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Oggi i due anni dall’uccisione dell’ambasciatore Attanasio, il processo locale verso la conclusione

Un anniversario che cade mentre a Kinshasa si avvia verso la conclusione il processo indetto dalle autorità militari locali e che vede imputate sei persone - una in contumacia perché latitante - con l'accusa di "omicidio, associazione per delinquere, detenzione illegale di armi e munizioni di guerra”

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Ricorrono oggi i due anni dalla morte dell’ex ambasciatore d’Italia in Repubblica democratica del Congo (Rdc) Luca Attanasio, ucciso in un’imboscata nell’est del Paese insieme al carabiniere Vittorio Iacovacci ed ad un autista del Programma alimentare mondiale (Pam) che li accompagnava. Un anniversario che cade mentre a Kinshasa si avvia verso la conclusione il processo indetto dalle autorità militari locali e che vede imputate sei persone – una in contumacia perché latitante – con l’accusa di “omicidio, associazione per delinquere, detenzione illegale di armi e munizioni di guerra”. La sentenza è tuttavia ritenuta da molti già scritta, per alcune ammissioni degli stessi imputati e le numerose discrepanze emerse nel caso, che coinvolge da vicino anche due funzionari del Pam – il vicedirettore in Rdc Rocco Leone e il suo collaboratore Mansour Luguru Rwagaza – che si sono appellati all’immunità. Le loro versioni hanno sollevato diversi dubbi sulle responsabilità di chi doveva garantire un percorso sicuro al convoglio dell’ambasciatore su una tratta – la Route nationale N2 – che è ritenuta fra le strade più pericolose del Paese ed era stata invece classificata come “verde” – quindi sicura – in vista della visita della delegazione. La prossima udienza a Kinshasa è attesa per l’1 marzo, quando al procuratore militare ed alla difesa sarà chiesto di esporre le loro argomentazioni. Il processo si svolge mentre nel Paese sub-sahariano crescono le tensioni politiche fra le autorità congolesi e quelle del vicino Ruanda per i combattimenti in corso – una guerra di fatto – nell’est del Paese contro i gruppi armati: gli scontri coinvolgono in particolare il Movimento 23 marzo (M23), gruppo ribelle filo-ruandese che dopo la sconfitta del 2013 ha ripreso nel 2021 ad effettuare attacchi e avanza deciso verso Goma, capoluogo del Nord Kivu, la stessa provincia in cui è stato ucciso l’ambasciatore. Per ragioni di sicurezza la provincia – insieme a quella vicina dell’Ituri – è sotto amministrazione militare e vede da mesi migliaia di persone fuggire dalle loro case per il timore di attacchi.


In occasione dell’anniversario, in Farnesina verrà presentato questa mattina il bando per le borse di studio in onore del defunto ambasciatore, progetto promosso dalla Fondazione Mama Sofia – fondata dallo stesso Attanasio insieme alla moglie Zakia Seddiki – con il patrocinio del ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale, del ministero dell’Istruzione e del Merito e del ministero dell’Università e della ricerca. La Fondazione Mama Sofia offrirà 43 borse di studio per l’iscrizione a un corso di laurea triennale o magistrale presso l’Università eCampus, e per altrettanti corsi abilitanti di italiano. Gli studenti beneficiari saranno selezionati da 12 Paesi: Afghanistan, Albania, Algeria, Etiopia, Libia, Marocco, Niger, Nigeria, Repubblica del Congo, Repubblica democratica del Congo, Somalia e Tunisia. Il progetto “Borse di Studio Ambasciatore Luca Attanasio” era stato presentato a dicembre scorso in occasione della XV Conferenza delle Ambasciatrici e degli Ambasciatori d’Italia nel mondo, alla presenza del ministro degli Esteri Antonio Tajani, per ricordare il valore dell’eredità morale e spirituale del giovane diplomatico.

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