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Macron “si arrende” ai golpisti e annuncia il ritiro dei militari dal Niger

Dopo mesi di aspre tensioni seguite al colpo di Stato del 26 luglio, il presidente francese ha annunciato il ritorno in Francia, “nelle prossime ore", dell’ambasciatore Sylvain Itté

Parigi
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Dopo mesi di aspre tensioni seguite al colpo di Stato del 26 luglio, il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato il ritorno in Francia, “nelle prossime ore”, dell’ambasciatore in Niger, Sylvain Itté, e il ritiro delle truppe francesi dal Paese del Sahel “entro la fine dell’anno”. Si tratta di un annuncio non previsto, almeno nei tempi, per quanto la decisione non sorprenda più di tanto, vista la rottura totale delle relazioni con la giunta golpista di Niamey. “La Francia ha deciso di riportare indietro il suo ambasciatore. Nelle prossime ore il nostro ambasciatore, insieme a diversi diplomatici, tornerà in Francia”, ha detto Macron in un’intervista congiunta alle emittenti “TF1” e “France 2”. Dopo aver rifiutato per diverse settimane di richiamare l’ambasciatore Itté, di cui la giunta aveva chiesto la partenza, il presidente francese si è così deciso a porre fine ad una situazione che stava diventando insostenibile anche per lo stesso ambasciatore il quale, dopo la revoca della sua immunità lo scorso 29 agosto, viveva di fatto recluso all’interno dell’ambasciata mentre l’edificio veniva presidiato dalle forze di sicurezza nigerine. Stando alle stesse parole del capo dell’Eliseo, pronunciate poche settimane fa, l’ambasciatore è “ostaggio” della giunta e non è possibile “consegnargli del cibo”, salvo razioni militari. Nelle ultime settimane Itté è stato perquisito sistematicamente, gli è stata tagliata la rete Internet e non può ricevere visite.


Oltre all’ambasciatore, Macron ha annunciato il ritiro anche dei militari francesi ancora presenti in Niger. “Mettiamo fine alla nostra cooperazione militare con le autorità de facto del Niger, perché non vogliono più lottare contro il terrorismo”, ha dichiarato Macron, indicando che i 1.500 soldati francesi partiranno “nelle prossime settimane e mesi” e che il ritiro verrà completato “entro la fine dell’anno”. “Ci consulteremo con i golpisti perché vogliamo che ciò avvenga in modo pacifico“, ha tuttavia chiarito il capo dell’Eliseo. Dopo dieci anni di operazioni militari antiterrorismo nel Sahel, la Francia resta dunque presente in questa regione nel solo in Ciad, dove disloca circa 1.000 soldati. Il ritiro dal Niger, che arriva dopo quelli già completati dal Mali e dal Burkina Faso, conferma una volta di più il pieno declino dell’influenza francese in un’area, quella del Sahel, sempre più attratta nell’orbita russa. L’annuncio di Macron è stato accolto con grande favore delle autorità golpiste nigerine. “Questa domenica celebriamo il nuovo passo verso la sovranità del Niger. Le truppe francesi e l’ambasciatore francese lasceranno il suolo nigerino entro la fine dell’anno. È un momento storico che testimonia la determinazione e la volontà del popolo nigerino”, ha affermato la giunta militare in un comunicato letto in televisione.

Nelle scorse settimane era stata la ministra degli Esteri francese Catherine Colonna ad aprire all’ipotesi di un ritiro francese dal Niger, affermando in un’intervista a “Le Monde” che le truppe francesi non potessero continuare a svolgere i loro compiti in termini di lotta al terrorismo e di addestramento dei militari locali. “Queste truppe sono lì su richiesta delle autorità del Niger, per sostenerle nella lotta contro i gruppi terroristici armati e per svolgere attività di addestramento. Oggi questa missione non può più essere garantita poiché non abbiamo più, di fatto, operazioni condotte congiuntamente con le forze armate nigerine”, aveva dichiarato Colonna. A stretto giro fonti del ministero della Difesa avevano riferito di “contatti” in corso tra l’esercito del Niger e quello francese riguardanti il ritiro di alcuni “elementi militari” dal Paese africano. Il ritiro dell’ambasciatore e quello del contingente militare francese da Niamey rappresentano una sconfitta non di poco conto per Macron, che finora aveva tenuto il punto affermando di non riconoscere la legittimità delle autorità nigerine salite al potere con il golpe di fine luglio, insistendo sul fatto che il deposto presidente Mohamed Bazoum fosse il suo unico interlocutore. La crisi era iniziata all’inizio di agosto, quando il governo di transizione nigerino, guidato dal generale Abdourahamane Tchiani, aveva denunciato gli accordi di cooperazione militare con Parigi e aveva definito “ illegale ” la presenza dei circa 1.500 soldati francesi presenti nel Paese e impegnati nella lotta anti-jihadista. Da allora a Niamey si erano svolte numerose manifestazioni a sostegno della richiesta di ritiro delle truppe francesi e, dalla fine di agosto, tali manifestazioni avevano incluso anche la richiesta di espulsione dell’ambasciatore Itté. Il Quai d’Orsay, in un primo momento, aveva respinto l’ordine di espulsione dell’ambasciatore, promulgato dai militari nigerini lo scorso 25 agosto, così come aveva fatto poi lo stesso Macron, convinto che questa fosse “la scelta politica giusta”.

In Niger sono presenti al momento circa 1.500 militari francesi attivi nella lotta contro il terrorismo che minaccia il Paese, specialmente nell’area al confine con Burkina Faso e Mali. Il contingente è dispiegato in tre basi situate nella capitale Niamey, a Ouallam (a nord di Niamey) e ad Ayorou (alla frontiera con il Mali). È nella base di Niamey – dove sono presenti anche circa 250 militari italiani impiegati nella Missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger (Misin) – che si trova gran parte del contingente militare francese. Nella base sono schierati numerosi aerei da combattimento Mirage 2000D ed elicotteri d’attacco (Tiger) o elicotteri da manovra (Caiman), oltre a decine di veicoli corazzati utilizzati per supportare le operazioni antiterrorismo effettuate dalle Forze armate nigerine e dai droni MQ-9 Reaper, i primi ad essere armati di bombe. Fino al colpo di Stato dello scorso 26 luglio, che ha rovesciato il presidente democraticamente eletto Mohamed Bazoum, il Niger è stato il perno della strategia anti-jihadista francese nel Sahel, dopo la partenza forzata dei soldati francesi dal Mali nell’estate del 2022 (sempre a seguito di un colpo di Stato) che ha posto fine all’operazione Barkhane, a sua volta succeduta all’operazione Serval, lanciata nel 2013. Nel gennaio di quest’anno anche la Saber Force – le forze speciali francesi in servizio da 15 anni a Ouagadougou – si sono ritirate dal Burkina Faso, anch’esso guidato da una giunta militare golpista che ha voltato le spalle a Parigi. Il personale militare francese nel Sahel si è quindi ridotto drasticamente nel giro di un anno, passando da circa 4.500 a 2.500, di cui 1.500 in Niger e 1.000 in Ciad. Fino al colpo di Stato di fine luglio i militari francesi schierati in Niger collaboravano regolarmente con l’esercito nigerino nell’ambito di operazioni speciali, l’ultima delle quali – come riferisce il ministero della Difesa francese – si è svolta nel maggio scorso.

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