Negli ultimi venti anni, spezzati in due dalla crisi internazionale dei mercati finanziari dovuta al crollo di Lehman and brothers nel 2008, la crescita dell’economia urbana a Roma e nel Lazio ha registrato un arretramento degli investimenti pubblici a cui hanno fatto fronte, soprattutto nell’erogazione dei servizi alla persona, le imprese private. Queste ultime, nonostante la crisi internazionale e due anni di serrate dovute alla pandemia, tuttora registrano un saldo positivo tra le società chiuse e quelle aperte: in media il saldo è stato ogni anno di 20,7 imprese ogni mille attive. Dall’analisi dettagliata, svolta dalla Banca d’Italia, è possibile rilevare però i punti di forza del sistema produttivo locale in modo da orientarne il rilancio e, allo stesso tempo, la tenuta, nei prossimi dieci anni.
Tenendo conto della contrazione dei fatturati, determinato dalla pandemia, e dei rincari e dell’inflazione causati dalla guerra in Ucraina, l’economia della Capitale può far leva su tre segmenti che hanno registrato una crescita: internazionalizzazione e innovazione delle imprese, specializzazione della manodopera e ripresa – grazie soprattutto al Piano nazionale di ripresa e resilienza – degli investimenti pubblici. Per questi motivi, in occasione della presentazione del rapporto di Banca d’Italia “L’economia di Roma negli anni duemila“, la vicepresidente della Regione Lazio, Roberta Angelilli, ha annunciato l’istituzione di un tavolo di confronto tra istituzioni pubbliche e imprese private. Obiettivo del tavolo è guidare, guardando al lungo periodo, lo sviluppo della città e della regione, integrando gli interventi pubblici con quelli privati. L’iniziativa è stata accolta favorevolmente anche dall’assessora alle Attività produttive di Roma, Monica Lucarelli.
Negli ultimi vent’anni, il periodo preso a riferimento va dal 2001 al 2019, l’economia ha registrato un arretramento degli investimenti. A questo ha fatto eco un aumento della spesa corrente degli enti pubblici, per erogare servizi, e una risposta delle imprese private nella copertura degli stessi. Il settore trainante è stato il turismo: nel 2018 impiegava l’11,7 per cento degli addetti del settore privato, a fronte di una media italiana del 9,9 per cento. Tra il 2008 e il 2018, inoltre, il terziario a Roma è stato il comparto economico che ha fatto registrare la maggiore espansione, raggiungendo l’88,2 per cento del valore aggiunto complessivo. E anche se in vent’anni l’occupazione nella Capitale è cresciuta (+1,5 per cento), tra i laureati, altamente qualificati, si rileva un incremento (+1,3 per cento) di giovani che hanno impieghi al di sotto delle capacità per cui si sono formati. E se in base agli indici del Benessere equo e sostenibile (Bes) Roma è rimasta su livelli migliori della media nazionale, a livello pro capite la popolazione è più povera. Basti pensare che nell’immobiliare, i prezzi delle abitazioni in provincia, con circa 3 mila euro al metro quadro, si assestano sul doppio della media italiana.
Per far fronte alle sfide del futuro, il sistema produttivo locale però ora, a differenza del 2008, può fare leva su “numerosi fattori che ci danno speranza: la vitalità nella nascita delle imprese, la presenza di centri di ricerca molto importanti che ci aiutano nell’innovazione, e la presenza del settore ad alta attività tecnologica”, ha osservato il direttore della sede di Roma della Banca d’Italia, Antonio Cinque. Inoltre, “dopo un decennio difficile dal punto di vista economico, possiamo chiudere quella fase e aprirne un’altra ponendo le basi per creare un nuovo sviluppo”, ha concluso il presidente della Camera di commercio di Roma, Lorenzo Tagliavanti.
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