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Libia, il ministro del Petrolio: “Con l’Italia in corso colloqui su transizione energetica”

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Libia e Italia stanno portando avanti colloqui sulla transizione energetica e ci “saranno discussioni con la parte italiana per integrare quanto affrontato durante la visita di una delegazione libica a Roma il 31 maggio 2021”. È quanto dichiara ad “Agenzia Nova” il ministro del Petrolio del governo di unità nazionale libico, Mohamed Ahmed Mohamed Aoun. Noto negli ambienti imprenditoriali italiani per essere stato presidente del consiglio di amministrazione di Mellitah Oil and Gas Company (società operativa compartecipata da Eni e Noc) dal 2008 al 2011, Aoun presiede un dicastero di nuova creazione che secondo diversi analisti ha in parte messo in ombra lo storico ruolo della National Oil Corporation (Noc) guidata da Mustafa Sanallah, un tecnico originario della Cirenaica ma considerato super partes. Scelto in rappresentanza delle istanze della Tripolitania, Aoun è membro del consiglio di amministrazione del Forum dei Paesi esportatori di gas (Gecf), e ha servito in qualità di rappresentante della Libia presso l’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio (Opec) nel 2015.


“Abbiamo discusso con l’Italia del passaggio della Libia da fonti fossili a energie più pulite”, sottolinea il ministro del Petrolio libico, “tuttavia – aggiunge – vi è un rallentamento nel coordinamento e ci saranno discussioni con la parte italiana per integrare quanto affrontato durante la visita della delegazione libica in Italia il 3 maggio 2021”. Nell’intervista rilasciata ad “Agenzia Nova”, il ministro sottolinea l’importante ruolo della compagnia italiana Eni non solo nello sviluppo del settore energetico del Paese, ma anche per quanto riguarda i programmi di sviluppo sostenibile. “Eni è una delle aziende importanti che hanno continuato a lavorare nel Paese in questi anni”, osserva Aoun, che cita anche il contributo dell’azienda italiana “a programmi di sviluppo sostenibile” nel Paese, tra cui specifici programmi di istruzione e formazione tecnica. Presente in Libia dal 1959, Eni è tra le poche grandi aziende rimaste attive durante il periodo di instabilità e conflitto che dal 2014 ha interessato il Paese. La compagnia è attiva sia nel comparto esplorativo che produttivo con attività onshore (giacimenti di Bu-Attifel, El Feel e Wafa) e offshore (con i giacimenti di Bouri e Bahr Essalam). Nel corso del 2018 le attività di sviluppo sono state relative all’avvio della produzione del progetto offshore Bahr Essalam fase 2, con l’avvio di dieci nuovi pozzi offshore e il completamento dell’upgrade del trattamento del gas a Mellitah e Sabratha, che ha aumentato la capacità di trattamento a 1.100 milioni di piedi cubi al giorno.

Nell’intervista, il ministro del Petrolio libico si è detto fiducioso riguardo a un aumento della produzione di petrolio a 1,6 milioni di barili al giorno: “Se vi saranno i finanziamenti necessari, la quota di 1,6 milioni di barili al giorno potrà essere raggiunta entro la metà del 2022”. In merito ad una eventuale esenzione delle quote di tagli nell’ambito dell’accordo Opec+, Aoun precisa che verranno avviate discussioni in merito “visto che la Libia è ancora in difficoltà”. Il settore petrolifero libico ha subito una fortissima contrazione negli ultimi anni. Il culmine della crisi è avvenuto a partire dal 18 gennaio 2020 – alla vigilia della Conferenza internazionale di Berlino sulla Libia – quando le forze del generale Khalifa Haftar, comandante dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna), hanno imposto un blocco sui principali terminal petroliferi del Paese. Il blocco, condotto a fasi alterne, è durato di fatto fino al settembre 2020, portando la produzione da 1,2 milioni di barili al giorno a gennaio 2020 a meno di 100 mila barili a giugno dello stesso anno. Attualmente la produzione si aggira intorno a 1,25 milioni di barili al giorno.

In merito al finanziamento dei programmi del ministero del Petrolio per lo sviluppo del settore energetico, Aoun ricorda che ad oggi il governo ha erogato con fondi in emergenza 1,48 miliardi di dinari libici (circa 280 milioni di euro) alla National Oil Corporation (Noc), in attesa dell’approvazione del budget per il 2021 che prevede una spesa totale per il Paese di circa 100 miliardi di dinari (circa 18,5 miliardi di euro), su cui però parlamento ed esecutivo non riescono a trovare ancora un’intesa. Il ministro Aoun si è espresso anche in merito alla delicata questione della distribuzione dei proventi del petrolio, principale fonte di reddito per il Paese, tra le tre regioni – Tripolitania, Cirenaica e Fezzan – commentando la proposta di un approccio federale simile a quello in vigore in Iraq sollevata da diversi politici ed esperti. “La ricchezza petrolifera appartiene a tutti i libici e presumiamo che ci sarà un’attenzione per tutte le parti del Paese e una gestione razionale delle capacità in modo che non ci siano ingiustizie. Il problema, a mio avviso, è ottenere giustizia. Se si fanno statistiche accurate, non c’è ingiustizia nella distribuzione dei proventi del petrolio, ma nella loro gestione”, afferma il ministro Aoun.

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