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Sudan: sale a 105 morti e 291 feriti il bilancio delle violenze tribali nel Nilo Azzurro

Il governatore della regione, Ahmed El-Omda Badi, ha condannato gli scontri e ha proclamato il coprifuoco nelle località di Damazin e Roseiris per ripristinare la sicurezza. Inoltre, le autorità hanno schierato l'esercito e le Forze di supporto rapido (Rsf) nelle aree di maggiore tensione per prevenire il ripetersi degli attacchi

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È salito ad almeno 105 morti e 291 feriti il bilancio delle violenze tribali scoppiate nell’ultima settimana nello Stato sudanese del Nilo Azzurro. Lo ha reso noto il ministro della Salute del Nilo Azzurro, Jamal Nasser, nel suo ultimo bollettino diffuso oggi alla stampa. Gli scontri tra le tribù berti e hausa sono scoppiati lo scorso 14 luglio nella località di Roseiris in seguito all’uccisione di un cittadino di etnia hausa per poi estendersi a Ed Damazin e in altre aree nei giorni seguenti. Il governatore del Nilo Azzurro, Ahmed El-Omda Badi, ha condannato gli scontri tribali e ha proclamato il coprifuoco nelle località di Damazin e Roseiris per ripristinare la sicurezza nella regione. Inoltre, le autorità hanno schierato l’esercito e le Forze di supporto rapido (Rsf) nelle aree di maggiore tensione per prevenire il ripetersi degli attacchi. La violenza tribale è stata condannata dai principali gruppi politici del Paese che hanno chiesto calma e autocontrollo. Le Forze per la libertà e il cambiamento (Ffc, la piattaforma della società civile responsabile del rovesciamento del presidente Omar al Bashir nel 2019) hanno accusato la componente militare di istigare gli appelli del gruppo hausa a stabilire un predominio in un territorio appartenente al gruppo hamaj, uno dei rami dell’etnia berti. Durante l’era Bashir, gli hausa prestavano servizio nei servizi di sicurezza e combatterono contro i ribelli del Movimento di liberazione del popolo del Sudan (Splm-N).


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