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Osservatorio Automotive: “Serve una politica nazionale strutturata a sostegno della transizione”

Per il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, il problema per il settore dell’automotive “non è quale combustibile ma quale motore”. L’elettrico “sarà sicuramente la strada prevalente in Europa ma era importante che non fosse la strada esclusiva”

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L’automotive italiano ha ancora grandi potenzialità di innovazione ma serve una politica nazionale strutturata a sostegno della transizione. È quanto emerge dallo studio elaborato dall’Osservatorio Automotive, presentato oggi a Roma. Federmeccanica con Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm-Uil hanno espresso per la prima volta – attraverso il documento “Industria Automotive: un patrimonio italiano di fronte alle transizioni” – un posizionamento comune sulle condizioni e sulle prospettive del comparto, frutto del lavoro svolto dall’Osservatorio Automotive che le parti sociali dell’industria metalmeccanica e meccatronica hanno costituito, in attuazione del Contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccnl) 2021. Sarà quindi possibile raffrontare le dinamiche dei sistemi automotive di quei paesi ed avere spunti utili a definire le azioni più efficaci da mettere in campo per gestire al meglio la complessa fase di transizione tecnologica ed ecologica.

La presentazione – presso la sala Parlamentino del Cnel – ha visto una prima parte dedicata all’esposizione dello studio grazie al contributo degli esperti del Comitato scientifico dell’Osservatorio Automotive che hanno curato l’indagine. Nella tavola rotonda con Federico Visentin, presidente Federmeccanica, Corrado La Forgia, vice presidente Federmeccanica con delega alla Transizione tecnologica ed ecologica, Roberto Benaglia, segretario generale Fim-Cisl, Michele De Palma, segretario generale Fiom-Cgil, Rocco Palombella, segretario generale Uilm-Ui, sono state sviluppate le tematiche emerse dallo studio realizzato dal Comitato scientifico. Le conclusioni sono state affidate al ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. Lo studio si è sviluppato lungo quattro direttrici essenziali: la consistenza e la dinamica del comparto in ciascun paese; le politiche della domanda, tra incentivi al mercato e politiche di infrastrutturazione; le politiche di supporto alle trasformazioni della filiera produttiva; le strutture di governance del sistema automotive nel paese.

In questi anni, il governo italiano ha varato iniziative per il sostegno al mercato ed alla filiera produttiva, senza però una politica di coordinamento. Una quota cospicua degli incentivi al mercato, quelli rivolti al veicolo elettrico puro e plug in, rimangono inutilizzati, i bandi per l’innovazione e sviluppo nell’automotive rimangono ancora aperti, l’infrastrutturazione per la ricarica avanza velocemente in percentuale, ma rimane lenta in valore assoluto, a fine 2022, con 36.000 punti sul territorio nazionale di cui meno di 500 sulla rete autostradale. Benché l’impatto del percorso di elettrificazione promosso dalle istituzioni europee sia potenzialmente maggiore sull’Italia per il focus sul motore endotermico, dove il paese rappresenta da sempre un’eccellenza, l’automotive italiano ha ancora grandi potenzialità di innovazione, ma la dimensione piccola e frammentata delle imprese non potrà mettere in campo gli investimenti grandi e coordinati, necessari per la transizione senza una politica nazionale strutturata di sostegno. Oggi “è un altro giorno importante a distanza da quando poco più di un anno fa Federmeccanica, Fim, Fiom e Uilm hanno, per la prima volta insieme, presentato un posizionamento comune sul rilancio del settore automotive”, ha dichiarato il presidente di Federmeccanica, Federico Visentin. “È passato troppo tempo e troppo poco è stato fatto nel nostro Paese, mentre altri si sono mossi come dimostra lo studio che abbiamo fatto insieme al sindacato. Vere politiche industriali – ha evidenziato – devono ancora essere messe in campo in Italia, ed anche attraverso momenti di confronto come quello di oggi, attraverso il dialogo con le parti sociali, è possibile definire misure efficaci. Si deve tornare a parlare di sviluppo, puntando sulla crescita delle nostre imprese per avere quei rimorchiatori nazionali che mancano e si devono attrarre investimenti dall’estero per alimentare le filiere del settore. Abbiamo bisogno di certezze del quadro normativo e di strumenti utili per affrontare una transizione difficile. Ognuno deve fare la sua parte, noi con il sindacato lo stiamo facendo”.

