Le proteste antigovernative in corso in Perù da quasi due mesi stanno iniziando ad avere serie ripercussioni sull’economia del Paese. Secondo l’Istituto nazionale di statistica e informatica (Inei) l’inflazione si è attestata all’8,87 per cento a gennaio, uno dei livelli più alti in oltre 20 anni. Stando agli economisti, sul rialzo dei prezzi hanno inciso anche i numerosi blocchi stradali eretti dai manifestanti, che dal 7 dicembre scorso, ovvero dall’arresto dell’ex presidente Pedro Castillo, chiedono nuove elezioni e le dimissioni della nuova presidente, Dina Boluarte. “Ci si aspettava che a dicembre e gennaio iniziasse la correzione al ribasso, ma le manifestazioni lo hanno reso difficile. I blocchi stradali hanno impedito ai prodotti di arrivare in diverse regioni e questo sta generando aumenti di prezzo e carenza di beni”, ha commentato Mònica Munoz Najar, economista della Rete di studi per lo sviluppo.
La traiettoria dei prezzi era stata anticipata nei giorni scorsi dal ministro dell’Economia e delle Finanze peruviano, Alex Contreras, il quale aveva dichiarato che il Perù avrebbe potuto chiudere il mese di gennaio con un’inflazione tra l’8,8 e il 9 per cento, a causa dell’impatto delle proteste in coso sull’economia. “Purtroppo le proteste stanno avendo un grande impatto sui prezzi, motivo per cui si prevede un aumento, ma chiaramente un aumento temporaneo. Stimiamo che l’inflazione potrebbe chiudere gennaio tra l’8,8 e il 9 per cento, a seconda di come verranno ripristinati i collegamenti”, ha affermato il funzionario.
I blocchi stradali, concentrati soprattutto nella zona sud del Paese, roccaforte di Castillo ed epicentro delle proteste, hanno anche portato alla chiusura temporanea della miniera di Las Bambas, operata dalla compagnia cinese Mmg e responsabile di circa il 2 per cento della produzione mondiale del rame. La compagnia ha fatto sapere di aver “paralizzato” le attività. Uno stop, riferisce il segretario del sindacato dei lavoratori della miniera, Erick Ramos, che danneggia oltre 8.500 dipendenti e circa 75mila famiglie. “Da dicembre ad oggi non entrano forniture di nessun genere”, ha detto il sindacalista ricordando che i blocchi hanno chiuso il “Corredor minero”, l’arteria nel sud del paese che collega le principali località coinvolte nel processo estrattivo. “Questo ha fatto sì che le operazioni hanno iniziato a diminuire. Ora c’è il comunicato ufficiale e oggi le operazioni sono totalmente paralizzate”, ha detto Ramos citato dall’emittente “Rpp”.
A certificare l’impatto negativo della crisi sull’economia del Paese è arrivato anche il declassamento dell’agenzia di valutazione del credito Moody’s, che ha abbassato l’outlook del Perù da Baa1 stabile a Baa1 negativo. Il cambiamento dell’outlook da stabile a negativo, si legge in un comunicato dell’agenzia, “riflette l’opinione di Moody’s secondo cui i rischi sociali e politici si sono intensificati minacciando, nei prossimi anni, un deterioramento della coesione istituzionale, della governabilità e dell’efficacia delle politiche e della forza economica dei governi successivi”. Per l’agenzia di rating i disordini sociali seguiti alla rimozione dell’ex presidente Pedro Castillo, insieme ai rischi politici associati, minacciano di indebolire la forza delle istituzioni e della governance del Perù, e in particolare la governabilità e l’efficacia politica nel lungo termine. Le persistenti perturbazioni politiche e sociali, recita il comunicato, “rischiano di erodere ulteriormente gli investimenti, con conseguenze negative per la forza economica”.
Il parlamento, intanto, non riesce a trovare un accordo per anticipare le elezioni in programma nel 2026. Un passo che andrebbe incontro alle richieste dei manifestanti e potrebbe placare il malcontento popolare. Ieri, la plenaria del Congresso ha respinto il progetto di riforma costituzionale per anticipare il voto a luglio di quest’anno e tenere un referendum per un’Assemblea costituzionale che rediga una nuova Costituzione, presentato dal partito della sinistra radicale Perù Libre. La proposta, riferisce l’emittente “Rpp”, è stata respinta con 48 voti a favore, 75 contrari e un’astensione. Il Congresso ha respinto anche la proposta, inizialmente approvata dal parlamento, di anticipare le elezioni ad aprile 2024 rispetto alla scadenza naturale nel 2026. Resta in sospeso la proposta presentata dalla presidente Dina Boluarte di anticipare le elezioni generali a ottobre 2023
Poche ore prima del voto il ministro della Difesa, Jorge Chavez Cresta, aveva chiesto al Congresso di trovare un accordo per anticipare le elezioni generali al 2023 e porre fine alle proteste antigovernative in corso nel Paese. “Per favore, ascoltate i cittadini, dobbiamo uscire da questa crisi in atto ed è nelle mani del Congresso fornire una soluzione per lo sviluppo e il benessere del nostro Paese”, ha dichiarato parlando alla stampa. “È nostro obbligo come governo e come Stato dare una possibile soluzione”, ha aggiunto. Secondo un sondaggio della Compagnia peruviana di studi di mercato e opinione pubblica (Cpi) il 70,9 per cento dei peruviani è favorevole a tenere elezioni generali anticipate nel 2023.
Il Perù si trova in una profonda crisi politica dal 7 dicembre scorso, giorno in cui l’ex presidente Pedro Castillo ha annunciato lo scioglimento del Parlamento e un governo di emergenza nazionale nel giorno in cui il Congresso si riuniva per votare la terza mozione di impeachment nei suoi confronti. I deputati, riuniti in emergenza, hanno quindi approvato la mozione e, nelle ore in cui Castillo veniva arrestato, proclamato la vice, Dina Boluarte, come nuova presidente. Da allora decine di migliaia di persone sono scese in piazza chiedendo nuove elezioni, le dimissioni di Boluarte e la scarcerazione di Castillo. Proteste che hanno sin qui causato la morte di 48 persone, tra cui un agente di polizia. Altre 10 persone, tra cui un bambino di un anno, sono morte in incidenti legati ai numerosi blocchi stradali messi in piedi dai manifestanti.
L’Organizzazione degli stati americani (Osa) ha chiesto alle autorità peruviane di convocare subito elezioni generali e ha espresso preoccupazione per l’eccessivo uso della forza da parte delle forze di sicurezza durante le proteste antigovernative in corso. “Il Consiglio permanente dell’Osa dichiara il suo fermo appello alle autorità peruviane affinché garantiscano il governo e le istituzioni democratiche organizzando tempestivamente elezioni generali eque, libere e trasparenti, con osservazione elettorale internazionale”, si legge nella risoluzione approvata il 30 gennaio durante la riunione del Consiglio permanente dell’organismo panamericano. La risoluzione chiede anche l’adozione di “misure efficaci” per fare luce sugli “atti di violenza” avvenuti in Perù e chiede al governo peruviano di rispettare il giusto processo per le persone arrestate durante le manifestazioni.
Leggi anche altre notizie su Nova News
Seguici sui canali social di Nova News su Facebook, Twitter, LinkedIn, Instagram, Telegram