Limbiate, città di 35mila abitanti della provincia di Monza e Brianza si è stretta oggi intorno alla moglie di Luca Attanasio, l’ambasciatore italiano ucciso lunedì in Congo insieme al carabiniere Vittorio Iacovacci e all’autista Mustapha Milambo.
Dopo i funerali di stato a Roma oggi è stata la volta dei funerali privati nella cittadina dove l’ambasciatore Attanasio viveva con la moglie e le tre figlie e dove sarà sepolto dopo la cerimonia, celebrata dall’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini che si è tenuta nel centro sportivo cittadino dove la bara è arrivata coperta dal tricolore. Alle esequie vicini alla moglie Zakia Seddiki, il sindaco di Limbiate Antonio Romeo insieme a una delegazione dei sindaci del territorio, il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana insieme all’assessore all’innovazione Fabrizio Sala e al sottosegretario Alan Rizzi. Per il consiglio regionale è invece presente il presidente Alessandro Fermi e il consigliere del Pd Fabio Pizzul. All’arrivo del feretro è scattato un lungo applauso da parte dei concittadini che lo hanno atteso fuori dalla struttura.
“Vengo da una terra in cui la vita non conta niente, vengo da una terra dove si muore e non importa a nessuno, dove si uccide e non importa a nessuno, dove si fa il bene e non importa a nessuno, dove si può far soffrire senza motivo e senza chiedere scusa”. Sono le parole di un immaginario dialogo tra Gesù e l’ambasciatore riportate nella sua omelia dall’arcivescovo di Milano. Nella sua meditazione su una delle più celebri pagine del Vangelo di Matteo (capitolo 25, versetti 31-46), Delpini ha proseguito immaginando che “il Signore risponderà: ‘Non dire così, Luca, fratello mio. Io scrivo sul libro della vita il tuo nome come il nome di un fratello che amo, di un fratello che mi è caro. Io ti benedico per ogni bicchiere d’acqua, per ogni pane condiviso, per l’ospitalità che hai offerto’ “. “Sono ferito – ha ripreso Delpini pensando poi alle parole dell’ambasciatore Attanasio – perché così gli uomini trattano coloro che li amano e li servono: gli rendono male per bene e odio in cambio di amore. Sono ferito perché ci sono Paesi dove la speranza è proibita, dove l’impresa di aggiustare il mondo è dichiarata fallita, dove la gente che conta continua a combinare i suoi affari e la gente che non conta continua a essere ferita e a ferire. i malvagi sono sempre al sicuro, ammassano ricchezze, contro il giusto tramano insidie e non c’è chi faccia giustizia”.
“Troppo breve è stata la tua vita – ha proseguito l’Arcivescovo-. Eppure dall’alto della croce si può gridare: “È compiuto”, come nel momento estremo si può offrire il dono più prezioso, senza che il tempo lo consumi”. E concludendo l’immaginario dialogo, l’Arcivescovo ha detto: “Luca risponderà: ‘Piango perché piangono le persone che amo; piango perché restano giovani vite che hanno bisogno di abbracci e di baci, di coccole e di parole vere e forti e non sarò là per asciugare le loro lacrime e condividere le loro gioie’. E il Signore dirà: ‘Non dire così, Luca, fratello mio. Io manderò lo Spirito Consolatore, Spirito di sapienza e di fortezza, Spirito di verità e di amore e si stringeranno in vincoli d’affetto invincibile coloro che ti sono cari e nessuno sarà abbandonato e io stesso tergerò ogni lacrima dai loro occhi. La tua partenza non diventerà una assenza, la tua presenza nella gioia del Padre non sarà una distanza. Non piangere più, Luca, fratello mio”.
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