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L’Italia estende fino al dicembre 2023 il programma di sostegno alle elezioni in Libia

Le tornate elettorali presidenziali e parlamentari avrebbero dovuto tenersi il 24 dicembre del 2021, nella simbolica data del 70esimo anniversario dell’indipendenza del Paese, ma sono state procrastinate “sine die”

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E’ stato firmato oggi a Tripoli un accordo di estensione senza costi del progetto finanziato dall’Italia denominato Promuovere le elezioni per il popolo della Libia” (Pepol) del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (Undp) per sostenere l’Alta commissione elettorale nazionale (Hnec) nella pianificazione e nella conduzione delle elezioni. Secondo quanto appreso da “Agenzia Nova”, l’accordo è stato firmato questa mattina dall’ambasciatore d’Italia a Tripoli, Giuseppe Buccino, e dal rappresentante dell’Undp, Marc Andre Franche, alla presenza del presidente della Hnec, Emad Sayeh. L’accordo estende fino al 31 dicembre del 2023 il programma finanziato dall’Italia con circa 3,1 milioni di euro per fornire alla Hnec sostegno tecnico nella preparazione delle elezioni tramite l’Undp. Le elezioni presidenziali e parlamentari in Libia avrebbero dovuto tenersi il 24 dicembre del 2021, nella simbolica data del 70esimo anniversario dell’indipendenza del Paese, ma sono state procrastinate “sine die”.

Lunedì 13 febbraio, la portavoce del Consiglio presidenziale della Libia, Najwa Wahiba, aveva detto che vi è la possibilità di tenere le elezioni in Libia “entro il prossimo mese di aprile”, a patto che gli organi politici si accordino sul percorso costituzionale da seguire. “La comunità internazionale è unita sulla necessità di tenere le elezioni e all’interno del Paese c’è la volontà di tenere”, aveva spiegato la portavoce dell’istituzione libica formata da un presidente, Mohamed Menfi, e due vice, Moussa al Kuni e Abdullah Lafi, originari rispettivamente delle tre regioni storiche del Paese ovvero Cirenaica (est), Fezzan (Sud) e Tripolitania (ovest).

La controversia nel percorso costituzionale per andare alle elezioni in Libia riguarda soprattutto la questione della doppia cittadinanza del futuro presidente: l’Alto Consiglio di Stato di Tripoli, una sorta di Camera alta della Libia, è fermamente contrario al doppio passaporto, mentre la Camera dei rappresentanti è favorevole. Un altro nodo riguarda gli incarichi militari: per il “Senato” i potenziali candidati non dovrebbero provenire dalle Forze armate, mentre per il Parlamento dell’est del Paese, regione dominata dal generale libico Khalifa Haftar, la questione non sarebbe un problema. Non ci sarebbe accordo nemmeno sulla divisione dei poteri tra il premier e il presidente, così come sull’imposizione della Shari’a, la legge islamica.

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