Il conflitto in Sudan tra l’esercito di Abdel Fattah al Burhan e le milizie di Mohamed Hamdan “Hemeti” Dagalo potrebbe estendersi prima o poi anche alla Libia, un dossier prioritario per la politica estera dell’Italia. Una fonte libica ha riferito ad “Agenzia Nova” che sarebbe fallito “un tentativo di stabilire un ponte aereo diretto tra il sud della Libia e il Sudan”, dopo che i ribelli hanno perso il controllo di alcune basi militari sudanesi. In particolare, secondo la fonte, “ci sono stati tre voli, tra domenica e martedì, non per andare in Sudan ma per scaricare armi e munizioni a Kufra, nel sud-est della Libia, che sono state poi trasportate via terra oltre il confine”. “Agenzia Nova” ne ha parlato con due esperti libici: Emadeddine Badi, analista del Global Initiative Against Transnational Organized Crime, e Tarek Megerisi, senior policy fellow presso l’European Council on Foreign Relations (Ecfr).
“Finora non vedo alcun un segno di ricaduta in Libia. Tuttavia, se le cose in Sudan dovessero andare per le lunghe, il generale Haftar e i suoi alleati potrebbero essere coinvolti: il che potrebbe cambiare l’equilibrio di potere e avere un numero qualsiasi di effetti a catena sul conflitto libico”, ha detto Megerisi. Anche secondo Badi, la crisi in Sudan potrebbe estendersi anche in Libia, anche se non subito. “Potrebbe esserci uno ‘spillover’ in Libia se il conflitto sudanese si protraesse e se i gruppi ‘a scopo di lucro’ allineati con l’Esercito nazionale libico decidessero che è più redditizio essere coinvolti nei combattimenti in Sudan. Ma finora non vedo nulla di immediato al livello interno in Libia”, ha detto Badi. Vale la pena ricordare che nel Paese nordafricano sono presenti combattenti mercenari sudanesi e ciadiani, in un numero quantificabile di qualche migliaio, dislocati nel sud della Libia e attivi per lo più tra i ranghi delle forze del generale Khalifa Haftar, comandante della Brigata dell’Esercito nazionale libico (Lna).
Secondo Badi, al confine tra Libia e Sudan “le cose stanno già cambiando”. La 128esima Brigata dell’Lna del generale Haftar, uomo forte della Cirenaica, “ha da tempo assunto il controllo di alcune aree precedentemente presidiate dalle Brigate Subul Al Salam”, a loro volta guidate dal salafita radicale Abdul Rahman Hashem, “a ridosso del confine sudanese e del triangolo tra Ciad, Sudan Libia”, ha detto Badi ad “Agenzia Nova”. Non solo. “Ci sono dei collegamenti tra Hemeti e Haftar”, ha confermato Badi. Secondo il quotidiano statunitense “Wall Street Journal”, i due generali si sono già aiutati a vicenda in passato. In particolare, il generale sudanese ha inviato combattenti per aiutare Haftar durante il tentativo, fallito, di impadronirsi della capitale libica Tripoli nel 2019. Ancora oggi, i miliziani sudanesi affiliati al generale Dagalo svolgono funzioni di guardia nelle strutture militari dell’Lna. Haftar e Hemedti sono, inoltre, alleati con gli Emirati Arabi Uniti, Paese che ha sostenuto Haftar militarmente in Libia e che avrebbe reclutato gli uomini di Hemeti per combattere in Yemen, teatro di un conflitto civile dal 2014.
L’Egitto, invece, ha allacciato legami molto stretti con il Consiglio sovrano del generale al Burhan, effettuando frequenti esercitazioni militari congiunte, l’ultima delle quali a inizio aprile presso la base navale di Port Sudan. “Non credo che egli egiziani controllino ciò che Haftar può fare”, riferisce Badi, spiegando anzi come l’Egitto dipenda sempre più da Haftar per la difesa del suo fianco occidentale. “Il suo sostegno (di Haftar) alle Rsf è probabilmente orchestrato in modo indipendente, oppure fatto per conto o in coordinamento con gli Emirati Arabi Uniti”, ha concluso l’esperto.
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