In merito ad articoli di stampa relativi ai rapporti in essere con la società McKinsey, si precisa che la governance del Pnrr italiano è in capo alle Amministrazioni competenti e alle strutture del Mef che si avvalgono di personale interno degli uffici. E’ quanto si legge in una nota del ministero dell’Economia e delle Finanze. McKinsey, così come altre società di servizi che regolarmente supportano l’Amministrazione nell’ambito di contratti attivi da tempo e su diversi progetti in corso – prosegue la nota -, non è coinvolta nella definizione dei progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Gli aspetti decisionali, di valutazione e definizione dei diversi progetti di investimento e di riforma inseriti nel Recovery plan italiano restano unicamente in mano alle Pubbliche amministrazioni coinvolte e competenti per materia. L’Amministrazione si avvale di supporto esterno nei casi in cui siano necessarie competenze tecniche specialistiche, o quando il carico di lavoro è anomalo e i tempi di chiusura sono ristretti, come nel caso del Pnrr.
In particolare – si legge nella nota – l’attività di supporto richiesta a McKinsey riguarda l’elaborazione di uno studio sui piani nazionali “Next generation” già predisposti dagli altri paesi dell’Unione Europea e un supporto tecnico-operativo di project-management per il monitoraggio dei diversi filoni di lavoro per la finalizzazione del Piano. Il contratto con McKinsey ha un valore di 25mila euro +Iva ed è stato affidato ai sensi dell’articolo 36, comma 2, del Codice degli appalti, ovvero dei cosiddetti contratti diretti “sotto soglia”. Le informazioni relative al contratto saranno rese pubbliche- conclude il Mef -, come avviene per tutti gli altri contratti del genere, nel rispetto della normativa sulla trasparenza.
Il caso McKinsey e la polemica
La vicenda McKinsey ha suscitato non poche polemiche nel dibattito politico e sui social. Dall’opposizione la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, ha commentato su Twitter: “È possibile che con tutti i ministri, viceministri, sottosegretari, capi dipartimento, capi uffici legislativi, task force, dirigenti, tecnici e funzionari dello Stato che abbiamo, il governo Draghi debba affidare la stesura del Recovery Plan ad una società privata di consulenza?”. Il presidente dei senatori di Italia viva, Davide Faraone, ha invece difeso l’esecutivo affermando: “Tacevano quando veniva realizzata una struttura con 300 consulenti e manager che sostituivano i ministri. Adesso che i ministri guidano i progetti del Recovery plan e ai consulenti sono solo richieste elaborazioni veloci e fattibilità li senti sbraitare”.
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