Per 28 giorni gli occhi del mondo sono stati puntati sul Qatar, un Paese con una superficie di appena 11.500 chilometri quadrati e una popolazione di quasi 2 milioni e 800 mila abitanti, circa la metà di una regione come il Lazio, ma che, anche in un anno complesso a livello internazionale, è riuscito a mostrare notevoli capacità d’azione. “Abbiamo mantenuto la promessa di organizzare un torneo eccezionale”, ha affermato l’emiro Tamim bin Hamad al Thani alla conclusione dei Mondiali di calcio ospitati dal proprio Paese. “La migliore Coppa del mondo di sempre, un successo clamoroso”, ha commentato il presidente della Fifa Gianni Infantino, precisando che sono stati 3,27 milioni gli spettatori accolti negli stadi qatarioti e 7,5 miliardi di dollari i ricavi, in aumento di un miliardo rispetto all’edizione precedente. Eppure, non sono mancate critiche, dallo sfruttamento dei lavoratori migranti allo scandalo della corruzione che sta attraversando le istituzioni europee. “Esprimere un giudizio unico sul Paese e su ciò che il Paese ha fatto nel corso dell’ultimo anno non è semplice perché vi sono diversi fattori che possono dare giudizi differenti rispetto a diversi punti di vista”, spiega ad “Agenzia Nova” Giuseppe Dentice del Centro studi internazionali (Cesi), secondo cui “il 2022 è una sorta di culmine di un processo di comunicazione e di reputazione dell’immagine e dell’idea stessa di Stato che il Qatar è riuscito a costruirsi negli anni”.
“Il Qatar, come molti altri Paesi dell’area mediorientale e non solo, si mostra come una autocrazia, né più né meno, con grandi capacità di azione, e soprattutto con opportunità di mostrare a volte la faccia migliore, talvolta anche quella meno appariscente”, ha commentato Dentice. Diversi, quindi, gli elementi da considerare nel delineare l’immagine del piccolo emirato del Golfo e i Mondiali disputati in Qatar possono fungere da un valido “termometro”. Da un lato, “ci siamo concentrati, anche noi europei, ponendo l’attenzione su tutte le accuse di violazione dei diritti umani”, afferma l’analista del Cesi. Sono oltre 6 mila i lavoratori stranieri che sarebbero morti in Qatar nell’arco di dieci anni, secondo un’indagine del “The Guardian”. Per le autorità qatariote si tratterebbe di cifre “fuorvianti” e sarebbero al massimo 500 le vittime decedute durante i quasi 13 anni di lavori di costruzione. “Una quantità esigua” direttamente connessa alla costruzione degli stadi, secondo Hassan al Thawadi, segretario generale del Supreme Committee for Delivery & Legacy per i Mondiali di calcio 2022. Alle cifre sui decessi si accompagnano denunce di lavori sottopagati, condizioni inadeguate e l’impossibilità di cambiare lavoro se non previo permesso del datore di lavoro, in base al sistema della “kafala”. Denunce, queste ultime, a cui il Paese ha risposto abolendo il sistema e aumentando del 25 per cento il salario minimo, portandolo a mille riyal al mese (circa 259 euro).
“L’ultima immagine che abbiamo è quella dell’emiro del Qatar che pone la bisht sulle spalle di Messi, che non è una semplice mantellina, ma è un voler dare un riconoscimento e un segnale politico e allo stesso tempo un messaggio rispetto al ruolo del Qatar, alla sua capacità di avere funzioni, ruoli e influenze, nonché di lanciare messaggi trasversali non tanto e solo a noi europei quanto a tutto il mondo arabo, musulmano e non solo”, afferma Dentice, parlando di “una intricata e complessa operazione comunicativa e politica”. A tal proposito, bisogna considerare il fatto che i Mondiali non sono “solo e semplicemente un evento sportivo, ma uno dei più grandi eventi al mondo seguito da milioni se non miliardi di persone e che ti permette di acquisire un’immagine, giusta o sbagliata che sia, del tutto differente da quella che puoi ottenere solo e semplicemente attraverso la diplomazia tradizionale”. A livello economico, poi, la Coppa del mondo, evidenzia l’analista, “per un Paese normale potrebbe rivelarsi un disastro, ma in un Paese come il Qatar si dà quasi per scontato mettere a bilancio delle perdite a fronte di un possibile ritorno di immagine decisamente molto più ampio, che gli permetterebbe di aprirsi nuove opportunità e nuove strade”. Nei 12 anni che hanno preceduto il calcio d’inizio, Doha ha speso oltre 300 miliardi di dollari per prepararsi all’evento, ha riferito l’emittente panaraba di proprietà saudita “Al Arabiya”.
Ma il 2022 in Qatar non è stato solo legato ai Mondiali. Come ricorda Dentice, durante l’ultimo anno il Paese si è posto come “possibile salvatore europeo per le forniture di gas”. E questo riguarda anche l’Italia. Nel mese di giugno scorso, Eni è stata scelta come nuovo partner internazionale per l’espansione del progetto North Field East, il più grande giacimento di gas naturale del mondo che Doha condivide con l’Iran e che rappresenta il dieci per cento delle riserve mondiali di gas naturale conosciute, secondo i dati diffusi da Qatar Energy. In totale, il progetto, da un costo pari a circa 28,75 miliardi di dollari, consentirà a Doha di aumentare la propria capacità di produzione di Gnl, passando da 77 milioni di tonnellate all’anno a 110 milioni entro il 2026. Più di recente, la società qatariota QatarEnergy ha annunciato di aver firmato un accordo per esportare gas naturale liquefatto in Germania per almeno 15 anni. In base all’accordo firmato con ConocoPhillips, a partire dal 2026 saranno esportate fino a 2 milioni di tonnellate di Gnl verso il Paese europeo. “La Germania rappresenta il più grande mercato del gas in Europa. Ci impegniamo a sostenere la sua sicurezza energetica”, ha affermato il ministro di Stato per gli Affari energetici e amministratore delegato di QatarEnergy, Saad bin Sherida al Kaabi. Nei giorni scorsi, lo stesso ministro ha fatto sapere che il proprio Paese è pronto a fornire ai mercati internazionali 18 milioni di tonnellate di gas naturale all’anno entro il 2024, evidenziando come proprio i progetti per sviluppare l’industria del gas naturale liquefatto siano tra i maggiori risultati raggiunti quest’anno dal Paese del Golfo.
