Dopo circa tre settimane di blocco, sembra essere stato raggiunto un accordo per la ripresa dell’operatività nei giacimenti di petrolio libici di Wafa, El Feel, Sharara e Hamada, chiusi dalla fine del mese di dicembre 2021. Il primo ministro del Governo di unità nazionale, Abdulhamid Dabaiba, ha emanato, infatti, direttive per l’apertura immediata dei giacimenti di petrolio di Wafa, El Feel, Sharara e Hamada, dopo aver ascoltato le richieste delle Guardie delle strutture petrolifere (Pfg), le milizie armate attive nell’ovest del Paese e responsabili della chiusura dei giacimenti nelle scorse settimane. Nei giorni scorsi, a causa del blocco, la produzione petrolifera della Libia era scesa sotto gli 800 milia barili al giorno. Sebbene nel momento in cui scriviamo non vi sia la conferma della ripresa dell’operatività dei giacimenti da parte della National Oil Corporation (Noc), l’intesa raggiunta tra Dabaiba e le Pfg si inserisce in uno scenario politico caratterizzato dal limbo post rinvio delle elezioni presidenziali, previste il 24 dicembre scorso, e dagli scontri di potere tra i diversi attori. “Agenzia Nova” ne ha parlato con alcuni analisti, i quali hanno sottolineato “il punto a favore” aggiudicatosi da Dabaiba.
Il responsabile del desk Mena presso il Centro Studi Internazionali (CeSI) di Roma, Giuseppe Dentice, ha dichiarato ad “Agenzia Nova” che l’apertura dei giacimenti concordata dalla milizia armata Pfg, che si occupa del controllo dei pozzi petroliferi e dal premier ancora in carica, Abdulhamid Dabaiba, “in teoria potrebbe dare” a quest’ultimo “delle opportunità per alzare la posta in termini di contrattazioni nazionali”. Dopo il rinvio delle elezioni, previste per il 24 dicembre scorso, “da qualche giorno si parla di tornare al voto il 24 gennaio. Circostanza inverosimile”, ha chiarito l’esperto. In generale, “l’accordo può dare delle opportunità a Dabaiba in chiave nazionale per rilanciarsi come leader e per far avvalorare l’ipotesi di restare al potere come trainer del governo di unità nazionale, quindi avere nuove frecce al proprio arco per restare dov’è”, secondo Dentice. Per l’esperto “è’ una misura che serve a prendere tempo, a guadagnare un minimo di legittimità nei confronti delle varie milizie” da parte di Dabaiba, il cui mandato in teoria avrebbe dovuto concludersi con il voto di dicembre.
Nello scenario libico, contraddistinto da una pletora di attori, provenienti sia dalla Tripolitania che dalla Cirenaica, che aspirano ad avere la fetta più ampia di potere, non è escluso che vi sia una contromossa da parte di altri soggetti in lizza, tra cui il comandante dell’autoproclamato esercito nazionale libico (Lna), generale Khalifa Haftar. Secondo l’analista del Cesi Dentice, potremmo aspettarci una “mossa da parte delle autorità della Cirenaica di far deragliare l’accordo, puntando ad alzare la quota, oppure promettendo future quote di potere alle Guardie petrolifere, in cambio del deragliamento dell’accordo”. L’esperto non ha escluso che ci sia una contromossa da parte di Haftar o da milizie affiliate all’Lna. Al livello generale, ha proseguito Dentice, “nell’ambito del contesto che vive il Paese, tutti alzano la posta in palio e chiedono la propria fedeltà in cambio di qualcosa”. Questo modus operandi, ha precisato l’esperto, “ci ricordano come il contesto sia mercantilista, per certi versi, e ognuno abbia l’opportunità di influenzare il processo”. In definitiva, secondo Dentice si tratta di un “accordo importante, ma non è detto che possa portare a una svolta”.
L’associate Fellow presso l’International Institute for Strategic Studies (Iiss) e Maghreb Analyst presso il Nato Defense College Foundation (Ndcf), Umberto Profazio, ha spiegato ad “Agenzia Nova” che “la riapertura di Sharara e possibilmente degli altri pozzi petroliferi bloccati dal mese scorso deve essere strettamente associata al processo elettorale, ora in fase di stallo”. “È, infatti, evidente come, una volta diminuite le tensioni politiche relative alle presidenziali, si stia tornando a una situazione apparentemente più normale”, ha aggiunto l’esperto. Profazio ha proseguito: “Nonostante vi siano degli elementi puramente locali nelle trattative tra le Pfg del sud ovest e Dabaiba, la correlazione tra la chiusura dei pozzi e le elezioni era comunque abbastanza evidente”. Nel quadro dei “segnali incoraggianti”, l’esperto ha citato anche il passo in avanti verso l’unificazione delle istituzioni militari in Libia contraddistinto dall’incontro lo scorso 8 gennaio a Sirte tra il capo di Stato maggiore del Governo di unità nazionale di Tripoli (ovest), generale Mohamed al Haddad, e il comandante in capo dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna) basato a Bengasi (est), generale Abdel Razek al Nador. “Le sfide sono ancora tante, ma credo che questi siano segnali ampiamente incoraggianti – ha spiegato -. Il dialogo può ripartire, a patto che l’attenzione non si concentri su soluzioni semplicistiche, come elezioni presidenziali ampiamente divisive, ma sulle sfide strutturali che attendono la Libia da ormai troppo tempo”.
