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Razzi a Erbil e attentati: preoccupazione per la visita del Papa in Iraq

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C’è grande attesa in Iraq per la storica visita di papa Francesco prevista dal 5 all’8 marzo in quello che è il primo viaggio di un pontefice della Chiesa cattolica nel Paese. Le tappe toccheranno la capitale, Baghdad, ma anche Najaf, Ur, Mosul, Qaraqosh ed Erbil. Proprio nella provincia di Ninive e nella regione autonoma del Kurdistan iracheno risiede la maggior parte della comunità cattolica irachena composta soprattutto da fedeli delle chiese assira e caldea.


Anche Papa Giovanni Paolo II voleva visitare il Paese

Il viaggio, già preso in considerazione da San Giovanni Paolo II ma mai realizzato a causa della Seconda guerra del Golfo, è stato annunciato ufficialmente il 7 dicembre 2020 a anno dall’invito ufficiale inoltrato nel giugno 2019 dal presidente iracheno Barham Salih. Molte sono le incognite che incombono sul viaggio di Francesco in Iraq, non solo per quanto riguarda la pandemia di Covid-19 che continua a diffondersi nel Paese (30 mila casi registrati dal 4 al 17 febbraio), ma anche per la sicurezza.

Gli attacchi dell’Is

In questi mesi sono proseguiti gli attacchi dello Stato islamico (Is). Il più sanguinoso è avvenuto lo scorso 21 gennaio quando due attentatori suicidi hanno colpito un affollato mercato del centro di Baghdad, uccidendo 32 persone e facendo oltre un centinaio di feriti. Ad una nuova insorgenza dello Stato islamico, che nella sua avanzata del 2014 nel nord dell’Iraq aveva perseguitato soprattutto le comunità cristiane e yazide, si aggiunge il problema della vasta galassia delle milizie sciite filo-iraniane la cui attività si è acuita dopo l’uccisione il 3 gennaio 2020 del generale dei pasdaran iraniani Qasem Soleimani a Baghdad in un attacco effettuato dagli Stati Uniti. Protagoniste della lotta contro lo Stato islamico dal 2014 al 2017, dopo la caduta di Mosul (capitale dell’autoproclamato califfato) e in parte regolarizzate nel 2018, le milizie sciite meglio note come Pmu (Popular Mobilization Units) hanno avviato dopo l’uccisione di Soleimani e del loro leader Abu Mahdi al Muhandis, una campagna di pressione fatta di continui lanci di razzi e missili contro compound militari per costringere il governo iracheno, dal maggio 2020 guidato da Mustafa al Kadhimi, a ordinare il ritiro delle forze della Coalizione internazionale contro l’Is guidata dagli Stati Uniti.

L’ultimo attacco in ordine di tempo, e anche il più grave avvenuto negli ultimi mesi, è quello che ha colpito il 15 febbraio l’aeroporto internazionale di Erbil, sede di uno dei principali compound militari della Coalizione, provocando un morto (un contractor civile straniero) e sei feriti, tra cui un militare Usa. L’attacco condotto è stato rivendicato dalla poco conosciuta milizia Awliya al Dam (brigate di sangue) che secondo un alto ufficiale delle Pmu, Mohammed al Basri, non farebbe parte della galassia delle milizie ufficialmente parte della coalizione sciita. Le autorità della regione autonoma del Kurdistan hanno puntato il dito proprio contro le Pmu ritenendole responsabili dell’accaduto, mentre per le Forze armate irachene vi sarebbe invece la regia dello Stato islamico dietro l’attacco.

Nonostante i rischi per la sicurezza, sia le autorità governative che i leader politico religiosi sciiti si sono impegnati a garantire non solo la sicurezza del Papa, ma anche una calorosa accoglienza da parte della comunità musulmana sciita che rappresenta il 65 per cento degli oltre 40 milioni di abitanti dell’Iraq. Particolare importanza rivestono in merito le dichiarazioni fatte nei giorni scorsi dal politico e religioso sciita iracheno, Muqtada al Sadr, che in un messaggio molto forte diffuso sui social network ha condannato le critiche emerse nel Paese contro il viaggio di Papa Francesco. “Ho ricevuto informazioni che alcune parti sono contrarie alla visita del Papa. Il Papa è il benvenuto, i nostri cuori e le nostre porta sono aperte”, ha dichiarato Al Sadr il cui movimento Al Sairoon è la principale coalizione nella Camera dei rappresentanti dell’Iraq. “Najaf al Ashraf è la capitale delle religioni, quindi lo accogliamo come amante della pace. La pace sia sui seguaci del Profeta Gesù e del Profeta Mosè, a meno che non dichiarino ostilità verso le religioni (come l’entità sionista). Tutti i seguaci del Profeta Maometto sono tuoi fratelli nella pace e nell’Islam”, ha dichiarato Al Sadr rivolgendosi al Papa. Importanti anche le parole del primo ministro dell’Iraq ed ex capo dell’intelligence, Mustafa al Kadhimi, il quale ha sottolineato durante un incontro con il nunzio apostolico Mitja Leskovar, che la visita di Papa Francesco contribuirà a rafforzare la stabilità e a diffondere lo “spirito della fraternità” in Iraq e in tutta la regione.

