L’accordo sulle munizioni all’Ucraina
Più munizioni all’Ucraina e più in fretta. Si può riassumere così l’accordo trovato oggi al Consiglio Affari esteri di Bruxelles dove, nel corso di una sessione congiunta con i ministri degli Esteri e della Difesa, gli Stati membri hanno concordato un piano per fornire un milione di munizioni a Kiev nei prossimi 12 mesi. “Il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, ci ha trasmesso di nuovo un messaggio chiaro: abbiamo bisogno di munizioni e ne abbiamo bisogno in fretta”, ha detto l’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, nella conferenza stampa alla fine del Consiglio odierno. “La risposta del Consiglio è stata chiara”, ha aggiunto. Un accordo che si basa su tre punti chiave. Il primo è l’utilizzo di un miliardo di euro, derivante dal Fondo europeo per la pace, per rimborsare gli Stati membri che forniranno munizioni dalle proprie scorte all’Ucraina. Munizioni principalmente da “155 mm e missili, se l’Ucraina li richiede”, ha specificato Borrell. Il secondo punto è l’utilizzo di un altro miliardo di euro per rimborsare gli acquisti congiunti di munizioni da parte di Paesi Ue. “17 Stati membri e la Norvegia hanno firmato l’accordo di progetto dell’Agenzia europea per la difesa (Eda), e so che presto se ne aggiungeranno altri. Credo che saranno oltre i 20 Stati membri a partecipare a questo progetto”, ha dichiarato l’Alto rappresentante Ue.
“I contratti con l’industria europea dovrebbero essere approvati entro la fine di maggio”, ha poi aggiunto. L’Italia, si apprende da una fonte diplomatica europea, per adesso non ha ancora firmato l’Accordo specifico sul progetto Eda, che sarà però sottoscritto dal ministro della Difesa Guido Crosetto con firma disgiunta, dato che non era presente al Consiglio di oggi e non ha potuto così ufficializzare l’accordo. Il progetto Eda, si apprende dalla fonte, servirà agli Stati membri anche come piattaforma per poi fare l’acquisto congiunto in favore dell’Ucraina. Gli Stati membri che utilizzeranno il progetto potranno in seguito chiedere un rimborso, a valere sulla nuova misura di assistenza del Fondo europeo per la pace in corso di approvazione. Il terzo punto dell’accordo odierno, invece, prevede l’aumento della capacità produttiva europea che, come ha sottolineato Borrell, è diminuita di quattro volte nel corso degli ultimi decenni. “Accolgo con favore l’accordo odierno, che prevede la consegna di 1 milione di munizioni nei prossimi 12 mesi. Lavoreremo con gli Stati membri per aumentare la produzione industriale nel settore della difesa europea, in modo da poterle fornire”, ha commentato la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen.
Nel corso dell’incontro di Bruxelles, inoltre, i ministri degli Esteri e della Difesa hanno iniziato a prendere in considerazione un aumento di 3,5 miliardi di euro per il Fondo europeo per la pace. “Non dico che il Consiglio abbia già concordato di aumentare la dotazione”, ma ha cominciato a “considerare questo ulteriore aumento, che è il primo passo da compiere”, ha chiarito l’Alto rappresentante Ue in conferenza stampa. Soddisfazione per l’accordo è trapelata dal ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, che in un punto stampa ha spiegato che “il problema è fare in fretta, produrre in fretta e consegnare in fretta le munizioni all’Ucraina”. Il governo italiano, ha poi precisato, “ha l’autorizzazione del Parlamento per inviare materiale militare sino alla fine dell’anno. Qualora si dovesse decidere di mandare altro verrà informato il Copasir”. Non solo Ucraina, però, nel Consiglio di oggi.
I ministri degli Esteri Ue hanno avuto modo di affrontare, su richiesta italiana, anche la questione Tunisia, con la crisi economica e politica cha sta colpendo il Paese del Nord Africa. Una situazione che sembra sempre più critica e sull’orlo del collasso. “Ciò che accade in Tunisia ha un impatto immediato su di noi, non solo perché aumenta i flussi migratori, ma anche perché crea maggiore instabilità e insicurezza nella regione minore del Mediterraneo. Per noi è quindi imperativo evitare il collasso economico e sociale e sostenere il popolo tunisino”, ha detto Borrell alla stampa dopo la fine del Consiglio, per poi richiamare il presidente Kais Saied alla firma dell’accordo del programma concordato con il Fondo monetario internazionale. “Non possiamo chiudere gli occhi su quanto sta accadendo. Lo Stato di diritto e il rispetto dei diritti umani sono riforme strutturali importanti, ma dall’altro è indispensabile la finalizzazione del programma, già concordato con il Fondo monetario internazionale, che deve essere firmato dal presidente tunisino”, ha aggiunto. Nei prossimi giorni, si recheranno a Tunisi il commissario europeo Paolo Gentiloni e i ministri degli Esteri belga e portoghese. “Ma tutto deve essere fatto in fretta, perché la situazione è molto pericolosa. Se la Tunisia dovesse crollare economicamente o socialmente, ci troveremmo in una situazione in cui nuovi flussi di migranti arriverebbero in Europa. Dobbiamo evitare questa situazione”, ha concluso l’Alto rappresentante europeo Borrell.
Situazione, poi confermata anche dal ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani. “Mi auguro che il Fondo monetario internazionale trovi un accordo con il presidente tunisino Kais Saied per garantire la stabilità. È importante che si facciano delle riforme, perché i finanziamenti sono legati alle riforme, e a impedire che il terrorismo islamico appaia nel nord dell’Africa”, ha detto Tajani. “Il problema fondamentale è quello della stabilità del Nord Africa e della Tunisia”, ha aggiunto confermando la fiducia nella futura missione di Gentiloni e dei ministri degli Esteri portoghese e belga. Nel corso della giornata, infine, l’Italia ha avuto anche modo di incassare il sostegno di Borrell sulla candidatura di Roma a Expo 2030. “Tutte le sedi della rappresentanza Ue nel mondo sosterranno la candidatura di Roma per ospitare Expo 2030. Ringrazio Borrell per la risoluzione adottata, aumentano le possibilità di Roma di arrivare al ballottaggio e poi magari vincere”, ha detto Tajani. “È giusto che Expo torni in Europa”, ha concluso il ministro degli Esteri italiano.
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