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Nagorno-Karabakh: il caso dei missili che non hanno funzionato

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Lo strano caso degli Iskander russi. Non è il titolo di un giallo ma la questione che tiene banco da alcune ore in Armenia, dopo che il premier Nikol Pashinyan ha affermato in un’intervista che i sistemi missilistici russi non hanno funzionato durante la recente guerra contro l’Azerbaigian nel Nagorno-Karabakh. Con queste parole Pashinyan ha risposto alle accuse lanciate nei giorni scorsi dall’ex presidente armeno, Serzh Sargsyan, secondo cui “sin dal quarto giorno di conflitto” si sarebbero potuti usare gli Iskander, magari anche per colpire obiettivi strategici, come gasdotti o altre infrastrutture critiche dell’Azerbaigian. Che fra Pashinyan e Sargsyan non corra buon sangue è un fatto noto in Armenia: è grazie alla cosiddetta “Rivoluzione di velluto” avviata da Pashinyan nel 2018 che si è concluso circa un ventennio di controllo del potere da parte del Partito repubblicano guidato proprio da Sargsyan. L’ex presidente e primo ministro per anni ha taciuto, ma dopo l’esito negativo del conflitto contro l’Azerbaigian dello scorso anno ha deciso di togliersi qualche sassolino dalla scarpa, lanciando un’accusa diretta al rivale. Pashinyan, peraltro, si trova già in una posizione incerta: dallo scorso 10 novembre, infatti, proseguono le proteste antigovernative che contestano la cattiva gestione della guerra nel Nagorno-Karabakh da parte del primo ministro e la firma di un accordo di cessazione delle ostilità ritenuto troppo lesivo degli interessi nazionali dell’Armenia.


I quattro lanciamissili Iskander, stando a quanto riferito dalle autorità, sono stati usati contro l’Azerbaigian durante il conflitto nel Nagorno-Karabakh iniziato il 27 settembre e concluso il successivo 9 novembre del 2020. Tuttavia, come spiegato da Pashinyan in un’intervista a “1in.am” portale web armeno con sede a New York, gli Iskander “non hanno funzionato”. Parole sin troppo chiare e che hanno risposto direttamente alle accuse di Sargsyan che lo scorso 17 febbraio, intervisto dall’emittente televisiva “Armnews”, si è chiesto: “Perché i missili non sono stati lanciati contro il territorio dell’Azerbaigian? Gli Iskander avrebbero dovuto essere utilizzati già il quarto o quinto giorno di guerra, quando l’Azerbaigian ha accumulato un enorme numero di personale militare a Horadiz e in altre aree”, ha detto Sargsyan, secondo cui i sistemi missilistici sono destinati a questo scopo. Non pago, Sargsyan ha affermato di non capire perché questi armamenti non siano stati utilizzati per colpire le infrastrutture energetiche azerbaigiane, uno dei punti deboli di Baku. “Non sto dicendo che il primo obiettivo avrebbe dovuto essere un gasdotto. Ma alla fine, perché abbiamo comprato questi missili? Per non usarli al momento giusto?”, ha affermato Sargsyan, con un tono evidentemente critico nei confronti delle autorità armene.

La reazione odierna di Pashinyan, tuttavia, non spegne le polemiche. In primis perché il premier non ha lesinato una risposta altrettanto critica nei confronti del suo predecessore. Rivolgendosi a Sargsyan, il premier armeno ha dichiarato: “Penso che dovrebbe avere le risposte a molte delle domande che ha posto. Non dovrebbe fare delle domande, visto che le risposte le conosce. O forse risponderà anche sul perché i missili Iskander non hanno funzionato o lo hanno fatto solo per il 10 per cento della loro efficacia”, ha detto Pashinyan, mettendo in dubbio “questi armamenti realizzati negli anni Ottanta”. Con questa postilla finale, inoltre, il premier ha confermato una certa distanza fra l’attuale leadership armena e la Russia, storico alleato di Erevan, che ha fornito gli Iskander. L’Armenia è stato il primo e sinora l’unico Paese straniero a ricevere dalla Russia i sistemi missilistici, mostrati per la prima volta durante una parata militare a Erevan nel 2016. L’aiuto russo, peraltro, è stato fondamentale per l’Armenia nel confronto con l’Azerbaigian, sia in passato, sia nel contesto più recente determinato dagli scontri armati duranti dal 27 settembre al 9 novembre del 2020. La missione di peacekeeping russa dispiegata dallo scorso novembre nel Nagorno-Karabakh è la massima garanzia possibile di un mantenimento dello status quo, sicuramente negativo per l’Armenia ma anche inevitabile visti i successi ottenuti sul campo dall’Azerbaigian.

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