Ora, però, l’attenzione sembra essere rivolta soprattutto verso il caso “Qatargate” che rischia di “riportare il Paese verso una dimensione molto negativa”. Sono stati diversi i nomi italiani inclusi nello scandalo. Tuttavia, afferma l’esperto del Cesi “dobbiamo stare attenti a non intravedere in un fatto, che è assolutamente grave, una determinante che incide nel rapporto bilaterale” tra Qatar e Italia. “È indubbio che questo tipo di evento abbia creato un certo malumore, ma, sotto l’aspetto puramente diplomatico, penso che ciò che riguarda il rapporto bilaterale Italia-Qatar continuerà a rimanere sostanzialmente invariato”, afferma Dentice. In questi anni le relazioni tra Doha e Roma sono state particolarmente intense con visite reciproche delle leadership e, come sottolineato dalla scheda numero 14-bis/2022, allegata alla deliberazione 83 adottata dal Consiglio dei ministri il 15 giugno 2022, “la richiesta qatarina di sostegno alle attività di difesa del Qatar in occasione dei Mondiali di calcio 2022 si configura come il naturale corollario e il coronamento di una collaborazione tecnico-operativa e industriale avviata da anni e con grosse potenzialità di sviluppo/opportunità”. In effetti, il Qatar è un Paese strategico per l’Italia, in particolare alla luce della crisi energetica innescata dalla guerra in Ucraina. Lo scorso marzo l’allora ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha visitato l’emirato del Golfo per rafforzare il partenariato bilaterale, soprattutto in campo energetico, visti gli sviluppi nel conflitto russo-ucraino.
La visita dell’allora responsabile della Farnesina era stata preceduta da quella del ministro degli Esteri del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman bin Jassim al Thani, avvenuta lo scorso febbraio a Roma. Nel gennaio 2020, era stato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, wa condurre una importante missione nel Paese accompagnato dall’allora sottosegretario agli Affari esteri, Ivan Scalfarotto, e dai vertici di alcune delle principali aziende italiane. In Qatar sono infatti attive oltre 40 grandi aziende italiane in molteplici settori dall’energia, alla cantieristica, alla difesa, tra cui Eni, Fincantieri, Leonardo, Saipem, Salini, Anas e altre. Nel 2021, in base a stime del sito “InfoMercatiEsteri” l’interscambio si è attestato intorno ai 4 miliardi di euro, con una sostanziale parità tra esportazioni e importazioni. L’interscambio ha assistito a una netta crescita tra gennaio e settembre 2022: l’Italia ha esportato circa 2,1 miliardi di euro di prodotti nel periodo di riferimento (97,4 per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2021), mentre le importazioni sono state pari a 3,7 miliardi (+233 per cento rispetto allo stesso periodo del 2021).
Parlare del Qatar implica infine guardare anche ai suoi vicini, con cui vi è stato un apparente riequilibrio a partire dal gennaio 2021, quando si è deciso di porre fine alla cosiddetta “crisi del Golfo” scoppiata il 5 giugno 2017, data in cui Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrein ed Egitto, avevano interrotto i rapporti diplomatici con il Qatar, imponendo altresì un embargo terrestre, aereo e marittimo. Doha, in particolare, era accusata di sostenere e finanziare gruppi classificati da alcuni Paesi come terroristici, quali Hamas ed Hezbollah, di supportare la propaganda dell’Islam politico e di appoggiare l’Iran, il principale rivale di Riad nella regione mediorientale. “Il riequilibrio dei rapporti dentro il mondo arabo ci mostra una fotografia di una regione che, più per opportunità e per necessità, ha dovuto rivedere molti dei rapporti anche conflittuali alla luce delle condizioni strutturali molto critiche”, ha commentato Dentice, facendo riferimento alla pandemia e alla guerra in Ucraina e al conseguente peggioramento delle condizioni sociali ed economiche “che ha spinto questi Paesi a riconsiderare diverse posizioni e “a congelare la competizione esistente”.
“Ma non significa che questa competizione non possa riemergere. Anzi, ogni Paese in questo momento ha più interesse a tenere sotto controllo le varie situazioni proprio per impedire o evitare che ci possano essere passi in avanti da parte di competitor interni”, afferma l’analista. “Il Qatar, l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti negli anni hanno costruito una diplomazia multilaterale in cui non guardano più solo e soltanto al Medio Oriente e/o in alcuni casi all’Africa mediterranea o al Sahel, ma guardano sempre più ad ampio spettro”, ha continuato Dentice, precisando: “Stringono rapporti con l’Occidente, in particolare con l’Europa e gli Stati Uniti, ma guardano anche e soprattutto a tutta una fetta di mondo, l’Africa subsahariana, l’Africa orientale, l’Asia centrale meridionale, l’Estremo Oriente, dove ci sono attori internazionali emergenti e in grado di garantire nuove opportunità e spazi di azione”. “È una dinamica che fa fede a quello che è un contesto nuovo a livello internazionale”, spiega Dentice, aggiungendo: “C è una buona parte di mondo che in forte ascesa e che riesce ad avere anche una sua influenza”.
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