Il Consiglio di presidenza della Libia annuncerà domani, 23 giugno, la sua “visione strategica del progetto di riconciliazione nazionale” nel corso di una cerimonia ufficiale nella capitale libica, Tripoli. Secondo quanto appreso da “Agenzia Nova”, alla cerimonia parteciperanno alcuni membri della Camera dei rappresentanti e dell’Alto Consiglio di Stato, oltre a rappresentanti di organizzazioni internazionali, africane e arabe. La cerimonia sarà seguita da una conferenza stampa del vicepresidente e rappresentante della Tripolitania, Abdullah al Lafi. Il Consiglio di presidenza ha lavorato per mesi a questo progetto formando un’apposita “Alta Commissione di Riconciliazione”. Si tratta di un dossier ritenuto molto importante per il Paese membro del cartello petrolifero Opec, reduce dalla rivoluzione del 2011 e due guerre civili nel 2014 e nel 2019-2020. La Libia – attualmente divisa tra due amministrazioni politiche rivali, una con sede a Tripoli e l’altra basata a Sirte – ha già assistito a iniziative simili, ma non è mai stata in grado di attuare una vera riconciliazione globale fra tutte le città libiche.
L’iniziativa del Consiglio presidenziale giunge dopo la scadenza di 18 mesi della roadmap del Foro di dialogo politico libico (Ldpf). Dal canto suo, il primo ministro nominato dal parlamento basato nell’est del Paese, Fathi Bashagha, ha dichiarato “decaduto” il Governo di unità nazionale (Gun) del premier ad interim, Abdulhamid Dabaiba. “Non c’è più alcuna legittimità costituzionale per coloro che oggi occupano la sede del governo libico nella capitale, Tripoli”, ha detto l’ex ministro dell’Interno di Misurata, in riferimento al governo Dabaiba. “L’autorità deve essere legale e costituzionale, non imponendo la forza e il fatto compiuto. Abbiamo rispettato l’Accordo di Ginevra e ne abbiamo accettato i risultati, che sono scaduti il 21 giugno”, ha aggiunto Bashagha.
Nel febbraio del 2021, i 74 membri dell’Lpdf riuniti a Ginevra con il patrocinio delle Nazioni Unite avevano eletto Mohamed Menfi e Abdulhamid Dabaiba alla guida, rispettivamente, del Consiglio Presidenziale e del nuovo esecutivo di unità nazionale. Le due istituzioni erano state incaricate di traghettare il Paese verso le elezioni parlamentari e presidenziali fissate per il 24 dicembre dell’anno scorso. L’articolo 3 comma 2 della cosiddetta tabella di marcia “Per la fase preparatoria di una soluzione globale”, approvata a Tunisi nel novembre 2020, prevede che la road map si concluda “entro un massimo di diciotto (18) mesi a condizione che si tengano le elezioni presidenziali e parlamentari – secondo la base costituzionale – il 24 dicembre 2021”. Ma le consultazioni – alle quali si erano candidati anche Saif al Islam Gheddafi, il figlio del defunto rais, il generale Khalifa Haftar e lo stesso Dabaiba – non si sono mai tenute a causa delle dispute politiche e delle divergenze sulle leggi elettorali. Legalmente, dunque, il “conto alla rovescia” della road map non è mai partito, ma la questione politica resta. Il premier del Gun si rifiuta di consegnare il potere a un altro governo che sarebbe di transizione, mentre Bashagha rivendica di essere lui il primo ministro legittimo della Libia.
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