti tra i due popoli”, ha dichiarato Shoukry. Lo scorso 12 marzo il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, aveva annunciato il ripristino dei colloqui diplomatici e di intelligence tra i due Paesi per la prima volta dal 2013. Le dichiarazioni di Cavusoglu che erano state precedute da simili affermazioni da parte del ministro della Difesa, Hulusi Akar, rappresentano, secondo molti osservatori, un tentativo di Ankara per contrastare il crescente isolamento della Turchia a livello regionale e internazionale che vede Israele, Egitto, Arabia Saudita, Grecia e Cipro accumunati dalle tensioni contro il governo turco.
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