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Papi a Nova: “I nostri impianti per depurare le acque reflue in Libia? Sono un contributo al piano Mattei”

Il presidente di Termomeccanica Ecologia, leader italiano nell’impiantistica ecologica, sottolinea: "Il governo ha trovato il modo di avere un ruolo nel Paese nordafricano grazie a progetti come il nostro"

Roma
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L’accordo per il trattamento delle acque reflue firmato tra Italia e Libia durante la visita a Roma del primo ministro del governo di unità nazionale libico (Gun), Abdulhamid Dabaiba, ha una triplice valenza: innanzitutto rinsalda la cooperazione con un Paese strategico per l’Italia, sia dal punto di vista dell’energia che da quello della gestione dei flussi migratori; in secondo luogo sostanzia il piano Mattei nella cooperazione per l’acqua – una delle risorse più preziose e scarse del pianeta – dando il segno di quello che può dare l’Italia alla sponda Sud del Mediterraneo; ricorda, infine, il valore dell’imprenditoria e della tecnologia italiane. L’accordo prevede che Termomeccanica Ecologia, leader italiano nell’impiantistica ecologica, riprenda e termini i lavori degli impianti destinati alla depurazione delle acque reflue di Tripoli e Misurata, sospesi definitivamente nel 2014 a causa degli eventi bellici. Una commessa del valore complessivo di 200 milioni di euro, finanziata dal Hip (Housing and Infrastructure Board), l’ente libico per lo sviluppo urbano, per cui si prevede il termine lavori entro il 2026. “E’ un modo intelligente di dare corso al piano Mattei”, ha spiegato ad “Agenzia Nova” il presidente di Termomeccanica Ecologia, Enzo Papi.


In un contesto internazionale complicato, con Russia e Turchia molto attive militarmente, ha aggiunto Papi, “questo governo ha trovato il modo di avere un ruolo, con progetti come il nostro, insieme alla ristrutturazione dell’aeroporto e delle strade e alla ripartenza delle centrali elettriche grazie ad Ansaldo”. Una progettualità italiana che dovrebbe essere sfruttata di più anche nel nostro Paese. Solo pochi giorni fa l’Italia è stata nuovamente deferita alla Corte di giustizia dell’Ue a causa dell’inadeguato trattamento delle acque reflue urbane. Dopo nove anni dalla prima messa in mora ci sono ancora 5 agglomerati urbani inadempienti, uno in Valle d’Aosta e 4 in Sicilia. Un tema quindi molto attuale e dibattuto ma con scarsa conoscenza della materia. “C’è una grande differenza tra Nord e Sud – spiega Papi – a Sud mancano i depuratori, soprattutto in Sicilia, ma anche in Calabria e Puglia”. Di fronte alla scarsità della risorsa acqua, nota Papi, parlare di dissalatori è una favoletta perché consumano moltissima energia. Non è un caso che si trovano nel Golfo Persico, dove manca l’acqua ma l’energia praticamente non costa alcunché. “Buttare l’acqua dei depuratori in mare – conclude Papi – è un crimine perché con pochi soldi si può recuperare l’acqua sia per l’irrigazione che per l’uso industriale”.

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