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Recovery, Giansanti (Confagricoltura) a Nova: “Serve piano di rilancio per l’agricoltura”

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È il momento di costruire “un piano di ripartenza” per l’agricoltura italiana, insieme alle “grandi imprese dell’agroindustria nazionale che sono leader a livello globale”. Lo ha sottolineato il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, in un’intervista ad “Agenzia Nova”. Sul Recovery plan, ha osservato Giansanti, “oggi l’Italia deve avere il coraggio di fare delle scelte importanti”, anche se “difficili”. Questo “significa premiare alcuni comparti a discapito di altri. Però ci sono alcuni settori che oggi necessariamente vanno premiati”. La filiera della pasta, quella del pane, il settore del vino, quello delle produzioni lattiero-casearie, oltre al settore olivicolo e a quello ortofrutticolo, “sono driver di successo che necessariamente dovranno essere accompagnati con il piano di resilienza”, mentre con le risorse che avanzeranno si potrà “accompagnare altre eccellenze dell’agroalimentare nazionale”, ha spiegato Giansanti. Infatti, ha avvertito il presidente di Confagricoltura, per utilizzare al meglio le risorse del Recovery “non basta definire quanti soldi dare all’agricoltura”. Al contrario, “bisognerà fare degli studi d’impatto e monitorare lo stato d’avanzamento progettuale, per far sì che non si costruiscano cattedrali nel deserto”.


Altrettanto importante, però, è la partita sui fondi da destinare al settore. “Abbiamo già detto al governo Conte – ha ricordato Giansanti – che le risorse destinate all’agricoltura non bastano. Lo abbiamo ribadito al presidente del Consiglio Draghi”. Anche perché il piano per la ripresa è un’occasione che non va sprecata. “Io credo che il Recovery Fund – ha sottolineato Giansanti – sia una grande opportunità per l’agricoltura italiana. Durante l’anno della pandemia è emerso che l’Italia, ma in generale tutte le nazioni forti, hanno bisogno di una grande agricoltura. L’Italia ha già una grande agricoltura, ma questo non significa che tutto vada bene. Nel 2020, il consumo sul mercato domestico ha segnato una flessione del 6 per cento. La crisi economica ha portato gli italiani a stringere la cinghia”. Al tempo stesso, però, “c’è un dato molto interessante sui mercati internazionali. Nonostante tutte le difficoltà logistiche, “siamo cresciuti dell’1,5 per cento. C’è fame di made in Italy nel mondo”, ha osservato Giansanti. Il presidente di Confagricoltura ha infine ricordato le sfide del futuro: quella del green deal e i grandi temi della sostenibilità. “Rispetto a queste nuove attese, sia del mondo della politica che dei consumatori, grazie alle risorse del Recovery plan l’agricoltura dovrà fare un ulteriore balzo in avanti, e innalzare sempre di più gli standard produttivi e qualitativi delle nostre produzioni”, ha sottolineato.

Nel frattempo, però, all’agricoltura italiana serve un “progetto di strategia” come sistema Paese, e su questo punto verrà in parte giudicata anche l’azione del nuovo governo. “Ho avuto modo di lavorare con il ministro Patuanelli quando era allo Sviluppo economico. Se oggi gli agricoltori hanno questo strumento importante dell’Agricoltura 4.0 – ha ricordato Giansanti – lo dobbiamo a Confagricoltura, che lo ha proposto, e al ministro Patuanelli che lo ha realizzato in fase di legge di Bilancio 2019. Il ministro decise allora di prendersi la responsabilità di adottare una misura agricola, nonostante fosse in un dicastero diverso. Quindi è un ministro molto attento ai temi dell’innovazione, al ricambio generazionale, e soprattutto al processo di rinnovamento dell’agricoltura”. Tuttavia, ha continuato il presidente di Confagricoltura, alla legislatura restano due anni. Il tempo non è sufficiente “per poter definire un programma di lungo periodo”, ma “io mi auguro e spero – ha aggiunto Giansanti – che il ministro voglia concentrarsi su alcuni temi che necessariamente devono trovare delle risposte. Il primo fra tutti è la definizione di un progetto di strategia. Poi magari lo realizzerà qualcun altro” in un secondo momento, “ma dobbiamo partire da un progetto di strategia-Paese”, ha concluso.

Interpellato sul tema dell’etichettatura Ue, Giansanti ha spiegato che la partita in Europa si definirà nei prossimi anni, e che quindi è importante che il nuovo ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, Stefano Patuanelli, continui la battaglia contro il Nutriscore. In questa partita l’Italia non è sola. “In Europa – ha osservato Giansanti – non conta essere minori o superiori: contano i numeri. Esistono una serie di norme che ti dicono che, se raggiungi un certo numero, puoi essere minore quanto ti pare, ma comunque” puoi formare una minoranza di blocco, ha ricordato Giansanti, sottolineando che sul sistema di etichettatura Nutriscore “siamo prossimi a raggiungere la soglia sul potere di blocco” in Consiglio. “Nei prossimi due anni la partita si definirà. Mi auguro e spero che il ministro Patuanelli possa continuare questa battaglia fatta con fortissima convinzione da Teresa Bellanova, che è una battaglia di valore e di identità per la nostra dieta alimentare”, ha ricordato Giansanti, ricordando che in questo momento l’Italia, nella partita sul Nutriscore, ha “una sintonia con alcuni Paesi soprattutto dell’area del Mediterraneo e dell’Est Europa”, tra cui Grecia, Cipro e Repubblica Ceca.

Ad ogni modo, nella partita sull’etichettatura, non sono in gioco tanto le rivalità nazionali, quanto il “modello alimentare del futuro”. “Se si pensa a un modello alimentare basato sulla standardizzazione di una dieta alimentare uguale nel mondo – ha spiegato Giansanti – quel fenomeno viene aiutato dall’etichettatura a semaforo o dal Nutriscore. Se invece vogliamo mantenere quella forte e solida tradizione della dieta alimentare di ogni singolo Stato, per cui ‘Paese che vai, piatto che trovi’, certamente il modello che propone l’Italia è molto più adatto”. Il sistema dell’etichetta “a batteria”, ha osservato infatti il presidente di Confagricoltura, “permette di sapere quanto è l’apporto di ogni singolo nutriente che mangi ogni giorno nella definizione della dieta alimentare, che è basata però sul modello nazionale”, mentre il Nutriscore segnala solo che, ”fatto base 100, se ti bevi 100 grammi di olio al giorno hai una serie di ricadute, e quindi il bollino è rosso. Ma chi di noi beve 100 grammi di olio al giorno? Nessuno”. Ecco perché, ha concluso Giansanti, “su questa partita non si gioca tanto una battaglia ideologica tra l’Italia” e qualche altro Paese, ma sulla definizione di “modelli e standard alimentari che poi andranno a definire le diete del futuro”.

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