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La Brexit frena le esportazioni Made in Italy nel Regno Unito: crollo del 38,3%

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Storico crollo del 38,3 per cento delle esportazioni Made in Italy nel Regno Unito nel mese successivo alla Brexit per effetto degli ostacoli burocratici ed amministratici che frenano gli scambi commerciali. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi al commercio estero nel mese di gennaio 2021, il primo dopo l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. I prodotti italiani più esportati nel Regno Unito – sottolinea la Coldiretti in una nota – sono nell’ordine gli alimentari, i mezzi di trasporto, l’abbigliamento, i macchinari ed apparecchi e metalli che pagano un conto salato alla Brexit ma a diminuire sono anche le importazioni in Italia da Oltremanica che si riducono addirittura del 70,3 per cento e riguardano soprattutto mezzi di trasporto, prodotti chimici e macchinari ed apparecchi. Le difficoltà negli scambi commerciali con Londra – continua la Coldiretti – mettono in pericolo 3,4 miliardi di esportazioni agroalimentari Made in Italy dello scorso anno con il Paese Oltremanica che si classifica al quarto posto tra i partner commerciali del Belpaese per cibo e bevande dopo Germania, Francia e Stati Uniti. Dopo il vino, con il prosecco in testa, al secondo posto tra i prodotti agroalimentari italiani più venduti nel Regno Unito ci sono i derivati del pomodoro, ma rilevante è anche il ruolo della pasta, dei formaggi, salumi e dell’olio d’oliva e il flusso di Grana Padano e Parmigiano Reggiano.


Brexit e tensione alle frontiere

Una voce dell’export importante che – sostiene la Coldiretti – rischia di essere messo a rischio dalle tensioni alle frontiere che possono trasformarsi in ritardi, particolarmente dannosi soprattutto per i prodotti deperibili come gli alimentari. La conferma – spiega la nota – viene dai casi di confisca da parte di funzionari doganali olandesi di panini al prosciutto e altro cibo a viaggiatori e camionisti provenienti dal Regno Unito. Le criticità maggiori, per tutti i settori che esportano verso il Regno Unito, sono riscontrabili – sottolinea la Coldiretti – a livello di procedure doganali e sono legate all’aumento dei costi di trasporto dovuti a ritardi, maggiori controlli ed in generale alla burocrazia. Ad essere colpiti sono soprattutto i piccoli produttori ma difficoltà specifiche sono causa di preoccupazioni nel settore florovivaistico, legate soprattutto ai certificati fitosanitari, che complicano gli scambi in quanto manca un riconoscimento reciproco dei passaporti fitosanitari. A questo si lega anche la mancanza di un accordo sui requisiti fitosanitari e sanitari (SPS) che dal 1° luglio rischia di rendere il quadro ancora più complicato perché le autorità britanniche saranno chiamate a controlli alle frontiere sempre più completi, con ritardi e burocrazia che ne consegue. Anche nel settore vitivinicolo che è la principale voce dell’export agroalimentare Made in Italy – conclude la Coldiretti – si potrebbe riscontrare difficoltà soprattutto in materia di etichettatura, con norme specifiche previste però solo ad ottobre 2022.

Storico crollo del 38,3 per cento delle esportazioni made in Italy nel Regno Unito nel mese successivo alla Brexit per effetto degli ostacoli burocratici ed amministratici che frenano gli scambi commerciali. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi al commercio estero nel mese di gennaio 2021, il primo dopo l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea. I prodotti italiani più esportati in Gran Bretagna – sottolinea in una nota la Coldiretti – sono nell’ordine gli alimentari, i mezzi di trasporto, l’abbigliamento, i macchinari ed apparecchi e metalli che pagano un conto salato alla Brexit, ma a diminuire sono anche le importazioni in Italia dal Regno Unito che si riducono addirittura del 70,3 per cento e riguardano soprattutto mezzi di trasporto, prodotti chimici e macchinari ed apparecchi. Le difficoltà negli scambi commerciali con il Regno Unito – continua la Coldiretti – mettono in pericolo 3,4 miliardi di esportazioni agroalimentari made in Italy dello scorso anno con il Regno Unito, che si classifica al quarto posto tra i partner commerciali dell’Italia per cibo e bevande dopo Germania, Francia e Stati Uniti. Dopo il vino, con il prosecco in testa, al secondo posto tra i prodotti agroalimentari italiani più venduti nel Regno Unito ci sono, continua la Coldiretti, i derivati del pomodoro, ma rilevante è anche il ruolo della pasta, dei formaggi, salumi e dell’olio d’oliva e il flusso di Grana Padano e Parmigiano Reggiano. Una voce dell’export importante che, sostiene la Coldiretti, rischia di essere messo a rischio dalle tensioni alle frontiere che possono trasformarsi in ritardi, particolarmente dannosi soprattutto per i prodotti deperibili come gli alimentari.

La conferma viene dai casi di confisca da parte di funzionari doganali olandesi di panini al prosciutto e altro cibo a viaggiatori e camionisti provenienti dal Regno Unito. Le criticità maggiori, per tutti i settori che esportano verso il Regno Unito, sono riscontrabili – sottolinea la Coldiretti – a livello di procedure doganali e sono legate all’aumento dei costi di trasporto dovuti a ritardi, maggiori controlli ed in generale alla burocrazia. Ad essere colpiti – spiega la Coldiretti – sono soprattutto i piccoli produttori, ma difficoltà specifiche sono causa di preoccupazioni nel settore florovivaistico, legate soprattutto ai certificati fitosanitari, che complicano gli scambi in quanto manca un riconoscimento reciproco dei passaporti fitosanitari. A questo si lega anche la mancanza di un accordo sui requisiti fitosanitari e sanitari (Sps) che dal primo luglio rischia di rendere il quadro ancora più complicato perché le autorità britanniche saranno chiamate a controlli alle frontiere sempre più completi, con ritardi e burocrazia che ne consegue. Anche nel settore vitivinicolo che è la principale voce dell’export agroalimentare made in Italy – conclude la Coldiretti – si potrebbe riscontrare difficoltà soprattutto in materia di etichettatura, con norme specifiche previste però solo ad ottobre 2022.

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