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Myanmar: gli Usa pronti ad annunciare nuove sanzioni contro la giunta

L'obiettivo delle nuove misure sanzionatorie sarà di limitare gli introiti su cui le forze armate birmane possono contare per l'acquisto di armi

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Il governo degli Stati Uniti si prepara ad annunciare ulteriori sanzioni a carico della giunta militare del Myanmar. Lo ha dichiarato il consigliere del dipartimento di Stato Usa Derek Chollet, secondo cui l’obiettivo delle nuove misure sanzionatorie sarà di limitare gli introiti su cui le forze armate birmane possono contare per l’acquisto di armi. “Siamo impegnati a intensificare la pressione sulla giunta e renderle difficile generare introiti coi quali alimentare la sua macchina bellica”, ha dichiarato il funzionario. Chollet ha aggiunto che il Myanmar ha intrapreso una strada che lo porterà ad essere “uno stato fallito nel cuore del Sud-est asiatico”, e ha puntato l’indice contro la Russia per la fornitura di armi alla giunta. Sino ad oggi gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni a 80 individui e più di 30 entità collegate alla giunta militare birmana.

Il primo febbraio 2021 un colpo di Stato militare in Myanmar ha rovesciato il governo di Aung San Suu Kyi, il cui partito, la Lega nazionale per la democrazia (Lnd), aveva nettamente vinto le elezioni del novembre 2020, un risultato contestato dalle forze armate, rappresentate politicamente dall’Unione per la solidarietà e lo sviluppo (Usdp), ridotta al minimo storico. Il primo febbraio, nel secondo anniversario del golpe, attivisti per la democrazia hanno manifestato con proteste silenziose nelle principali città, in particolare a Yangon; in alcune zone commerciali e su diversi ponti sono apparsi anche striscioni e fotografie della consigliera di Stato deposta e premio Nobel per la pace nel 1991. La giornata, però, è stata segnata soprattutto dall’annuncio da parte del Consiglio nazionale per la difesa e la sicurezza (Ndsc) di una proroga ulteriore, altri sei mesi, dello stato di emergenza imposto col golpe, al quale si è accompagnata una feroce repressione, rivendicata dalla giunta guidata da Min Aung Hlaing come una legittima campagna contro i “terroristi”. Secondo l’Associazione per l’assistenza ai prigionieri politici (Aapp) dal primo febbraio 2021 il regime ha ucciso 2.940 persone e ne ha arrestate 17.572, di cui 13.763 ancora detenute. Alla giunta, che si è data il nome ufficiale di Consiglio per l’amministrazione dello Stato (Sac), si contrappone un esecutivo in esilio con un limitato riconoscimento internazionale, il Governo di unità nazionale (Nug), che oggi ha rilanciato la sua sfida: porre fine, insieme ai gruppi etnici alleati, alla presa di potere illegale dei militari.

Nuove sanzioni sono state annunciate da Paesi occidentali in occasione del secondo anniversario del golpe. L’Australia è stata l’ultima, dopo il recente rientro dal Myanmar di un suo cittadino, Sean Turnell, economista ed ex consulente di Aung San Suu Kyi, arrestato pochi giorni dopo il golpe e detenuto per più di un anno e mezzo. Le misure di Canberra colpiranno 16 individui, membri del governo militare di Naypyidaw, e due “entità controllate dalle forze armate”, ritenuti responsabili di “gravi violazioni dei diritti umani”. Poco prima gli Stati Uniti avevano annunciato altre sanzioni contro sei persone e tre entità; tra queste ultime la Commissione elettorale e due compagnie minerarie legate al ministero delle Risorse naturali. Il Canada e il Regno Unito hanno varato a loro volta sanzioni mirate, in particolare per ostacolare il rifornimento di carburanti per aerei, usati per i raid contro gli oppositori.

Invece il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato solo il 21 dicembre la sua prima risoluzione sulla situazione birmana: un documento in cui si chiede alla giunta di liberare tutti i prigionieri politici, inclusi Aung San Suu Kyi e il deposto presidente Win Myint, e si sollecita la fine delle violenze. La Cina, l’India e la Russia si sono astenute. Finora il sostegno cinese e russo, e in qualche misura indiano, è stato fondamentale per permettere ai militari birmani di restare al potere, secondo un rapporto pubblicato a novembre da otto legislatori internazionali e dai Parlamentari per i diritti umani dell’Associazione delle nazioni del Sud-est asiatico (Asean). Pechino ha ospitato il ministro degli Esteri della giunta, Wunna Maung Lwin, e ha invitato altri partner regionali a fare altrettanto. Mosca ha inviato suoi rappresentanti alle celebrazioni per la Giornata delle forze armate a Naypyidaw già il 27 marzo 2021, mentre Ming Aung Hlaing è stato ricevuto al Cremlino in ben tre occasioni dopo il golpe. Più sfumato è il contributo di Nuova Delhi, che ha invece perseguito un approccio volto alla normalizzazione delle relazioni, preoccupata soprattutto per gli attacchi birmani vicino al confine con lo Stato indiano del Mizoram e per l’immigrazione.

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