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L’India si prepara alla prima condanna a morte di una donna

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Il carcere distrettuale di Mathura, nello Stato dell’India, Uttar Pradesh, ha avviato i preparativi per l’esecuzione della pena di morte di una detenuta, Shabnam Ali, condannata per omicidio plurimo nel 2010. Lo riferisce il quotidiano “The Times of India”. Quella in preparazione è la prima esecuzione di una donna da quando il Paese ha ottenuto l’indipendenza, nel 1947. Nello stesso Stato un’altra donna fu condannata alla pena capitale nel 1998 ma la sentenza fu commutata in ergastolo dopo che la condannata partorì in carcere.


India, la condanna di Ali

Ali è stata giudicata colpevole dal Tribunale di Amroha di aver ucciso nella notte tra il 14 e il 15 aprile 2008 sette membri della sua famiglia: madre, padre, due fratelli, una cognata, un cugino e un nipote di dieci mesi. Alle vittime fu tagliata la gola dopo che erano state sedate con del latte. Insieme a lei è stato condannato il giovane, Salleem, di cui era incinta e che intendeva sposare, nozze alle quali la famiglia era contraria. All’epoca dei fatti Ali aveva 25 anni e lavorava come insegnante. La famiglia si era opposta al matrimonio con Salleem, a causa del diverso livello di istruzione tra i due, dato che lei era laureata in inglese e geografia mentre lui non aveva completato la scuola media e lavorava a giornata. Il figlio della coppia è stato cresciuto ma non adottato legalmente dal giornalista Usman Saifi e dalla moglie Vandana, a Bulandshahr. Saifi aveva frequentato lo stesso college di Ali, che lo aveva aiutato in un momento di difficoltà economica.

La sentenza di primo grado è stata negli anni successivi confermata dall’Alta corte di Allahabad e dalla Corte suprema. A gennaio la massima autorità giudiziaria ha respinto l’istanza di appello. La donna si è rivolta senza successo anche al presidente della Repubblica. Tuttavia, non sono ancora state esaurite tutte le vie legali a disposizione e non è ancora stato emesso l’ordine di esecuzione della condanna. Il sovrintendente del carcere di Mathura, Shailendra Maitrey, ha riferito al giornale di aver ricevuto la richiesta di avviare i preparativi dal carcere di Rampur, dove è reclusa la detenuta. È previsto che l’esecuzione avvenga per impiccagione e sul posto si è recato per un’ispezione il boia Pawan Jallad, quello che il 20 marzo 2020 impiccò i quattro condannati a morte per lo stupro di gruppo e l’omicidio della giovane Jyoti Singh, nota come Nirbhaya, avvenuto a Nuova Delhi nel dicembre del 2012.

Quella è stata l’ultima esecuzione in India e ha portato a cinque il numero di quelle avvenute sotto il governo dell’Alleanza democratica nazionale (Nda) guidata dal Partito del popolo indiano (Bjp) di Narendra Modi: quattro sotto l’attuale presidente della Repubblica, Ram Nath Kovind, in carica dal 2017, e una sotto il suo predecessore, Pranab Mukherjee, del Congresso nazionale indiano (Inc). La precedente esecuzione, nel 2015, riguardò Yakub Memon, condannato per gli attentati di Mumbai del 1993. Sempre per terrorismo erano stati condannati i due giustiziati nel 2012 e nel 2013, Ajmal Kasab e Afzal Guru rispettivamente. Nel 2004, invece, era salito sul patibolo Dhananjoy Chatterjee, per lo stupro e l’omicidio di una quattordicenne. Secondo dati del National Crime Records Bureau (Ncrb), l’agenzia governativa indiana responsabile delle statistiche giudiziarie, e dell’Asian Centre for Human Rights (Achr), un’organizzazione per i diritti umani, dal 1991 le esecuzioni sono state 22.

Il voto del 2007

Nel 2007 l’India ha votato contro la moratoria universale della pena di morte ratificata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite e nel 2012 contro il progetto di risoluzione della stessa Assemblea volto a porre fine all’istituzione della pena capitale a livello globale. Nel 2015, la Commissione legale dell’India ha presentato al governo un rapporto che raccomandava l’abolizione della pena capitale per tutti i reati, ad eccezione dei crimini di guerra o di quelli connessi al terrorismo. Il governo del Bjp nel 2019 ha ampliato le fattispecie di reato punibili con la morte, modificando per decreto la legge Protection of Children from Sexual Offences Act (Pocso) e introducendo la pena capitale per i colpevoli di stupro di minori di dodici anni. Il codice penale prevedeva già tale pena per lo stupro di gruppo. Inoltre, l’anno scorso il governo si è rivolto alla Corte suprema per chiedere l’introduzione di una scadenza di sette giorni per le domande di grazia dei condannati a morte e di un limite temporale anche per le istanze di ultimo grado (“curative petition”).

Per quanto riguarda le altre forze politiche, dichiarazioni contro la pena di morte sono state pronunciate solo a titolo personale da alcuni esponenti del Partito comunista marxista (Cpim) e del Dravida Munnetra Kazhagam (Dmk), partito dravidico socialdemocratico attivo soprattutto nello Stato del Tamil Nadu e nel Territorio di Pondicherry. Sempre a titolo personale, Pradeep Tamta, membro del Congresso nazionale indiano (Inc) al Consiglio degli Stati, ha presentato lo nel luglio del 2019 un disegno di legge per l’abolizione della pena di morte, che non ha avuto seguito. Il sottosegretario all’Interno Gangapuram Kishan Reddy, intervenendo in quel dibattito parlamentare, dichiarò che l’esecutivo stava valutando la questione, ma che il 90 per cento degli Stati è favorevole a mantenere la legislazione in vigore in materia.

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