Con oltre 3,2 milioni di individui protetti dal coronavirus Sars-CoV-2 con due dosi del vaccino, Israele si appresta a tornare gradualmente alla normalità attraverso l’apertura di “zone sicure” e i “passaporti verdi”. Il prossimo passo della strategia israeliana si terrà la prossima settimana con la riapertura dei ristoranti a cui potrà accedere, sempre con indosso la mascherina e nel rispetto del distanziamento sociale, chi sarà minuto dello speciale “badge” dei vaccinati e dei guariti dal Covid-19. “Il passaporto verde è il nostro modo per cercare di tornare alla vita normale nel modo più sicuro possibile”, ha detto oggi il capo della sanità pubblica del ministero della Salute israeliano, Sharon Alroy-Preis, durante la conferenza stampa “La campagna di vaccinazione Covid-19: quali lezioni si possono trarre da Israele?” organizzata dalla Europe Israel Press Association sulla piattaforma online Zoom.
“Il passaporto non creerà una bolla senza coronavirus. I guariti e i vaccinati hanno sempre un rischio di poter essere contagiati. Ma possiamo creare un ambiente che sia il più sicuro possibile. In questo scenario, per esempio, possiamo avere 300 persone a teatro o 500 persone all’aperto. Dalla prossima settimana apriremo i ristoranti. Stiamo intraprendendo dei passi graduali e procediamo senza fretta perché non vogliamo compromettere i risultati raggiunti” ha aggiunto la dottoressa israeliana. Oltre il 60 per cento delle persone entrate in Israele dall’estero nelle scorse settimane, secondo i dati forniti dalla Alroy-Preis e ottenuti tramite il tracciamento dei telefoni cellulari, ha violato l’isolamento fiduciario creando in alcuni casi delle “catene di infezione” delle nuove varianti.
Secondo il professor Ran Balicer del Clalit Research, i dati ottenuti fin qui dimostrano che “i vaccini funzionano” perché “riducono in modo significativo sia la morbilità che la mortalità” del coronavirus Sars-CoV-2. Secondo le statistiche fornite dall’esperto, le infezioni sintomatiche sono diminuite del 94 per cento e i casi gravi del 92 per cento dall’inizio della campagna di vaccinazione il 19 dicembre. Israele, peraltro, raggiungerà “molto presto” l’obiettivo fissato dal premier Benjamin Netanyahu di vaccinare il 90 per cento della popolazione over 50 anni, ha aggiunto Balicer. Secondo l’esperto, tuttavia è ancora presto per parlare di immunità di gregge data l’assenza di studi, ad esempio, sull’utilizzo dei vaccini nella popolazione sotto i 16 anni. “Detto questo, abbiamo degli effetti indiretti positivi notevoli che ci permettono di prendere maggiori rischi, ad esempio riaprendo l’economia con una serie di procedure dedicate come i passaporti verdi”, ha aggiunto Balicer.
La variante inglese del virus Sars-CoV-2 in Israele, sempre secondo Balicer, ha un’incidenza pari al 90 per cento dei nuovi contagi giornalieri, motivo per cui lo Stato ebraico, ha detto il professore, si trova ancora nel mezzo della “terza ondata” pandemica nonostante la vaccinazione di massa. Il ministero della Salute israeliano ha segnalato ieri 4.738 nuovi casi di Covid-19, portando il totale nel Paese a 784.696. Il bilancio delle vittime in Israele ha raggiunto quota 5.786 dopo gli ultimi 26 nuovi decessi, mentre il numero di pazienti in condizioni gravi è sceso da 737 a 705, su 1.172 pazienti ricoverati. Il numero di persone vaccinate contro il Covid-19 in Israele ha raggiunto quasi i 4,8 milioni, ovvero il 51,6 per cento della sua popolazione totale, da quando la campagna di vaccinazione è iniziata il 19 dicembre 2020. Il numero di riproduzione del Covid-19 del Paese, noto anche indice RT, è sceso da 1 a 0,97.
Da segnalare, infine, che Israele sta accelerando i piani per far parte della filiera produttiva del vaccino anti-coronavirus di Pfizer e di Moderna, secondo quanto confermato dalla Alroy-Preis. “Prima di tutto vorremmo costruire un centro di prodizione di vaccini in Israele e non solo per il coronavirus. E’ un progetto che stiamo portando avanti da anni, ma diciamo che la pandemia ha dato un’accelerazione. Penso sia importante per un Paese avere la possibilità di creare vaccini sul proprio territorio”, ha detto Alroy-Preis. Pur senza entrare nei dettagli, la funzionaria del governo israeliano ha confermato che il suo Paese sta cercando di “far parte della filiera produttiva con Moderna e Pfizer”. La scorsa settimana, il premier Benjamin Netanyahu aveva detto di stare lavorando con gli amministratori delegati di Pfizer e di Moderna per costruire impianti per la produzione di vaccini in Israele. Al piano si sono detti interessati i leader di Austria, Danimarca, Repubblica Ceca e Bahrein.
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