La corsa alla segreteria del Pd, tra socialdemocrazia e movimentismo

Il punto del direttore Riccardo Bormioli

schlein bonaccini

Un partito a vocazione maggioritaria che stia nel solco delle moderne socialdemocrazie o un partito dei diritti e delle libertà individuali? L’ideologismo che distingue Stefano Bonaccini ed Elly Schlein sta tutto qui. Solo il dibattito congressuale scioglierà questo nodo, quando cioè all’ideologismo si dovranno sostituire i programmi concreti e si capirà, soprattutto, quale idea di paese hanno in testa i due più accreditati contendenti alla segreteria del Partito democratico.

Per ora siamo ancora al confronto fra due visioni del mondo che rappresentano altrettante filosofie politiche. Il dibattito “politico”, per ora, è però dominato da schermaglie e polemiche: da quella sul voto online a quella sul rientro nel partito dei fuoriusciti di Articolo 1, dei vari Pierluigi Bersani e Massimo D’Alema. Senza dimenticare il peso che avranno quelli che potremmo definire i latifondisti delle tessere, i vari Dario Franceschini e Andrea Orlando, che hanno condizionato negli ultimi anni le scelte, molto spesso sbagliate e pagate a caro prezzo del partito. Che partito sarà il nuovo Pd, significa dire anche che idea di paese ha e avrà il nuovo segretario, quale Italia si candida a governare, che riferimenti internazionali vorrà coltivare e quale sarà la sua collocazione geopolitica. Domande non da poco, le cui risposte possiamo intuire ma non conosciamo ancora in tutte le loro sfumature. Così come dal partito a vocazione maggioritaria di Bonaccini e da quello “liquido” della Schlein discendono, per forza di cose, l’idea delle future alleanze e la definizione dei serbatoi elettorali e sociali che si vorrà costruire, o ricostruire.

Basta leggere tra le righe delle affermazioni fin qui fatte dai due più accreditati candidati per intuire che la collocazione socialdemocratica rivendicata da Bonaccini porta il futuro Pd, se sarà lui a guidarlo, a svuotare il Movimento 5 stelle e a stabilire un dialogo con il Terzo polo che sta facendo incetta del voto moderato. L’insistenza con cui Bonaccini parla di lavoro, di produzione e di rilancio dell’industria italiana indica quale sarà, con ogni probabilità, il terreno sul quale si giocherà anche la sfida con l’M5s, che per ora continua a sottrarre voti di sinistra al Pd. Recuperare quei consensi significherebbe anche e soprattutto individuare e dare sostanza programmatica ai nuovi riferimenti sociali di una sinistra moderna.

Per la Schlein la partita si gioca, invece, sul terreno dei diritti e delle libertà personali, e sulla soddisfazione da dare a quell’elettorato che ha fatto della rabbia il tratto distintivo di cosa è diventata la politica. Sono gli esclusi e gli espulsi i riferimenti della principale rivale di Bonaccini, in un miscuglio d’ideologismo e di movimentismo più vicino ai 5 stelle che non al Terzo polo. Sono questi i temi in gioco nel congresso del Pd, e dal suo esito dipenderà in buona parte la definizione dell’Italia del futuro, perché se anche il governo Meloni dovesse durare cinque anni, avere un’opposizione compresa dell’interesse nazionale, oppure una sorta di “fronte popolare” 2.0, fa la differenza tra una democrazia compiuta e un Paese instabile.

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