I libanesi si sono svegliati oggi con due fusi orari, a causa della controversa decisione del governo di posticipare l’entrata in vigore dell’ora legale, prevista la notte scorsa, per non prolungare di un’ora il digiuno dei musulmani che osservano il Ramadan.
La decisione dell’ultimo minuto del governo libanese guidato dal premier ad interim, Najib Miqati, di ritardare l’inizio dell’ora legale di un mese fino alla fine del mese sacro musulmano del Ramadan, tra il 20 e il 21 aprile, ha provocato una confusione di massa oggi. Alcune istituzioni hanno recepito le modifiche, mentre altre no. Dopo l’annuncio del rinvio dell’ora legale, la compagnia aerea statale libanese, Middle East Airlines, ha dichiarato che gli orari di partenza di tutti i voli programmati in partenza dall’aeroporto di Beirut tra domenica e il 21 aprile saranno anticipati di un’ora. Non è stato fornito alcun motivo per la decisione, ma il video di un incontro tra Miqati (musulmano sunnita) e il presidente del parlamento, Nabih Berri (musulmano sciita), circolato sui media locali mostrava quest’ultimo che chiedeva al primo ministro di posticipare l’introduzione dell’ora legale per consentire ai musulmani di interrompere il digiuno del Ramadan un’ora prima.
Normalmente, in Libano, come in altri Paesi europei, il passaggio all’ora legale avviene l’ultima domenica del mese di marzo. La mossa non è piaciuta alla componente cristiana della società libanese, compresa la chiesa cristiano-maronita, che ha tenuto conto del consueto passaggio all’ora legale per celebrare la messa della domenica.
Insomma, nel piccolo Stato del Medio Oriente di circa 10.400 chilometri quadrati, poco più grande della regione delle Marche, le diverse anime che lo compongono non trovano un’intesa neanche sul passaggio all’ora legale. La disputa sul cambio dell’ora, infatti, è soltanto l’ultima di una serie. Dopo le elezioni legislative del 15 maggio 2022, non è entrato in carica un governo nel pieno delle sue funzioni.
Inoltre, dopo la fine del mandato del presidente della Repubblica, Michel Aoun, lo scorso 31 ottobre, il parlamento in oltre dieci sessioni non è riuscito a trovare un’intesa sul suo successore. Lo scontro tra i diversi partiti politici ha portato a uno stallo istituzionale che sta prolungando l’agonia del Paese. In Libano, infatti, dal 2019 è in atto una crisi economica e sociale senza precedenti che richiederebbe una serie di riforme strutturali, necessarie per ottenere lo sblocco di fondi e prestiti promessi dalle istituzioni internazionali.
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