Addio ad Atlantia da parte di Sabrina Benetton: la società ha annunciato ieri sera che, in data 13 marzo 2021, la consigliera di amministrazione e figlia del capostipite Gilberto ha rassegnato le sue dimissioni con effetto immediato. Tale decisione, si legge in una nota, è “maturata anche alla luce degli accadimenti (recenti o meno) relativi alla controllata Autostrade per l’Italia, e al disagio anche reciproco che necessariamente determina la posizione di azionista di rilievo nel socio di maggioranza”. Uno strappo importante nella famiglia delle autostrade italiane all’indomani dell’approvazione dei conti 2020 giovedì scorso, che riflette le crescenti difficoltà associate non solo alla trattativa con il consorzio a guida Cassa depositi e prestiti per Aspi, ma anche alla vicenda del Ponte Morandi.
La decisione di Sabrina, che stamattina ha portato ad un’apertura in Borsa al ribasso dello 0,09 per cento per Atlantia, segue i rumors che da settimane riferiscono di alcune divergenze tra la famiglia Benetton – primo azionista di Atlantia al 30,2 per cento con la holding Edizione – e il consiglio di amministrazione della società, in particolare con l’amministratore delegato Carlo Bertazzo e il presidente Fabio Cerchiai. Sarebbero proprio i vertici del Cda che, nel quadro della trattativa con il consorzio a guida Cdp (che comprende anche gli statunitensi di Blackstone e gli australiani di Macquarie), avrebbero spinto per avere condizioni più favorevoli per gli azionisti relativamente soprattutto al nodo del prezzo, finora sempre definito inadeguato. L’ultima offerta, arrivata nella serata del 23 febbraio scorso, metteva sul piatto un ammontare di poco superiore ai nove miliardi, definito inadeguato dai vertici di Atlantia che, insieme al Fondo Tci (secondo azionista con una quota del 10 per cento), spingono per una valutazione di almeno 11 miliardi.
Una posizione che ha sicuramente allungato la trattativa acuendo le tensioni tra le parti coinvolte, che mantengono i contatti – la settimana scorsa la cordata ha chiesto una ulteriore proroga dei termini fino al 27 marzo – ma con i nodi del prezzo e della manleva che rimangono irrisolti. Prosegue quindi, come confermato anche da Carlo Bertazzo nella call con gli analisti finanziari della scorsa settimana, la trattativa per trovare un accordo, che come ribadito dagli analisti di Equita “eliminerebbe il rischio politico, risolverebbe il problema del debito della holding ed assicurerebbe flessibilità finanziaria ad Atlantia per asset rotation o sostenere Abertis, il cui leverage rimane elevato”.
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