“Ho solamente scavalcato Willy, non l’ho neanche sfiorato”. Francesco Belleggia lo ha ripetuto più volte al Gip Giuseppe Boccarato del Tribunale di Velletri durante il secondo interrogatorio di garanzia del 5 febbraio; ripetuto perché più volte il giudice gli ha chiesto se lo avesse anche solamente sfiorato. Emerge da documenti che “Agenzia Nova” ha potuto visionare. Belleggia, insieme ai fratelli Gabriele e Marco Bianchi e a Mario Pincarelli, tutti di Artena, sono indagati per l’omicidio volontario di Willy Monteiro Duarte, il 21enne italo capoverdiano ucciso nella notte tra il 5 e il 6 settembre dello scorso anno nella zona della movida a Colleferro. La vicenda sarebbe nata da una banale lite: proprio Belleggia e Pincarelli, da un lato, che fanno apprezzamenti ad una ragazza; dall’altro, il fidanzato della ragazza e un suo amico che chiedono spiegazioni. Vola un pugno o forse uno schiaffo dato da Belleggia, che subito si allontana, e sale la tensione. In soccorso dei ragazzi di Artena arrivano i Bianchi a bordo di un suv, e aggrediscono diverse persone proprio nella zona dei locali colleferrina dove si era svolto il primo “battibecco”. Poche ore dopo in ospedale, Willy Monteiro Duarte è muore a causa dei colpi riportati in un violentissimo pestaggio.
Belleggia è l’unico dei 4 indagati ai domiciliari perché ritenuto credibile dalla procura di Velletri che indaga. Gli altri tre sono tutti detenuti in carcere in attesa della corte d’assise che si riunirà a Frosinone il 10 giugno. Eppure sono forti i sospetti che anche lui, Belleggia, non racconti tutto. Nella sua ricostruzione, infatti ci sarebbero delle incongruenze ed una macchia, o meglio, una traccia del dna di Samuele Cenciarelli, l’amico di Willy, che le indagini di polizia scientifica hanno permesso di rilevare sulla sua scarpa destra. Come è possibile che sulla sua scarpa vi fosse quella traccia se l’indagato continua a sostenere di non essersi avvicinato, se non a diversi metri di distanza da dove, come lui stesso dice, Willy veniva picchiato da Marco Bianchi, e Samuele da Gabriele Bianchi? “Io non so come sia andata quella traccia lì, però – dice Belleggia al Giudice – il percorso che ho dovuto fare per andare verso la macchia è lo stesso che hanno fatto loro due, i Bianchi”. Il giudice quindi gli chiede di spiegare la posizione. Belleggia racconta di aver continuato a discutere con il ragazzo che aveva colpito e con i suoi amici. Poi però arrivano i Bianchi e “in quel momento Marco si scaglia contro Willy. Tirandogli un calcio frontale nel petto. Willy va contro la macchina che era alle sue spalle. Di schiena. Ripetutamente ci fu un altro calcio. E dopo iniziano questi pugni al volto. E invece Gabriele si scaglia contro l’amico di Willy, Samuele Cenciarelli”.
Quando il giudice gli fa notare che, secondo i testimoni, Gabriele “quello più alto” ha colpito Willy, Belleggia risponde: “No, Marco colpisce Willy”. Ribadisce più volte puntualizzando che dopo il calcio frontale che manda a sbattere Willy di spalle contro una macchina, Marco lo colpisce ancora “con un altro calcio frontale, sempre al torace”. Ma Willy non cade: “rimane in piedi. Dopo, inizia a tirare i pugni al volto. Sempre Marco” mentre “Gabriele stava su Samuele”. Solo dopo i pugni Willy cade a terra sul marciapiedi. “Io volevo solo scappare e uscire da quella situazione – spiega Beleggia che all’epoca aveva un braccio ingessato – solo che alla mia destra avevo il gruppo di amici di Federico (il giovane che aveva colpito) e non potevo andare. Dritto c’erano le macchine. Io potevo solo percorrere la via che stavano facendo loro (i fratelli Bianchi). Loro erano avanti a me di un metro e mezzo o due. Pure di più” per allontanarsi, dopo essere stato anche lui spintonato, Belleggia racconta che per raggiungere l’auto dei Bianchi con cui poi si è allontanato “scavalco Willy dalla parte dei piedi”. Il giudice gli ribadisce più volte se nello scavalcare lo avesse toccato ma lui nega categoricamente: “No, non l’ho toccato”.
In tutto questo sostiene di non aver visto neanche Cenciarelli gettarsi sul corpo dell’amico agonizzante per salvarlo da altri colpi, cosa riferita, invece, da diversi testimoni. Inoltre, nel suo racconto scompare Pincarelli, lasciato al momento in cui, insieme a lui, discuteva con i giovani fuori dal locale. Quindi non lo avrebbe visto colpire Willy come lui stesso, Pincarelli, ha ammesso in una conversazione con il padre intercettata dagli investigatori. Dice di essere entrato nel suv insieme ai fratelli Bianchi e ad altri 3 – non indagati – e di essere partiti. Dice anche che durante la sosta nel parcheggio del bar ad Artena, dove poi sono stati fermati e arrestati, il gruppo avrebbe fatto pressione per costringerlo ad ammettere di aver sferrato un calcio a Willy. Incongruenze o no, è anche su questo racconto che la procura fonda il suo castello accusatorio che sembra voler portare in corte d’assise a Frosinone. Credere a quanto da lui sostenuto, però, significherebbe partire da un punto ben preciso: a picchiare Willy e a provocargli le ferite mortali, sarebbe stato principalmente Marco Bianchi (“Due calci frontali e pugni al volto”) e, Pincarelli un colpo mentre il 21enne era a terra. Gabriele, non lo avrebbe sfiorato.
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