L’organizzazione della visita

In base al programma diffuso nei giorni scorsi dalla Santa Sede, l’arrivo del Papa è previsto per il 5 marzo all’aeroporto di Baghdad dove sarà accolto dal primo ministro, Mustafa al Kadhimi, a cui farà seguito la cerimonia ufficiale di benvenuto presso il palazzo presidenziale. Nella cattedrale siro-cattolica di Nostra Signora della Salvezza di Baghdad il Papa incontrerà vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, seminaristi e catechisti. La cattedrale è stata il luogo di un massacro nel 2010 costato la vita a 58 persone rivendicato da al Qaeda. La Santa messa si terrà invece presso la cattedrale cattolica caldea di San Giuseppe. Il 6 marzo, secondo giorno della visita nel Paese arabo, papa Francesco si dirigerà nella città simbolo dell’islam sciita Najaf, dove incontrerà il grande ayatollah, Ali al Sistani, principale autorità sciita dell’Iraq. La visita a Najaf rappresenta una delle tappe più importante dal punto di vista del dialogo interreligioso e si mostra in continuità con lo storico viaggio di Francesco negli Emirati, avvenuto nel febbraio 2019, dove venne siglò insieme all’imam di Al Ahzar, più autorità dell’Islam sunnita, Ahmed al Tayeb il Documento sulla fratellanza umana. Najaf è insieme a Karbala uno dei principali luoghi santi dell’Islam sciita e luogo di pellegrinaggio di milioni di pellegrini provenienti soprattutto dal vicino Iran.

In direzione nord, Papa Francesco si recherà il 7 marzo a Erbil, nel Kurdistan iracheno, incontrerà le comunità cristiane della Piana di Ninive, cuore dell’autoproclamato dello Stato Islamico nel 2014 fino alla sua liberazione nel dicembre 2017. Da Erbil, il Papa si muoverà verso Mosul dove terrà una preghiera di suffragio per le vittime della guerra presso Hosh al Bieaa, la piazza della chiesa. Nella stessa mattinata, il pontefice si recherà in elicottero nella città assira di Qaraqosh, nella piana di Ninive dove si trasferirà nella chiesa dell’immacolata concezione per la visita alla comunità locale, a cui rivolgerà un discorso, per poi recitare la preghiera mariana dell’Angelus. Al termine, nel pomeriggio, il Papa farà ritorno a Erbil per celebrare la santa messa che presiederà nello stadio “Franso Hariri”. In serata, è previsto il rientro a Baghdad, da cui Papa Francesco, lunedì mattina, ripartirà per Roma al termine della cerimonia di congedo.

La piana di Ninive è il cuore storico cristiano dell’Iraq, dove le comunità sono fatte risalire alla predicazione dell’apostolo San Tommaso intorno al 35 d.C. In base alla tradizione San Tommaso insieme a San Giuda risiedevano nella città di Erbil, nell’attuale Kurdistan, da cui predicavano alla popolazione locale. La capitale della regione autonoma del Kurdistan e la vicina enclave cristiana di Ankawa hanno ospitato decine di migliaia di cristiani e altre minoranze religiose costrette a sfuggire alle atrocità dello Stato Islamico. In Iraq i caldei rappresentano la maggioranza dei fedeli cattolici cristiani, mentre sono presenti anche comunità appartenenti alle chiese non in comunione con Roma come la Chiesa assira d’Oriente e comunità cristiane di origine arabe e armene.

La Chiesa caldea, la più importante per presenza sul territorio, è una chiesa cattolica patriarcale di rito orientale con comunità in Medio Oriente, Europa, Oceania ed America settentrionale ed è anche il ramo della. Il primate della chiesa cattolica caldea, attualmente il cardinale Louis Raphael I Sako, è il patriarca di Babilonia che ha sede a Baghdad. Nel luglio 2014 i jihadisti del sedicente “califfo” Abu Bakr al Baghdadi hanno conquistato Mosul e sono dilagati nell’Iraq settentrionale. Una delle vittime è stata la comunità cristiana caldea della provincia di Ninive: duecentomila persone sono state costrette alla fuga nelle regioni confinanti sotto il controllo dei Peshmerga curdi. Molti di loro hanno scelto come nuova residenza la periferia di Erbil, capitale della regione autonoma del Kurdistan, dove hanno creato propri campi. Circa 15 anni fa i cristiani in Iraq erano circa 1,5 milioni, concentrati soprattutto nella Piana di Ninive, nella provincia di Mosul, mentre oggi si sono ridotti a circa 300 mila di cui due terzi rifugiati nel Kurdistan iracheno.

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