La Commissione di rappresentanza dell’Assemblea dell’Unione (Crph), l’organismo istituito dal parlamento esautorato in Myanmar dopo il colpo di Stato militare dello scorso primo febbraio, ha invitato funzionari e dirigenti delle dogane e del fisco a fermare la riscossione delle tasse fino al prossimo 30 settembre. Lo si legge in un comunicato firmato da Lwin Ko Latt, il ministro dell’Ufficio presidenziale nominato dallo stesso Crph. “I dipartimenti incaricati della riscossione delle imposte devono sospendere immediatamente tale attività”, riferisce il documento. La Crph ha fatto sapere anche che, in qualità di organismo di rappresentanza del Parlamento legittimamente eletto, ha approvato un emendamento alla Legge sulla tassazione nell’unione del 2020 che consente la sospensione della raccolta delle tasse. I deputati, il cui insediamento a seguito delle elezioni del novembre 2020 è stato impedito dai militari, hanno prestato giuramento autonomamente una settimana dopo il colpo di Stato. La Crph ha inoltre nominato quattro “ministri ad interim” per formare una sorta di “governo ombra”, con la consigliera di Stato Aung San Suu Kyi, il presidente Win Myint e altri ministri che restano agli arresti.
Secondo la Commissione, la sospensione della riscossione delle tasse ha l’obiettivo di impedire alla giunta militare di usare denaro pubblico per finanziare l’uccisione di manifestanti pacifici e di aiutare le imprese locali. La proposta, tuttavia, sembra inserirsi in una più ampia strategia attuata dall’opposizione per strozzare l’economia nazionale e logorare la presa delle forze armate sul potere. In questo quadro va ricordato lo sciopero in corso da giorni di varie categorie di dipendenti pubblici e il blocco di alcuni dei principali collegamenti stradali e ferroviari da parte dei manifestanti anti-golpisti. A unirsi al Movimento di disobbedienza civile (Cdm) sono stati finora operatori sanitari, insegnanti, diplomatici, agenti di polizia e lavoratori dei settori dell’energia e dell’informazione. Molti sono già stati licenziati o sospesi.
Nel frattempo l’amministrazione del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha deciso di imporre nuove sanzioni commerciali “in risposta al colpo di stato militare” in Myanmar. Lo ha reso noto il portavoce del dipartimento di Stato, Ned Price, annunciando l’inserimento nella lista nera dei ministri della Difesa e degli Interni del paese asiatico. Gli Stati Uniti, precisa il dicastero, condannano fermamente l’escalation di violenza contro i manifestanti in Myanmar. Gli scontri avvenuti martedì 3 marzo in diverse zone del paese, secondo le Nazioni Unite, sono costati la vita ad almeno 38 manifestanti anti-golpisti e anche ad alcuni soccorritori e operatori umanitari.
Lo scorso primo febbraio, a poche ore dall’insediamento del nuovo parlamento emerso dalle contestate elezioni di novembre 2020, le forze armate hanno preso il potere arrestando la consigliera di Stato Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la pace nel 1991, e il presidente Win Myint. Il parlamento sarebbe stato dominato dalla Lega nazionale per la democrazia (Nld) e avrebbe visto una presenza risibile del Partito dell’unione per la solidarietà e lo sviluppo (Usdp), la forza politica appoggiata dai vertici militari. Secondo i generali, guidati da Min Aung Hlaing, le elezioni sarebbero state macchiate da brogli e irregolarità e le autorità civili non avrebbero fatto nulla per porre rimedio. Il colpo di Stato in Myanmar sembra tuttavia legato anche alla rivalità geopolitica tra Cina e India, con molti osservatori che nelle ultime settimane hanno accusato deliberatamente Pechino di aver favorito l’ascesa dei militari a causa della sua insoddisfazione per il governo di Aung San Suu Kyi in un Paese in cui la Repubblica popolare ha in corso importanti progetti infrastrutturali.
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