L’analista dell’Iiss ha ribadito che “i rischi in Libia sono sempre dietro l’angolo e la situazione può precipitare nuovamente di mano in un ambiente così volubile”. Tuttavia, “se si prendono in considerazione la riapertura di Sharara, e i colloqui tra Haddad e Nador, oltre alle trattative tra Camera dei rappresentanti – il parlamento con sede a Tripoli – e l’Alto consiglio di Stato – il Senato libico – per far ripartire il dialogo con un occhio di riguardo verso la creazione di un quadro o di una base costituzionale condivisa, credo che lo spazio di manovra per eventuali colpi di mano si restringe sempre di più”, ha spiegato Profazio. Lo scenario indicato dall’esperto è contraddistinto dall’ipotesi che “il rinvio delle elezioni possa essere stato benefico per la transizione e possa consentire di concentrare gli sforzi sui nodi più importanti: la riunificazione dell’esercito, con annessa risoluzione dell’annoso problema delle milizie tramite una riforma del settore della sicurezza, e la distribuzione dei proventi petroliferi in modo equo, problemi che possono trovare una soluzione solo con l’approvazione di una carta fondamentale da parte del popolo libico”.
Il senior fellow presso l’organizzazione con sede a Ginevra Global Initiative, Jalel Harchaoui, ha spiegato ad “Agenzia Nova” che l’accordo tra Dabaiba e le Guardie petrolifere per il ripristino della produzione fa parte di una “triangolazione” per la gestione della National Oil Company (Noc). Attraverso l’intesa annunciata nelle scorse ore, Dabaiba “ha proiettato ancora una volta l’immagine di un capo di governo saggio e neutrale, felice di mediare tra le parti”. Il primo ministro libico “si è seduto con i manifestanti (le Guardie petrolifere, ndr.) a Tripoli e, dopo oltre 250 milioni di dollari di perdite, Dabaiba ha rassicurato i manifestanti in merito ai loro stipendi e ad altre lamentele socioeconomiche”, ha affermato Harchaoui. La mossa di Dabaiba, secondo l’esperto, si affianca alla “debolezza” di Mustafa Sanallah, il presidente della Noc, e alla possibile uscita di scena del ministro del Petrolio, Muhammad Aoun, che sta cercando da tempo e senza successo di sostituire proprio il numero uno della Noc. Pertanto, ha concluso Harchaoui, vi è un “triangolo disfunzionale che oggi gestisce la Noc” e che “probabilmente resterà per diversi mesi”.
Le tensioni che il 20 dicembre scorso hanno portato alla chiusura dei giacimenti da parte delle Pfg erano state organizzata per chiedere l’erogazione di un bonus e i numeri di matricola militare. I numeri di matricola militare in Libia conferiscono una “identità speciale” a chiunque lavori legalmente nelle istituzioni militari libiche. Vale la pena ricordare che le Pfg sono tecnicamente un’istituzione militare affiliata al ministero della Difesa del Governo di unità nazionale (Gun), unico dicastero dell’esecutivo di Tripoli ad essere senza ministro (l’interim, infatti, l’ha sempre mantenuto il premier Abdulhamid Dabaiba). Le Guardie petrolifere chiedono l’assegnazione di matricole militari per ricevere stipendi, bonus, previdenza e tutta una serie di diritti legali. D’altra parte, il dicastero centrale è in grado di risalire, tramite tale codice di identificazione, a tutte le informazioni dei beneficiari. In passato, molti militari dell’est – ma anche del sud della Libia – non hanno ricevuto gli stipendi perché sprovvisti di tale numero. Il ministero, da parte sua, si rifiuta di fornire il codice di identificazione senza ottenere i dati completi dei richiedenti: molti ufficiali della Cirenaica si rifiutano infatti di fornire dettagli personali – come banalmente il luogo di residenza – per paura di ritorsioni.
La produzione petrolifera della Libia era scesa nei giorni scorsi sotto gli 800 mila barili al giorno, a causa dei lavori di manutenzione nell’est del Paese, oltre alla chiusura dei sopracitati quattro giacimenti petroliferi nell’ovest. La produzione era tornata la scorsa settimana a circa 920-980 mila barili al giorno dopo che le squadre tecniche della Waha Oil Company hanno completato – prima del previsto – le operazioni di manutenzione della principale linea di trasmissione petrolifera da 32 pollici che collega i giacimenti orientali di Al Samah e Al-Dhahr al porto di Sidra. La chiusura forzata di quattro giacimenti di idrocarburi (Wafa, El Feel, Sharara e Hamada) e di due raffinerie (Zuara e Mellitah) nell’ovest e nel sudovest del Paese aveva invece portato a uno stop di circa 300 mila barili di petrolio al giorno. Prima delle proteste, la produzione libica era di circa 1,2 milioni di barili di petrolio al giorno.
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