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Quale futuro per l’ospedale italiano in Libia?

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L’ammiraglio Placido Torresi si insedierà a breve come nuovo comandante della Missione bilaterale di assistenza e supporto in Libia (Miasit). Già comandante delle Forze aeree della Marina militare, l’ufficiale è arrivato a Tripoli con un volo della Turkish Airlines proveniente da Istanbul, in Turchia. Un percorso inusuale per una personalità militare di così alto livello, ma non del tutto nuovo: da diversi mesi, infatti, l’intelligence militare della “città-Stato” di Misurata ostacola la concessione dei visti d’ingresso al personale militare italiano di stanza in Tripolitania. Uno dei primi nodi da sciogliere per il nuovo comandante è legato al futuro dell’ospedale da campo a Misurata, parte della Task Force “Ippocrate” che solo alcuni giorni fa ha visto l’avvicendamento al comando: il colonnello Gianvito Tinelli, da più di un anno in missione in Libia, ha infatti passato le consegne al comandante subentrante, colonnello Giovanni Giagheddu. Fonti libiche contattate da “Agenzia Nova” riferiscono che “a Misurata ci sono degli interlocutori che vogliono che l’ospedale vada via”. I motivi sono molteplici e riguardano solo in parte l’influenza in Libia della Turchia, Paese alleato dell’Italia nella Nato.


Il lavoro dell’ospedale militare di Misurata, spiegano le fonti libiche, è stato molto apprezzato durante il conflitto contro lo Stato islamico a Sirte del 2016: i medici militari italiani hanno salvato centinaia di vite e curato migliaia di feriti, molti dei quali sono stati trattati in Italia. Finita la guerra contro le “bandiere nere”, l’ospedale si è trovato di fronte a una nuova situazione: la campagna militare del generale Khalifa Haftar, comandante dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna), su Tripoli. A Misurata si aspettavano che l’ospedale curasse i soldati feriti al fronte, ma così non è stato e questo ha creato un elemento di frizione con la comunità locale. Archiviato il conflitto nella capitale con la sconfitta di Haftar, che si è ritirato lungo l’asse Sirte-Jufrah, è arrivata la pandemia di Covid-19. Nelle prime fasi dell’emergenza sanitaria, l’accesso all’ospedale è stato ridotto anche per i civili libici.

L’ospedale italiano adesso è aperto, ma la situazione resta difficile. “A Misurata ci sono degli interlocutori che vogliono che l’ospedale vada via dall’area dell’Accademia militare, che i misuratini vorrebbero recuperare”, spiegano le fonti libiche. A dire il vero, i militari italiani erano pronti a trasferirsi, ma le autorità nordafricane sono mai state in grado di indicare un luogo alternativo. “Il premier Abdulhamid Dabaiba vuole che l’ospedale sia rivisto e trasformato in una struttura maggiormente incentrata sulla cooperazione sanitaria e aperta alla popolazione, con meno militari e più medici”, aggiungono le fonti. Una visita a Tripoli del ministro della Difesa italiano, Lorenzo Guerini, è attesa nei prossimi giorni per avanzare una proposta al riguardo. La situazione, tuttavia, resta problematica: almeno 45 militari – personale logistico ma anche sanitario – sono ancora in attesa del visto dell’ambasciata di Libia a Roma per dare il cambio ai colleghi. Non solo. I libici negano anche l’autorizzazione all’atterraggio ai C-130 italiani che portano rifornimenti. Circostanza, quest’ultima, che secondo fonti libiche dipende anche dal fatto che “l’ospedale non acquista nulla dalla popolazione di Misurata, una città di commercianti, ma importa tutto dalla madrepatria”.

Un quadro complicato, dunque, anche dall’estrema frammentazione del Paese. “Non sempre quello che decide Tripoli vale necessariamente anche per Misurata”, spiegano le fonti libiche. A ciò si aggiunge il fatto che in Libia non c’è attualmente un ministro della Difesa con cui interagire: per evitare tensioni tra est e ovest il premier Dabaiba ha infatti mantenuto l’interim del dicastero. Ma il capo del governo in questo momento ha altre priorità (come le elezioni del 24 dicembre, il bilancio statale, il difficile rapporto con il Parlamento di Tobruk) e ha poco tempo a disposizione. “Questa situazione può essere risolta solo con un’intesa per trasformare l’ospedale”, commenta infine la fonte libica.

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