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Myanmar: la giunta militare tende una mano alle minoranze etniche, ma chiude ai rohingya

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La giunta militare che ha assunto il controllo del Myanmar dopo il golpe del primo febbraio scorso sta tentando di stabilire una linea di dialogo con le minoranze etniche del Paese, per bilanciare le manifestazioni di protesta in corso da giorni nelle principali città birmane. Lo scrive il quotidiano “Nikkei”, ricordando che per decenni proprio le forze armate hanno ostacolato il processo di conciliazione etnica nel Paese, e che queste ultime sono tutt’ora impegnate in un sanguinoso conflitto contro le milizie etniche negli Stati birmani di Rakhine e Kachin. Il Consiglio per l’amministrazione di Stato (Sac), principale organo decisionale del Paese dal golpe del primo febbraio, ha sancito negli ultimi giorni il perdono per oltre 2.300 detenuti, perlopiù rappresentanti politici di minoranze etniche come Aye Maung, ex deputato dello Stato di Rakhine arrestato per tradimento.


Myanmar: esclusa la minoranza musulmana rohingya

Il comandante in capo delle Forze armate birmane, generale Min Aung Hlaing, ha dichiarato lo scorso 8 febbraio che la riconciliazione con le minoranze etniche del Paese è una “priorità” della giunta: “Dobbiamo assolvere alla responsabilità di conseguire una pace permanente in ogni modo possibile”, ha dichiarato il generale. Le Forze armate birmane non sembrano però intenzionate ad includere la minoranza musulmana rohingya nel perimetro di tale processo di riconciliazione: nessun esponente della minoranza rohingya è infatti incluso nel Sac, che conta 16 membri, sei dei quali rappresentanti di minoranze che hanno già intrapreso il dialogo col governo birmano. Il Sac è il leader del Partito nazionale Arakan (Anp), Thar Htun Hla, formazione etnico-nazionalista di Rakhine nota per le sue posizioni anti-islamiche e anti-rohingya.

Tom Andrews, relatore delle Nazioni Unite per i diritti umani nel Myanmar, ha avvertito che lo schieramento dei militari nelle strade delle principali città di quel Paese, e gli inviti a nuove proteste da parte degli attivisti che manifestano da giorni contro il golpe militare rischiano di innescare una spirale di violenza in quel Paese. Riferendosi all’afflusso di truppe e veicoli blindati a Yangon, capitale commerciale del Myanmar, Andrews ha dichiarato che “in passato, simili movimenti di truppe hanno preceduto uccisioni, sparizioni e arresti su basta scala”. “Sono terrificato che la confluenza tra questi sviluppi – la pianificazione di nuove proteste di massa e la convergenza di truppe – possa condurre sul baratro di nuovi e maggiori crimini contro il popolo di Myanmar da parte delle forze armate”. Gli oppositori della giunta militare birmana che ha assunto il potere dopo il golpe dello scorso primo febbraio hanno indetto nuove manifestazioni per oggi, 17 febbraio, nonostante i divieti di assembramento e i coprifuoco decretati dalla giunta nei principali centri urbani del Paese.

Le forze armate del Myanmar hanno schierato veicoli blindati nelle strade della capitale commerciale del Paese, Yangon, a partire dallo scorso 15 febbraio, e istituito un blackout notturno di internet, dopo le proteste proseguite per giorni in quella ed altre città contro il golpe militare dello scorso primo febbraio. La giornata di oggi segna due settimane dalla deposizione del governo eletto di Aung San Suu Kyi, e la scadenza legale per l’approvazione da parte della magistratura dei capi d’accusa rivolti contro Suu Kyi al momento del suo arresto. Le forze armate si preparano ad ulteriori proteste: nel Paese si sono susseguite manifestazioni ininterrotte dal 6 febbraio, nonostante il coprifuoco e i divieti di assembramento varati nelle principali città birmane. Ieri, 14 febbraio, l’ambasciata Usa a Yangon ha sollecitato i cittadini Usa nella città a rimanere in casa tra le ore 20 e le 4 del mattino, citando “indicazioni di movimenti militari”. Il fornitore norvegese di servizi di telecomunicazioni Telenor, attivo nel Myanmar, ha comunicato d’aver ricevuto direttive dalla giunta di bloccare l’accesso ad Internet per un periodo non meglio precisato; l’ambasciata Usa ha fatto riferimento a possibili blocchi di Internet tra l’una e le 9 del mattino.

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