Lo studio “mette in evidenza l’assenza di politiche pubbliche che ha generato un divario con gli altri Paesi Ue. Quindi è urgente realizzare politiche industriali e un piano straordinario per l’automotive in Italia, per poter valorizzare le potenzialità di innovazione in una fase di grandi trasformazioni del settore con risorse adeguate rispetto agli altri Paesi”, ha dichiarato Michele De Palma, segretario generale Fiom-Cgil. “Un piano straordinario che metta a disposizione investimenti e strumenti per la trasformazione industriale e l’innovazione, rilancio della ricerca e dello sviluppo, rinnovo delle flotte pubbliche, ammortizzatori sociali e formazione per la salvaguardia, la crescita e la rigenerazione dell’occupazione”, ha sottolineato De Palma, che ha aggiunto: “Innovazione tecnologica, digitalizzazione ed economia circolare possono rendere la transizione un’opportunità per il rilancio della produzione, della crescita di buona occupazione e del ruolo di innovatore che il nostro Paese ha da sempre svolto. L’automotive è un settore industriale fondamentale per l’economia del nostro Paese. Il governo deve accompagnare la transizione affinché sia ambientalmente e socialmente sostenibile e mettere tutti i Paesi europei nelle stesse condizioni”. Oggi “sollecitiamo il governo e il ministro Urso a puntare con noi su una strategia che, anziché rinviare le decisioni europee, cerca di sostenere un’industria nazionale che, come lo studio presentato oggi dimostra, è forte soprattutto nella catena di fornitura della componentistica”, ha affermato il segretario generale della Fim Cisl, Roberto Benaglia. Ad oggi, secondo Benaglia, “nonostante i tanti annunci, il tavolo automotive non sta producendo le politiche necessarie e gli strumenti di incentivi alla domanda, come pure l’infrastrutturazione necessaria alla mobilità elettrica e soprattutto di sostegno alle imprese e al lavoro. È urgente quindi che il governo soprattutto nei confronti delle parti più forti – Federmeccanica Anfia, Fim, Fiom, Uilm – abbia un’attenzione maggiore a partire da oggi, e concordi con noi le scelte, gli investimenti e il sostegno che deve essere strategico. Noi pensiamo che il governo, più che fermale decisioni europee debba chiedere all’Europa misure di sostegno finanziario e industriale molto più forti”.

“Il nostro governo si è astenuto sul voto rispetto alla data del 2035 per lo stop alla commercializzazione dei veicoli endotermici. Rimandare la discussione senza assumere decisioni in questo momento complesso, con il rischio di deindustrializzazione di un settore chiave dell’economia italiana, è controproducente”, ha sottolineato il segretario generale dell’Unione italiana lavoratori metalmeccanici (Uilm), Rocco Palombella. “Il nostro compito è quello di forzare la politica ad accompagnare la transizione ecologica mettendo in campo ogni azione possibile. La riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario – ha concluso Palombella – a nostro avviso è uno degli strumenti utili a gestire le crisi industriali già aperte salvaguardando i posti di lavoro; servono poi investimenti infrastrutturali e tutte le azioni difensive necessarie al rilancio di questo settore; serve un maggior coinvolgimento dello Stato nella filiera, la condivisione e l’ascolto delle organizzazioni sindacali come accade in Germania, oltre a interventi articolati per supportare la transizione ecologica come accade in Spagna, Francia e Germania”. Per il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, il problema per il settore dell’automotive “non è quale combustibile ma quale motore”. L’elettrico “sarà sicuramente la strada prevalente in Europa ma era importante che non fosse la strada esclusiva”, ha aggiunto Urso. La transizione ecologica “non è un pranzo di gala con cibo sintetico ma è una rivoluzione industriale che parte dalla batteria elettrica”, ha avvertito il ministro, sottolineando la necessità di “realizzare una politica industriale che faccia sopravvivere il settore dell’automotive”.

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