Le accuse di corruzione in Libia nei confronti del premier designato del nuovo Governo di unità nazionale, Abdelhamid Dabaiba, e il ritardo nella pubblicazione della lista dei ministri da sottoporre al voto di fiducia del parlamento rischiano di far naufragare il processo di riconciliazione tra est e ovest portato avanti delle Nazioni Unite. Il capo del Consiglio presidenziale e premier del Governo di accordo nazionale libico (Gna), Fayez al Sarraj, ancora in sella nonostante le notizie sul suo stato di salute e i suoi misteriosi viaggi a Roma, ha ordinato ai suoi ministri di non comunicare né collaborare in alcun modo con gli esponenti della nuova autorità esecutiva eletta dal Foro di dialogo politico libico (Lpdf) di Ginevra lo scorso 5 febbraio. “E’ vietato comunicare con i leader politici che sono emersi dal processo di dialogo prima che ottengano la loro legittimità a lavorare”, si legge in un decreto, il numero 2 del 2021, che “Agenzia Nova” ha potuto visionare. Il Gna ribadisce comunque “il pieno rispetto per i risultati del processo politico esistente per il trasferimento e il consolidamento del potere”. Il decreto è rivolto a tutti i ministri, gli organi amministrativi e le società pubbliche ai quali si chiede di “non comunicare e tenere alcun incontro con i nuovi leader politici emersi dal dialogo politico”, riferendosi al presidente e primo ministro designati, rispettivamente Mohammed Menfi e Dabaiba, fino a quando questi ultimi non otterranno la fiducia della Camera dei rappresentanti, il parlamento libico eletto nel 2014.
Nel decreto, Sarraj giustifica la sua decisione con la necessità di mantenere la regolarità del flusso di lavoro nelle agenzie pubbliche a vari livelli e di impedire alle istituzioni di essere influenzate dal processo politico esistente. Questo decreto arriva peraltro in risposta alle riunioni pubbliche tenute dai membri della nuova autorità esecutiva in Libia con gli attuali funzionari del Governo di accordo nazionale e leader militari ad esso affiliati. Il primo ministro designato Dabaiba ha tenuto infatti nei giorni scorsi un incontro con il presidente della Consiglio di amministrazione della General Electricity Company, Wiam al Abdali, per discutere del problema delle ripetute interruzioni di corrente nel Paese. Egli si sta inoltre coordinando con il ministro delle Finanze, Faraj al Matari, per quanto riguarda il consolidamento del bilancio, mentre il nuovo presidente designato Menfi ha incontrato i comandanti delle regioni militari e membri del comitato militare congiunto 5 + 5 fedeli al Gna.
La decisione di Sarraj segue le mosse di un altro protagonista della scena politica libica, il presidente della Camera dei rappresentanti di Tobruk (il parlamento monocamerale libico eletto nel 2014), Aguila Saleh. In un’intervista concessa al quotidiano britannico “The Times”, Saleh – il grande sconfitto insieme al ministro dell’Interno del Gna, Fathi Bashagha, dalle votazioni di Ginevra – Saleh ha affermato che fosse provata la compravendita di voti al Foro di dialogo politico, “questo sarebbe un crimine che non potrebbe essere ignorato”. Non solo. Il presidente del parlamento ha accennato alla possibilità di posticipare il voto di fiducia previsto il prossimo 8 marzo a Sirte, città “neutrale” (ma sotto il controllo del generale della Cirenaica) a metà strada fra Tripoli e Bengasi. Penso che sia appropriato posticipare la seduta del parlamento per il voto di fiducia al governo fino a quando il rapporto non sarà pubblicato e di pubblico dominio: se davvero che ci sono casi di tangenti, allora coloro che li hanno commessi dovrebbero essere esclusi”, ha detto Saleh, la cui presidenza dalla Camera è sempre più bilico dal momento che secondo gli accordi dell’Lpdf la guida del parlamento spetterebbe alla regione meridionale del Fezzan.
Il presidente della Camera dei rappresentanti libica terrà proprio oggi una visita nella capitale egiziana, il Cairo, per discutere appunto della concessione della fiducia al governo Dabaiba. Una fonte di Tobruk ha dichiarato che Saleh incontrerà il presidente egiziano Abdel Fatah al Sisi e il ministro degli Esteri egiziano, Sameh Shoukry. Vale la pena ricordare che lo scorso 25 febbraio (un giorno prima della scadenza fissata dal processo politico a guida Onu) il premier designato Dabaiba ha consegnato a Saleh soltanto un organigramma con la struttura del nuovo Governo di unità nazionale e la distribuzione dei vari incarichi fra le tre regioni del Paese (Tripolitania, Fezzan e Cirenaica), senza i nomi dei ministri e dei sottosegretari. Il ritardo nella consegna dei nomi è dovuto ad una serrata trattativa sui dicasteri chiave, in particolare Difesa e Interno, contesi fra Tripolitania e Cirenaica. Intanto il capo del governo “ad interim” dell’est della Libia non riconosciuto dalla Comunità internazionale, Abdullah al Thinni, si è detto “pronto a cedere quanto prima i propri poteri”, ovviamente dopo il voto di fiducia del parlamento. Il percorso politico fortemente voluto dall’ex inviata dell’Onu, Stephanie Wiliams, rischia dunque di portare la Libia nella paradossale posizione di avere tre governi rivali (due a Tripoli, uno a Tobruk), nessuno dei quali realmente funzionante.
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