Compresa tra lo stretto di Tangeri sino alla frontiera tra Marocco e Algeria, la regione Rif è considerato uno dei luoghi più antichi, per quanto riguarda l’area del Mediterraneo per la coltivazione della cannabis o canapa indiana e per i derivati come l’hashish (sostanza stupefacente psicotropa derivata dalle infiorescenze femminili della pianta di canapa). Le sue strette valli e le alture che superano i 2.000 metri e spesso innevate nei mesi invernali che garantiscono riserve d’acqua favoriscono la coltivazione della cannabis. La coltivazione della cannabis e la produzione del Kif, droga leggera ricavata dall’intera pianta della canapa tritata finemente (foglie e fiori compresi) e mescolata al tabacco, è da sempre “tollerata” nella regione del Rif, attirando in tempi moderni migliaia di turisti da tutto il mondo e il settore dà lavoro a circa 800.000 persone tra produzioni formali e informali. Nel 2003 circa 134.000 ettari di terreno della regione erano dedicate alla produzione di cannabis da cui deriva circa il 40 per cento della produzione mondiale di hashish. Tuttavia progressivamente le autorità del Marocco, sulla spinta delle formazioni politiche conservatrici, in particolare il partito di Giustizia e sviluppo (Pjd) di ispirazione islamica, hanno ridotto nel 2015 la quantità di terreno coltivata a cannabis a soli 47.000 ettari. L’arretratezza economica della regione e l’aumento del traffico illecito di cannabis ha spinto il governo nel 2021 a proporre un disegno di legge per rendere legale la coltivazione della cannabis per l’industria medica e cosmetica.
La legge sulla cannabis divide il partito islamico al governo in Marocco
Nella regione la coltivazione della cannabis è fatta risalire al VII secolo dopo la conquista del Maghreb da parte degli arabi. Testimonianze di coltivazioni private diffuse si hanno a partire del XVI secolo, ma solo nel XVIII secolo la regione del Rif diviene uno dei principali centri di produzione della cannabis. La prime norme per regolamentare la produzione nelle coltivazioni risalgono nel 1890, all’epoca del sultano Hassan I, il quale istituisce una serie di regole per produzione e commercio, istituendo allo stesso tempo una serie di privilegi ad alcune tribù del Rif. I privilegi concessi dal sultano Hassan alle tribù berbere del Rif vengono mantenute anche dopo dalla Spagna dopo l’occupazione del 1912, durata fino al 1956.
Con l’indipendenza del 1956 la coltivazione della cannabis viene proibita, ma a seguito di una rivolta nella regione l’allora re Mohammed V mantiene gli storici privilegi delle tribù del Rif. Oggi la coltivazione di cannabis è illegale in tutto il Marocco, ma continua ad essere “tollerata” in questa zona, dove però permane il divieto di esportazione e consumo al di fuori del Rif. La questione della regione del Rif è stata e continua a rappresentare un problema per il governo di Rabat anche a causa delle cicliche rivolte che vengono organizzate ogni volta che le autorità tentano una stretta sulla produzione di cannabis, come quelle avvenute nel 2013 e nuovamente nel 2017. In questi ultimi anni il governo ha continuamente ridotto l’estensione delle piantagioni proprio perché in violazione della legge gran parte del raccolto viene destinato alla lavorazione dell’hashish e al contrabbando in Europa. Nelle provincie di Nador, Tetouan e Taounate le colture vengono mantenute nelle aree più inaccessibili ed isolate.
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